La terra e i mercanti - di Giorgio Dal Fiume

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È cominciata, preceduta dalla manifestazione di protesta di domenica, la sesta conferenza della Wto. E la contemporanea fiera del commercio equo,parte del più generale Symposium su "Commercio e Sviluppo sostenibile", promosso con l'intento di rendere visibili le critiche e richieste alla Wto (il documento ufficiale del commercio equo è scaricabile da www.altromercato.it), e che a ciò corrisponde una pratica reale. E non sono solo i giornali a titolare che "la tensione sta crescendo": sin da prima di iniziare i lavori appaiono evidenti le contraddizioni del modo stesso di essere della Wto.

1) La Wto presenta sé stessa come una struttura totalmente democratica e aperta, dove le ong accreditate (come Ctm altromercato) possono partecipare e sono state accolte con l'infinita cortesia orientale; ma per poter svolgere i propri lavori ha bisogno di un cordone di polizia invalicabile, e di limitare la circolazione delle persone: è di ieri la notizia che il noto attivista francese Josè Bovè non è stato fatto entrare a Hong Kong e rispedito a casa, violando qualsiasi diritto legale.

2) La Wto continua a presentarsi come luogo di concertazione mondiale, dando enorme enfasi alla necessità del suo ruolo come "regolatore degli scambi internazionali e promotore di sviluppo" ["La Wto si espande e il mondo espande le sue aspettative dalla Wto]": così Pascal Lamy, direttore generale della Wto ed ex commissario europeo al commercio, ha terminato il suo discorso davanti alla commissione interparlamentare europea], ma da anni non riesce a concludere un accordo globale, e anche sugli importanti temi qui in discussione (agricoltura, materie prime, accesso ai mercati non agricoli) in questi mesi si è passati dall'annunciarne la "storicità" al prorogarne i tempi (invece dell'accordo globale per la riduzione di dazi e sussidi in agricoltura, si prevedono accordi parziali ed ulteriori incontri per la primavera del 2006), rendendo evidente quanto denunciato dai "contestatori": le regole attuali ed il doppio regime standardizzato dalla Wto e legittimato dalla politica internazionale (per cui ai "piccoli" è chiesto di aprire e liberalizzare la loro economia, mentre i "grandi" proteggono la loro) rendono fin qui impossibile la soluzione del mettere d'accordo Stati uniti e Unione europea, e loro con le richieste provenienti da tanti paesi del Sud del mondo.

3) La vetrina della Wto mostra l'ipocrisia della politica mondiale: ai grandi obiettivi storici e alle grandi dichiarazioni, e alle sfilate dei leader mondiali che qui avverranno in questi giorni, corrisponde il vuoto di riflessione e consapevolezza della politica, le cui istituzioni (dai parlamenti nazionali all'Onu) appaiono ignari e disinteressati a governare il processo, o rassegnati ad essere "governati" dalla Wto: qualcuno sa cosa pensa il governo italiano dei temi in discussione, quale contributo porteranno qui i suoi rappresentanti, o cosa sta proponendo l'Unione europea? Questa autoreferenzialità, questo subordinare a sé stessi e alla propria presunta "tecnica neutrale" la politica e le istituzioni sovranazionali, costituisce, come denunciato sin dalle contestazioni di Seattle nel 1999, il "vizio d'origine" della Wto, non emendabile sulla base di qualche eventuale modifica degli accordi, o dalla scoperta - come avvenuto a Seattle e a Cancùn nel 2003 - che gli accordi prestabiliti tra le grandi potenze o le pressioni verso i paesi del Sud del mondo non sono più sufficienti a risolvere i problemi globali posti dall'evidente iniquità dell'economia internazionale.

di Giorgio Dal Fiume - Ctm altromercato - Altreconomia

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