Le armi spuntate di Vladimir Putin

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Giovedi' 2 Settembre 2004

Le due anime dell'indipendentismo ceceno, quella laica del presidente in clandestinità Aslan Maskhadov e quella islamista del comandante Shamil Basaev, hanno ritrovato, dopo una lunga divisione, una pericolosa unità. La sequenza del terrore di questi giorni, dall'attentato suicida nella metropolitana di Mosca dell'altro ieri, all'esplosione dei due Tupolev martedì scorso per finire col sequestro in Ossezia iniziato ieri mattina - mentre una donna kamikaze cecena ancora si aggira per le strade della capitale russa - conferma ciò che già cominciava a emergere nelle prime settimane estive. Quanto poi al sequestro in Ossezia settentrionale, l'occasione è stata scelta con particolare perfidia: il primo settembre, in Russia, è la giornata dell'istruzione e si celebra con particolare affetto chi frequenta il primo giorno di scuola.

La nuova alleanza tra i due leader del separatismo ceceno si fonda sull'attribuzione a Maskhadov di un reale ruolo di guida nell'opposizione armata a Mosca. L'intesa è frutto di reciproche concessioni: Maskhadov impone una prospettiva politica e una serie di rivendicazioni limitate all'area caucasica, ma al tempo stesso accetta le condizioni di Basaev: esportazione del conflitto in territorio russo e adozione di azioni puramente terroristiche. L'accordo è molto fragile. Le formazioni legate a Basaev hanno allacciato in questi anni rapporti con il terrorismo islamista internazionale e la Cecenia è uno dei luoghi simbolo del jihadismo, anche se i combattenti ceceni non si sono mai trasformati nei fautori del nuovo Califfato. Maskhadov, inoltre, ha compiuto nelle ultime settimane una mossa forse rischiosa, decidendo di inasprire il conflitto nell'ambito di uno scontro tra Mosca e il Caucaso del Nord.

Il presidente Vladimir Putin, dal canto suo, insiste per far passare il terrorismo ceceno come una diramazione del terrorismo islamista internazionale. Lo fa per ottenere la solidarietà dei partner occidentali, come Francia e Germania, con i cui leader si è incontrato a Soci martedì. Ma anche per imporre alla Cecenia la sua "soluzione politica": un ceto dirigente caucasico e amico di Mosca, ma non necessariamente schiacciato sul Cremlino, che dovrebbe raccogliersi intorno al controverso presidente appena eletto, Alu Alkhanov.

Il leader russo è però politicamente bloccato dalla sua stessa posizione. Deve accanirsi contro la fantomatica brigata al-Islambuli per compensare la sua impotenza ma al contempo non è in grado di dichiarare nuovamente guerra alla Cecenia, repubblica "pacificata" a suo dire dal marzo del 2003, e inoltre non sa come reagire all'offensiva degli indipendentisti. Che uniti stanno mettendo a segno un'impressionante serie di attentati, terrorizzando la Russia e destabilizzando l'intero Caucaso del nord.

di Mauro Martini

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