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Letterature “dal Sottosuolo”
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Foto: ANDERGRAUND
«Sarebbe meglio se li abolissero, questi confini. Servono solo a complicare la vita della gente.
Hai ragione. […] L’unica cosa positiva del confine è che puoi attraversarlo» (Confine. Viaggio al termine dell’Europa, Kapka Kassabova).
Questa è la citazione che apre l’editoriale del primo numero di ANDERGRAUND. E a superare i confini – artistici, linguistici e culturali – sono senz’altro le ragazze e i ragazzi che portano avanti questo progetto editoriale. Parliamo di una rivista gestita da studentesse e studenti (alcuni dei quali già laureati) di Lingue e Letterature, Lettere, Filologia Moderna e Linguistica dell’Università di Padova.
Una rivista, dicevamo, che ha lo scopo di avvicinare i suoi lettori alle letterature e alle culture comunemente ritenute “minori”. Eppure dovremmo forse definirle, anziché minori, semplicemente ai margini rispetto alla nostra prospettiva così occidentalocentrica. Ma non per questo meno importanti, o meno belle.
Ed ora, ci viene data la possibilità di scoprirne e apprezzarne la bellezza, grazie allo sforzo di questo gruppo di giovani.
La rivista ha già compiuto un anno e, sebbene sia nata come progetto online durante il lockdown, sta proseguendo a gonfie vele anche dopo il confinamento.
A parlarcene sono due membri della redazione: Silvia Girotto, classe 1996 e una laurea magistrale in Lingue e Letterature Europee e Americane e Piergiuseppe Calcagni, classe 1994, studente alla magistrale di Linguistica dell’ateneo patavino.
Come è iniziata questa esperienza?
Il progetto è nato da un’idea di due compagne, Martina Mecco e Sara Deon, che frequentavano la Magistrale di Lingue a Padova. Ci hanno contatti e, anche un po’ per gioco, abbiamo iniziato a pensare ad una rivista sulle letterature meno studiate, ossia quelle dell’Europa orientale.
Fin da subito, abbiamo voluto che il progetto fosse gestito interamente da studentesse e studenti. Persone, cioè, che magari dedicano o hanno dedicato i loro studi a questo (anche se abbiamo collaboratori che studiano tutt’altro!), ma che, comunque, non siano esperti affermati e riconosciuti nel settore.
Il nome ANDERGRAUND (traslitterazione dal russo di underground) esprime l’obiettivo di portare in superficie queste culture e letterature per un pubblico di non addetti ai lavori, insomma, per i lettori comuni.
Ciononostante, abbiamo ricevuto il sostegno sia dai professori del nostro corso di laurea a Padova, che da esperti esterni.
D’altro canto, l’anno scorso abbiamo organizzato degli incontri live su Facebook [si trovano sul canale YouTube della rivista], in cui abbiamo conversato con esperti del settore, come quello con l’autore Paolo Nori sulla letteratura russa.
Sul nostro sito è presente una sezione dedicata alle interviste ad autrici e autori, traduttrici e traduttori, nonché una sezione dedicata alle recensioni.
Il logo della vostra rivista è lo Stari Most, il ponte ottomano di Mostar che collega le due parti della città bosniaca. Che cosa rappresenta per voi?
Il nostro proposito di farci da tramite, per mettere in comunicazione realtà che altrimenti non sarebbero conosciute, è ben rappresentato da un ponte che collega l’Est con l’Ovest.
Noi stessi, che ci occupiamo solo di alcune delle letterature di quelle affrontate dalla rivista, abbiamo potuto scoprire e conoscere autori e opere grazie ai colleghi che si occupano di altre aree specifiche.
La rivista è suddivisa in sezioni, ciascuna delle quali rispecchia un’area geografica particolare: ungaristica, russistica, polonistica e così via. Al di là del fattore spaziale, qual è il periodo storico e lo stile letterario che prediligete?
Principalmente, ci piace occuparci del periodo che va dalla fine dell’Ottocento all’età contemporanea, ma non ci siamo posti dei limiti. Per quanto riguarda l’area geografica ci occupiamo di Mitteleuropa ed Europa orientale, anche in collegamento tra loro. Ad esempio, stiamo pensando di iniziare un lavoro di traduzione riguardante poeti e poetesse romeni di lingua tedesca. Mentre, per quanto riguarda lo stile non abbiamo regole: l’unico vincolo è che l’articolo sia in linea con il tema trattato.
Finora la rivista ha affrontato diversi argomenti: la migrazione, l’ebraismo, il femminismo, la malattia. Come nasce ciascun numero della rivista, come viene costruito?
Solitamente, facciamo una riunione di redazione in cui, da un brainstorming, escono numerosi argomenti (ne avevamo già in mente una serie fin dall’inizio). Dopodiché, facciamo un sondaggio fra tutti i collaboratori e, alla fine, viene scelto il tema portante del numero.
Per quanto riguarda gli articoli, ogni autore ha le sue aree di competenza o tematiche su cui è più ferrato. Ci sono autori che spaziano in diverse sezioni, dipende dagli interessi di ciascuno.
La cosa bella è che non ci sono obblighi: è possibile spaziare in base ai nostri interessi, e ciò rende il lavoro ancora più stimolante.
Sul vostro sito abbiamo letto che le lingue e le letterature trattate sono principalmente quelle somministrate dal dipartimento di Padova, ma non solo: ungherese, ceco, russo, serbo-croato, romeno, polacco, tedesco; a cui si aggiungono il contesto albanese, bulgaro e ucraino. Chi fa le traduzioni?
Le traduzioni vengono fatte da noi [sul sito c’è una sezione dedicata]. Anzi, alcuni membri si sono proprio prefissati lo scopo di tradurre poeti e poetesse che, anche se erano già stati tradotti in passato, non avevano avuto molto riscontro in Italia.
Un altro motivo è che esistono traduzioni che risultano datate e, quindi, poco fruibili dal lettore contemporaneo. Inoltre, salvo per l’area tedesca, ci sono molte possibilità di traduzioni mai eseguite in italiano. Ad esempio, una delle nostre collaboratrici si occupa di ucrainistica che, non essendo studiata a Padova, abbiamo la possibilità di approfondire grazie ai suoi interventi. Con le call for papers, abbiamo potuto ospitare diversi contributi da esterni nelle sezioni più sguarnite, come quella di polonistica. Quindi, la rivista diventa un’occasione per noi di approfondire lingue che non vengono offerte dal nostro ateneo.
Chi sono i vostri lettori?
Abbiamo ricevuto molti feedback positivi, soprattutto all’interno del nostro dipartimento. Durante le lezioni di questo anno accademico, abbiamo presentato il progetto e siamo contenti del sostegno ricevuto. Probabilmente, le persone che ci leggono sono perlopiù giovani dell’ambiente universitario, nostri coetanei (nati negli anni ’90 – 2000). Ma ci rivolgiamo a tutti i lettori che, con noi, condividono la passione per queste culture meno conosciute. Infatti, quello che non volevamo fare era qualcosa di troppo specialistico: vogliamo che la nostra rivista sia accessibile a tutti.
Che cosa hanno da dirci queste letterature?
Queste letterature ci raccontano storie che sono universali e che parlano anche della contemporaneità. È interessante notare la vicinanza dei temi, nonostante la lontananza temporale: Il ritorno, ad esempio, è un tema che ancora oggi investe chi emigra.
Le persone della nostra generazione possono prendere in mano un libro scritto in un’epoca che non c’è più, in un’area geografica completamente diversa e trovare racconti di persone che vivono esperienze simili, anche se in modo diverso. In queste opere possiamo trovare delle risposte e ritrovare noi stessi ed è questo che fa della letteratura una forma d’arte.
Ma la letteratura ci fornisce anche delle chiavi di lettura, spiegazioni utili a leggere i contesti attuali. Ad esempio, la letteratura austriaca di inizio Novecento parla della disgregazione dell’Impero austroungarico ed è interessante come possa fornire delle spiegazioni a certe dinamiche contemporanee.
Inoltre, con questo progetto proviamo a sfatare il pregiudizio che la letteratura dell’Est Europa sia meno importante, solo perché non viene studiata a scuola ed è meno conosciuta.
Invece, sono letterature che hanno tanto da dire non solo alla nostra generazione, ma a tutti quanti. Il fatto è che non siamo stati abituati ad ascoltarle.
Per concludere… ci consigliate due libri da leggere durante le vacanze invernali?
Questa è una domanda difficile [sorridono…], ce ne sarebbero tanti!
Per questa volta scegliamo: Il cielo diviso di Christa Wolf e Il mondo di ieri di Stefan Zweig.
Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.