Lettera per Gaza

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Foto: Unsplash.com

Le realtà è cruda, quanto il cinismo brutale del governo Netanyahu. Quanto la nostra incapacità di capire cosa accade e di intervenire. La realtà ci racconta che dopo 22 mesi di sterminio, non siamo diventati più buoni. Siamo solo più stupiti e increduli.

Dopo tanto sparare, non ci aspettavamo quel che sta succedendo, non lo immaginavamo possibile. Così, il moto di ribellione del Mondo per quanto sta accadendo a Gaza non è figlio di una migliore comprensione della situazione o di una nuova sensibilità, non è il risultato di un’analisi razionale e giusta sui diritti umani calpestati e sui crimini commessi dagli israeliani. No: è solo l’ennesima, dannata, stupida reazione di pancia. 

A farci muovere come la coda tagliata di una lucertola è stato vedere bambini e anziani morire di fame. Ci è sembrato impossibile. Fino a quando morivano di proiettili o di bombe certo, eravamo scandalizzati. Ma, in sostanza, la cosa andava avanti come un rumore di fondo, come un'abitudine, con un suo tram tram fatto di slogan pro o contro la Palestina. Certo, i morti erano già 60mila o più. Certo, era scandaloso quello che il governo israeliano - con l’appoggio, non dimentichiamolo, di buona parte dei cittadini d’Israele - stava combinando, cioè lo sterminio a colpi di fucile e di artiglieria di un intero popolo. Certo, ci pareva impossibile che i nostri democraticissimi governi e le nostre altrettanto democratiche opposizioni non agissero per costringere Israele a smettere. Tutto, però, rientrava nella sfera della normalità, chiuso nell’armadio mentale delle guerre lontane, luogo dove si muore, si sa.

La morte per fame semplicemente non era contemplata. Vedendola in azione, inattesa e spaventosa, i Paesi d’Europa e non solo,  hanno iniziato a gridare allo scandalo. Ora, andiamo per ordine e per verità. Tanti cittadini, tante persone, da subito, sin dall’ottobre del 2023 gridavano per fermare il genocidio targato Israele. Tanti di noi, erano e sono scesi in piazza costantemente, sventolando bandiere e slogan per chiedere ai propri, democratici, governi di fermare quel crimine contro gli umani, di fare qualcosa di concreto per costringere il governo Netanyahu a smetterla di ammazzare bambini anziani, donne e uomini innocenti, dopo aver avviato una pulizia etnica che ora - lo sappiamo, lo hanno ammesso - diventerà definitiva. Tanti avevano fatto sentire la propria voce. Ma i governi democratici d’Europa e del Mondo e spesso anche i partiti all'opposizione - pensiamo ai lunghi mesi di imbarazzata ambiguità di alcuni nostri partiti progressisti -  avevano preferito non ascoltare. Si sono tappati le orecchie. Invece di usare i soliti tappi, hanno finto di non sentire usando manganelli, minacce e menzogne. Hanno picchiato, incarcerato e accusato di razzismo chiunque fosse a favore del popolo palestinese e della sua sopravvivenza. Hanno creato il silenzio, accusando sistematicamente e pubblicamente di antisemitismo chiunque accusasse di genocidio, strage o crimini contro l’umanità il governo di Israele.

Oggi, davanti alle immagini di scheletri che lottano per sopravvivere, di persone uccise a fucilate dall'esercito mentre provano a prendere un pacco viveri, anche i governi democratici d'Europa si sono scandalizzati e hanno reagito. Il lungo elenco di “promesse di riconoscimento dello Stato di Palestina” e il disagio evidente dei governi più filoisraeliani, come l’ottuso governo italiano, sono figlie dello stupore. Certo c’è ancora qualche invasato razzista lombardo che tenta di cambiare le leggi e vuole trasformare ogni lecito e legittimo dissenso nei confronti di Israele in un’accusa di antisemitismo. Ma la maggior parte del Mondo ha cambiato marcia.

Quale sbaglio per Netanyahu: avesse continuato a massacrare i palestinesi a colpi di fucile, tutti avrebbero comunque finto di guardare altrove. Aver scelto di distruggerli con la fame ha scandalizzato i benpensanti e gli ha alienato, almeno per un po’, la simpatia delle democrazie occidentali. 

Peccato che l’orrore resti lì, a Gaza, intatto. Questa improvvisa attenzione per un popolo devastato è tardiva, probabilmente inutile. La soglia della distruzione è stata oltrepassata da tempo. Il 95% della popolazione è stata sfollata, cacciata dalla propria vita, oltre che dalle proprie case. Scuole, ospedali, biblioteche, moschee sono state rase al suolo. I terreni e l’acqua sono contaminati. La morte lenta per fame o malattie è la realtà quotidiana. Il fatto che il Mondo abbia riconosciuto la catastrofe umanitaria non è l’inizio di una crisi. È la presa d’atto della sua fine. Denunciare ora il crimine commesso dal governo israeliano è inutile: Gaza è già stata distrutta.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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