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Lavarsi i denti con il bambù
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Nonna mi diceva di strofinare le foglie di salvia fresca sui denti. Il dentista mi consiglia l’utilizzo di un apparecchio elettrico per le quotidiane operazioni di igiene. Sarà che tra le varie opzioni possibili le soluzioni sostenibili mi colpiscono qualunque sia il settore di impiego, ma quelle azioni inosservate e quotidiane come il lavarsi i denti suscitano una riflessione che prende vita da un punto fermo, che voi lettori e lettrici avrete certamente chiaro e sul quale noi redattori di Unimondo non manchiamo di accendere i riflettori. La plastica inquina.
La plastica - che non a caso è anche il materiale principale di molti oggetti di uso comune - inquina talmente tanto da costituire sul Pianeta il “sesto continente”. Dagli imballaggi di ciò che acquistiamo agli oggetti più disparati (e spesso inutili), la plastica ci ha colonizzati, e conquistati. Sembra però che non sia così immediato notarne la presenza proprio negli oggetti che prendiamo in mano più spesso, dalle posate per la verdura alle penne per scrivere, dai contenitori dei bagnoschiuma agli spazzolini, appunto, che usiamo per lavarci i denti.
Personalmente, pensavo fosse già un bel passo avanti la diffusione dei modelli a testina intercambiabile: sostituire la parte che più facilmente e velocemente si usura è non solo intelligente, ma anche economico e a minor impatto, soprattutto nell’ottica di favorire la durata nel tempo di un oggetto di cui è un’unica parte ad essere di fatto costantemente utilizzata. Poi ragioni su un dato: più di 4,7 miliardi di spazzolini in plastica vengono dismessi ogni anno. Non si biodegraderanno mai. E ti chiedi come sia possibile che non esista un modo per arginare questa deriva.
Un’alternativa però c’è, e a onor del vero mi è capitato di trovarne traccia specialmente nelle fiere della sostenibilità o del biologico (p.es Biolife o Fà la cosa giusta); di rado compare anche in quei negozi di settore, per fiuti sottili che cercano fino a che non trovano. Niente salvia o bicarbonato, sto parlando degli spazzolini in bambù, il cui scopo dichiarato è uno: rimpiazzare quelli in plastica con un’alternativa ecologica.
Sappiamo che gli acquisti che facciamo sono un gesto politico: comprare prodotti riciclabili, creati in maniera equa ed etica, provenienti da filiere controllate e sostenibili rappresenta una scelta, precisamente quella di chi si schiera a difesa di uno stile di vita rispettoso dell’ambiente in cui vive e delle creature con cui lo condivide. Sono un gesto politico che si situa a monte della catena dei consumi, perché prevenire la diffusione della plastica lì dove possibile è un comportamento responsabile forse più dei comunque lodevoli e fondamentali processi di riconversione della stessa (dalla raccolta differenziata al riuso). Il riciclo infatti rimane comunque un’operazione dispendiosa, che sfocia nella trasformazione del rifiuto e non di rado nella sua esportazione verso altri Paesi e non è in grado di impedire alla catena di produzione di nuovi oggetti in “plastica vergine” di subire interruzioni.
Da non trascurare è anche la presenza rilevata nel sangue e nei tessuti di ogni essere umano, anche dei più piccoli e appena nati, di residui chimici legati alla plastica. Per non parlare poi degli animali che spesso, incuriositi dai colori o ignari dei pericoli nascosti nei cibi che ingeriscono, si ritrovano nello stomaco tracce letali della nostra inciviltà - basti pensare a Midway. Una vita senza plastica è impensabile, sembra impossibile, quantomeno ci appare difficile, faticosa e complicata. Ma qualcuno - o meglio, qualcuna in questo caso - ci è riuscito a ritagliarsi una plastic free life.
Quella dello spazzolino in bambù è allora un’idea per incamminarci su questa strada: intanto da provare, magari da regalare, un domani, ci auguriamo, da adottare capillarmente rendendola anche di più facile reperibilità in supermercati e botteghe. Rimane da perfezionare (non esistono ancora testine in sostituzione), nonostante ogni sua parte, dal manico alle setole all’imballaggio, derivi da materie prime vegetali e lo renda quindi una soluzione adatta anche per vegetariani e vegani. Di certo è un’idea che, come ci ricorda un interessante sito che ne consiglia anche soluzioni creative per il riuso, ci aiuta a mantenere pulite le nostre bocche, le nostre coscienze e la nostra Terra.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.