Lettera aperta alle ministre Pinotti e Mogherini

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Gentili Ministre,

innanzitutto congratulazioni per la nomina al nuovo incarico. Ho pensato di scrivervi questa lettera aperta per segnalarvi alcune istanze che numerose associazioni impegnate per la pace, nel disarmo, nella cooperazione e solidarietà internazionale vanno presentando agli ultimi governi. Si tratta di proposte e iniziative che provengono da associazioni e movimenti che ben conoscete sia per la vostra militanza giovanile sia per i vostri impegni politici successivi. Un mondo quanto mai variegato e multiforme, difficile da incasellare sotto un’unica etichetta. Proprio per questo, questa lettera è solo mia e – seppur lunga – non può riassumere tutte le proposte e soprattutto non intende farsi voce di alcuno, se non del portale Unimondo che da 15 anni quotidianamente informa su questi temi.

Il vostro primo atto, significativo e doveroso, è stato telefonare ai due fucilieri della Marina trattenuti in India, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, e qualche giorno dopo incontrare le loro mogli alle quali avete espresso “la determinazione di tutto il Governo a fare tutto il possibile per riportare in Italia i due fucilieri”. Determinazione necessaria, ma che – per essere credibile – non può prestarsi a fraintendimenti. Se infatti, come hanno affermato i vostri predecessori, la questione investe “il riconoscimento dei nostri diritti di Stato sovrano”, penso sia necessario fugare atteggiamenti poco comprensibili se non ambigui: a cominciare dagli interessi delle aziende militari italiane in India, e in particolare di Finmeccanica. Lo dico perché – come sapete – il ministero della Difesa indiano, dopo aver escluso Finmeccanica dal salone Defexpo, non ha fatto mistero dell’indagine che riguarda AgustaWestland, azienda del gruppo Finmeccanica, per il presunto caso di corruzione nella fornitura di 12 elicotteri Aw 101 VIP. Questa commessa è stata congelata ed è seguita anche la sospensione dell’ordinativo di 98 siluri pesanti Black Shark prodotti dalla WASS di Livorno del valore di 300 milioni i dollari. E ieri il ministero della Difesa indiano ha chiesto alla francese Dassault di chiarire se vi siano componenti di aziende del gruppo Finmeccanica nel caccia Rafale che l’India intende acquisire dalla Francia in quanto la legge indiana non permette di acquistare sistemi militari da ditte sotto inchiesta. Non capisco perciò in base a quale “interesse nazionale” si possa continuare a ritenere di fare affari militari con l’India come se fosse “business as usual”. La determinazione per riportare a casa i due marò non sarà senza costo. Sta anche a voi dimostrare se e quanto il nostro governo è disposto a pagare anche in termini di rinuncia a commesse militari sulle quali le autorità indiane non sembrano disposte a fare sconti sulla reputazione internazionale del nostro paese.

Al ministro Pinotti

Lei, ministro Pinotti, in un’intervista a La Stampa subito dopo la sua nomina, ha affermato di voler «costruire un libro bianco della Difesa che parta dai rischi che il Paese si troverà ad affrontare nei prossimi anni, per poi su queste basi costruire il nuovo modello di settore». E questo, «calibrando così le reali necessità di Aeronautica e Marina, che sono eccellenze dell'Italia. Senza pregiudizi ideologici. Significa supportare le nostre aziende e creare un volano virtuoso per l'economia». Nella sua agenda anche «la messa a reddito dei tanti immobili inutilizzati della Difesa». Come sa, da tempo diverse associazioni pacifiste hanno sottoposto all’attenzione del Parlamento proprio la necessità di ridefinire con chiarezza il “modello di difesa” del nostro paese alla luce del dettato costituzionale (Art. 11). Lo hanno chiesto anche in considerazione del prospettato acquisto dei cacciabombardieri F-35 sui quali – come le è noto – da anni le associazioni hanno promosso una campagna che chiede la cancellazione del programma e, come primo e imprescindibile passo, la sua sospensione per favorire appunto un’indagine approfondita sia sulle effettive esigenze sia sui costi reali del programma. Nei mesi scorsi lei si era resa disponibile ad un confronto con queste associazioni: sono certo che non mancheranno di contattarla per presentare a lei e al governo le loro proposte in materia di difesa e di spese militari.

Nell’attesa mi permetto una proposta. Come saprà ad agosto è previsto nei pressi di Mosca un evento alquanto singolare: si tratta di una sorta di olimpiadi dei carri armati, nota come “Tank Biathlon” alla quale sarebbero stati invitati per la prima volta anche paesi della Nato quali Stati Uniti, Germania e Italia. Non so quale sia stata la risposta all’invito da parte del suo predecessore. Ma credo che non sia certo auspicabile in questo momento indugiare in giochi tra carri armati. Quello che sta avvenendo in Ucraina e i carri armati russi in Crimea non lasciano presagire niente di buono. Un suo annuncio pubblico di rinuncia da parte dell’Italia a partecipare ai “giochi senza frontiere” coi carri armati russi sarà sicuramente apprezzato anche dai partner europei e dalle sue colleghe ministre della difesa. E soprattutto da chi, come me, si attende un chiaro segno di discontinuità dalle politiche di coloro che sostengono che “per amare la pace bisogna armare la pace”. 

Al ministro Mogherini

Un invito anche a lei, ministro Mogherini. Tra le varie competenze del suo ministero vi è quella assegnata all’UAMA (Unità per le Autorizzazioni di Materiali di Armamento) che appunto riguarda le autorizzazioni alle esportazioni di armi e sistemi militari. Un business in crescita negli ultimi anni ma di cui non ce ne possiamo far vanto: come ho ripetutamente documentato su questo sito sono state numerose e rilevanti le autorizzazioni per esportazioni di armi rilasciate a governi di paesi autoritari che spiccano per costanti violazioni dei diritti umani – a partire dall’impiego della tortura e della pena di morte –, che si distinguono per le forti limitazioni delle libertà democratiche, che investono ingenti somme in armamento nonostante al loro interno persistano enormi sacche di povertà e indigenza o che si trovano in zone di forte tensione se non di guerra. E ciò nonostante la normativa italiana e comunitaria dovrebbero “impedire l’esportazione di tecnologia e attrezzature militari che possano essere utilizzate per la repressione interna o l’aggressione internazionale o contribuire all’instabilità regionale”.

Tra i documenti che il suo ministero sta predisponendo in questi giorni vi è la Relazione sulle esportazioni di sistemi militari: un documento prezioso che dovrebbe riportare con chiarezza e completezza tutte le autorizzazioni e le consegne di armamenti avvenute lo scorso anno. Un documento che, però, nell’ultima legislatura (governi Berlusconi e Monti) è stato pesantemente modificato tanto che oggi non permette di conoscere con precisione ciò che tale relazione dovrebbe chiaramente documentare: e cioè a quali paesi l’Italia vende quali e quante armi. Una materia, come ben comprende, che riguarda direttamente la politica estera e di difesa del nostro paese. E sulla quale non si può indulgere in compiacenze al settore dell’industria militare: le ingenti esportazioni di sistemi militari italiani alla Libia di Gheddafi (tra cui le armi per la Pubblica Sicurezza) e alla Siria di Bashar al-Assad non sono certo servite né per la difesa e tanto meno per la protezione di quelle popolazioni.

Rete italiana per il disarmo ha ripetutamente chiesto ai suoi predecessori di riaprire il confronto su questi temi e, in particolare, sulla Relazione sulle esportazioni di armi. Un confronto che – fino alla Relazione predisposta dal governo Monti (e inviata alle Camere dal governo Letta) –  era tra l’altro ufficialmente previsto: la Relazione infatti invitava il governo a “continuare il dialogo con i rappresentanti delle Organizzazioni non governative interessate al controllo delle esportazioni e dei trasferimenti dei materiali d’armamento con la finalità di favorire una più puntuale e trasparente informazione nei temi d’interesse”. Anche su questo punto credo che le associazioni della società civile non mancheranno di invitarla ad un confronto di approfondimento. Che è quanto mai urgente visti i tempi stretti: la Relazione, ai sensi di legge, dovrebbe essere inviata alle Camere entro il 31 marzo. 

Un’ultima considerazione. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha ripetutamente affermato che questo “è un governo di legislatura”. E ha concluso la sua replica alla Camera dei Deputati dicendo che “non ci sono più alibi”. Un concetto che era già stato affermato dal Presidente della Repubblica quando, affidando l'incarico a Renzi, ha detto: "confido che veramente non si perda quest’occasione, perché non possiamo concederci il lusso di perderla". (qui il testo in .pdf)

Credo sia così. E mi auguro che, per quanto di vostra competenza, le istanze che ho presentato vengano considerate. Non ci sono più alibi. Per nessuno.

Cordialmente,
Giorgio Beretta

[email protected]

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