La (ormai permanente) campagna elettorale di Erdogan in Turchia

Stampa

Non è insolito per i leader politici in difficoltà usare dei diversivi per tentare di mutare le proprie fortune. Sospetto legittimo, dunque, che anche il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, quest’estate abbia deciso di intraprendere tale strada, suggerita dalla caotica situazione al confine orientale del Paese con la Siria.

Dopo le elezioni dello scorso 7 giugno per il rinnovo del Parlamento, la situazione del Paese è divenuta molto più instabile. Sonora la battuta di arresto per l’Akp (Giustizia e Sviluppo), il partito islamico-conservatore del presidente Erdogan al governo, non solo perché il voto non gli ha consegnato la maggioranza assoluta ma anche perché ha visto l’accesso in assemblea di ben 79 deputati filo-curdi dell’Hpd (Partito Democratico dei Popoli). Proprio i curdi, che costituiscono il 18% della popolazione turca, non si sono lasciati convincere dalla campagna elettorale di Erdogan volta a screditare l’Hpd e lo hanno scelto insieme alla maggior parte dei laici turchi. Una complessa situazione post-elettorale che ha indotto Erdogan a prolungare i tempi di costruzione del nuovo governo, dopo aver visto sfumare la possibilità di realizzare una forte governance guidata da suoi uomini di fiducia per procedere, come annunciato, a un rafforzamento dei poteri presidenziali.

A fine agosto poi l’annuncio ufficiale di Erdogan che il primo novembre la Turchia tornerà al voto. Un ricorso alle urne reso necessario dal fallimento delle trattative per la formazione di una coalizione di governo affidate al leader di Akp e Primo ministro uscente Ahmet Davutoglu ma, in realtà, preannunciato dallo stesso risultato elettorale di giugno e dalle inconciliabili posizioni fra le forze politiche parlamentari. Da qualche settimana è dunque di nuovo campagna elettorale in Turchia, con un obiettivo chiaro da parte del presidente: tenere fuori dal Parlamento il partito Hpd, impedendogli di superare la soglia di sbarramento del 10%.

La strategia politica inaugurata non è delle più ordinarie e presenta di certo un notevole margine di rischio. Nonostante le difficoltà della democrazia parlamentare rese evidenti da questa crisi diano ad Erdogan una “cartuccia” per avvalorare la necessità di una figura salda al comando e dunque per il rafforzamento dei poteri presidenziali proprio in accordo al progetto di riforma costituzionale auspicato, è piuttosto al di fuori dell’ambito politico che lo stesso ha individuato le sue munizioni.

Mai terminologia fu più corretta. Dal 24 luglio scorso sono ripresi i sanguinosi scontri nel sud-est della Turchia e nel nord dell’Iraq tra l’esercito di Ankara e i combattenti del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), i separatisti curdi. Il casus belli fornito dall’uccisione di due agenti di polizia turchi da parte di uomini del Pkk appare un pretesto per un freddo calcolo politico da parte del governo che sceglie questa volta di puntare sul voto dei nazionalisti turchi contrari all’autodeterminazione dei curdi per ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Una condotta che chiude in maniera tanto eclatante la moderata apertura al riconoscimento dei diritti civili e politici della popolazione curda nel Paese realizzata negli ultimi anni. Inoltre, sciogliendo una lunga riserva, a metà agosto Ankara ha optato per l’azione militare come arma di lotta al terrorismo jihadista, concedendo l’uso della base aerea turca di Incirlik per le operazioni NATO contro le postazioni dell’Isis in Siria e attivandosi nelle stesse azioni da altre due acquartieramenti militari. È evidente il messaggio lanciato agli elettori: la difesa del territorio nazionale turco sarà una priorità nell’agenda politica del futuro governo a guida Akp; senza di essa, sarà il caos.

Alla propaganda strutturata attorno allo strumento bellico si affianca un’azione di progressiva monopolizzazione del potere che negli ultimi tempi il presidente Erdogan sembra aver potenziato. L’inserimento di propri fedeli sostenitori nell’amministrazione giudiziaria e militare si è unita al controllo dei media: dal bavaglio messo a internet, a numerosi giornali e a redazioni televisive alla recente creazione della cosiddetta “Erdogan tv”, un canale in onda 24 ore su 24 che ospiterà esclusivamente i discorsi e le interviste del presidente turco. L’apparato ha poi da mesi mostrato il pugno di ferro dinanzi alle proteste di piazza, dando di sé un’immagine che di democratica ha ben poco.

Resta un elemento a rappresentare una spina nel fianco nella gestione Erdogan dinanzi agli elettori: l’economia turca in crisi. La moneta ha perso oltre il 20% nei confronti del dollaro statunitense da inizio 2015, con un calo di oltre il 20%; la crescita ammonta “appena” al 2,9% e i flussi di capitale in uscita dal Paese non si arrestano. Il turismo ha registrato un calo del 14% dall’inizio dell’anno a causa dell’instabilità politica in corso e di certo anche le azioni militari inaugurate da Ankara non possono che alimentare una ulteriore riduzione dei profitti del settore.

La Turchia appare di nuovo al bivio politico presentatosi alla scadenza elettorale del 7 giugno. La strada scelta sarà indicata dai numeri del prossimo appuntamento elettorale autunnale.

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

Ultime notizie

I sommersi!

08 Settembre 2025
Entro il 2100 il livello marino sulle coste italiane potrebbe aumentare di circa un metro. (Alessandro Graziadei)

Stretching Our Limits

06 Settembre 2025
Torna Stretching Our Limits, l’iniziativa di Fondazione Fontana a sostegno delle attività de L’Arche Kenya e del Saint Martin.

Il punto - Il balletto delle "alleanze fragili"

05 Settembre 2025
Nel balletto delle “alleanze fragili”, una partita fondamentale la sta giocando il genocidio a Gaza. (Raffaele Crocco)

Dossier/ Materie prime critiche (2)

03 Settembre 2025
L'estrazione dei minerali critici per la transizione energetica genera tensioni in tutto il mondo. (Rita Cantalino)

Una grammatica sociale

01 Settembre 2025
Questo mese nel podcast ALTRO MODO parliamo del progetto Strade Maestre, un esperimento formativo in cui il percorso scolastico si svolge in cammino. (Michele Simeone)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad