La sfida di una vera transizione ecologica, cioè giusta

Stampa

Foto: Unsplash.com

La transizione ecologica non può essere una formula di rito che giustifica ogni scelta “colorata” di verde. Si tratta di un cambio di paradigma che o sarà giusto o non sarà, come indica anche il nome (Just transition fund) dello specifico fondo dedicato dall’Unione europea per i territori più difficili come il Sulcis in Sardegna e Taranto in Puglia.

Con Graziano Bullegas e Mauro Gargiulo, di Italia Nostra Sardegna, abbiamo avviato un percorso di approfondimento per cercare di rispondere ad una domanda: cosa impedisce alla Sardegna di diventare un esempio mondiale di un territorio alimentato esclusivamente da fonti energetiche rinnovabili? Teoricamente ci sarebbero tutte le condizioni, come ci ha detto il professor Cao, amministratore unico del centro di ricerca Crs4 attivo nell’isola da oltre 30 anni. A prescindere dal fabbisogno energetico di privati e famiglie che abbiamo già affrontato nella prima parte dell’intervista arriviamo ora al punto più difficile e cioè quello dell’attività economica più adatta alla Sardegna.

Quale prospettiva economica è, a vostro parere, auspicabile nella Regione a livello industriale oltre che nel settore turistico e agropastorale?

Per poter rispondere occorre una premessa necessaria: la Sardegna si è nutrita di falsi miti. Prima l’industria pesante, poi il turismo di élites, infine quello di massa. Modelli di sviluppo alieni, inconciliabili con un passato che permea ancora nel profondo il sentire collettivo. Ne è scaturita una modernità aliena. È sostenibile un tale modello di sviluppo? La grande industria lascia come retaggio disoccupazione e inquinamento. L’esiguità temporale del turismo di massa perpetua quella estraneità al territorio incapace di radicamento. Dall’una e dall’altra ne scaturirà l’irriconoscibilità dei luoghi, segnati da ruderi di cattedrali industriali e da villaggi senescenti. Cambiare il corso di questi eventi in assenza di una critica presa di coscienza è impresa disperata. Si pensi a solo, a titolo di esempio, all’ultimo Piano casa della Regione Sardegna, che vede negli incrementi volumetrici sulle coste il rilancio dell’economia isolana. E come non riandare con la mente alle, da noi osteggiate, illusioni conseguenti all’avvento della Chimica verde, col carciofo posto a simbolo di un improbabile connubio agroindustriale.

Quali alternative sono quindi realmente praticabili?

Oggi ci aspetta, come preludio ineludibile, la bonifica dei siti industriali, alcuni dei quali dichiarati Siti di interesse nazionale (SIN). Occorrerà poi ripensare a riconvertire i poli industriali dismessi in una molteplicità produttiva fondata sulla piccola e media impresa che si radichi sulle risorse locali e sia ancorata al territorio. Mutuando quel linguaggio ecologico che ci è caro, occorre che queste realtà germoglino ed attecchiscano. Solo così sarà possibile arrestare quei fenomeni di spopolamento e di emigrazione, che annichiliscono intere comunità e desertificano il territorio sardo. Valga, a titolo di esempio, un’idea di riconversione di Porto Torres in grado di  coniugare la rinascita turistico-culturale della cittadina con il sorgere di un’attività cantieristica navale da diporto legata alla portualità di cui dispone...

L'articolo-intervista di Carlo Cefalni segue su Cittanuova.it

Ultime notizie

La Sicilia ha sete

18 Settembre 2025
La Sicilia ha sete, e non da poco tempo. (Rita Cantalino)

L’inizio dell’offensiva terrestre israeliana e l’esodo di massa da Gaza City

17 Settembre 2025
Israele conferma che l’offensiva ha provocato un esodo senza precedenti. (Giacomo Cioni)

Dossier/ Materie prime critiche (4)

17 Settembre 2025
Oltre a quelli ambientali, l’estrazione di minerali critici comporta una serie di impatti diretti sulla vita di diversi gruppi vulnerabili. (Rita Cantalino)

Il blocco del porto di Trieste

16 Settembre 2025
Il blocco del porto di Trieste contro le armi per Israele e per l’applicazione del Trattato di pace. La mobilitazione di USB. (Laura Tussi)

L’E-Mobility in stallo?

15 Settembre 2025
La mobilità elettrica potrebbe scaricarsi: colpa di costi, filiere e infrastrutture. (Alessandro Graziadei)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad