www.unimondo.org/Notizie/La-guerra-delle-rotative-il-grande-gioco-delle-presidenziali-algerine-144976
La guerra delle rotative: il grande gioco delle presidenziali algerine
Notizie
Stampa
Ormai è ufficiale. Ciò che pareva improbabile, persino fantapolitico, accadrà: Abdelaziz Bouteflika ha sciolto la riserva e si candiderà alle presidenziali di Aprile, concorrendo per il quarto mandato consecutivo. È Il paradosso di un Presidente infermo, costretto dalle circostanze a riproporsi come uomo forte del Paese. Un paradosso, che dà la misura del vicolo cieco cui hanno portato anni di conflitti sotterranei fra membri delle Istituzioni. Ora, a ridosso delle elezioni, lo scontro è esploso in un fuoco incrociato, fatto di veleni e di attacchi a mezzo stampa. Riuscirà l’Algeria a superare malignità e rancori, avviando un percorso di cambiamento oramai indispensabile?
Non era mai accaduto. Non sono certo mancati, nella storia della Repubblica Algerina Democratica e Popolare, momenti di crisi e lacerazione: dall’arresto di Ahmed Ben Bella, padre della Patria, nel 1965, all’assassinio del Presidente Mohamed Boudiaf, nel 1992. Tuttavia, lo scontro per il potere aveva sempre assunto i contorni di una partita per pochi spettatori; di una guerra delle ombre, che svelava i suoi profili solo a giochi fatti. In queste ultime settimane, sorprendentemente, si è passati ad una guerra delle rotative, combattuta attraverso articoli, comunicati stampa e dibattiti pubblici. Un fatto inedito e significativo, che può essere letto come un riflesso di quell’ampio processo di interessamento alla politica, che sta coinvolgendo, da qualche anno a questa parte, le masse arabe; ma che può anche essere interpretato, più banalmente, come il frutto di acredini ormai difficili da mascherare.
L’oggetto del contendere è la ricandidatura del Presidente Bouteflika. Non v’è dubbio, comunque, che si tratti solo del casus belli; per meglio dire: dell’epilogo di una contesa risalente al passato. I dissidi, all’interno della nomenclatura algerina, sono infatti più profondi e radicati. Non si spiegherebbe, altrimenti, la violenza assunta dal dibattito. Una violenza incarnata dalle dichiarazioni di Hicham Aboud, ex capitano del DRS -il più potente e ramificato servizio d’informazione algerino-, che non ha usato mezzi termini nell’accusare pubblicamente Saïd Bouteflika, influente fratello (e consigliere) del Presidente, di corruzione, distrazione di fondi pubblici e, nondimeno, di omosessualità (inclinazione tuttora mal percepita all’interno della società arabo-magrebina). La risposta non si è fatta attendere: alle minacce di ripercussioni giudiziarie, nei confronti dello stesso Aboud, si è aggiunta la denuncia, sempre a mezzo stampa, di Amar Saâdani, segretario del FLN -partito di maggioranza da cui proviene lo stesso Bouteflika-, ai danni del generale Mohamed Mediène -detto Toufik-, capo del summenzionato DRS. L’accusa è di cattiva gestione del servizio e di indebita ingerenza nei fatti politici. Uno scontro, frontale e titanico, fra le due forze che reggono i destini del Paese.
È un gioco delle perle di vetro: i protagonisti del conflitto sembrano essere Abdelaziz Bouteflika, Presidente della pacificazione e del rilancio seguiti alla guerra civile, ma anche l’uomo forte amico dell’occidente, e Mohamed Mediène, il J. Edgar Hoover algerino, inamovibile vertice di un servizio segreto, che ha avuto un ruolo fondamentale in quello stesso percorso di riconciliazione. Ad ogni modo, molti vociferano che la vera lotta coinvolga le consorterie e i gruppi di interesse rappresentati da queste due importanti figure pubbliche. Allo stesso modo, la controversia sulla presunta infermità del Presidente, che pure non manca di preoccupare larga fetta della popolazione, viene da più parti considerata una foglia di fico, che copre l’insofferenza di settori militari sempre più marginalizzati dal controllo della vita politica.
Tutti questi fattori rendono le presidenziale del 17 Aprile una delle sfide aperte. Una sfida insolitamente aperta, rispetto agli standard elettorali del grande stato mediterraneo. Soprattutto, se si considera che ad essi si uniscono gli stimoli provenienti da una società civile giovane, sempre più attenta alle possibilità dei nuovi media e stanca di una disoccupazione ampia e cronica, identificata con l’immobilismo gerontocratico della classe dirigente. Le numerose e partecipate manifestazioni, che hanno interessato le principali città algerine, in questi giorni, sono un chiaro segno in tal senso. Molto si giocherà sul terreno della tenuta economica del Paese: la riduzione delle entrate petrolifere, accompagnata dai dubbi sull’effettiva solidità delle riserve valutarie, renderanno più difficile l’impiego dello storico strumento delle assunzioni clientelari, a ridosso del voto. Allora, forse, le difficoltà rappresenteranno un trampolino di lancio verso il nuovo. Verso una Primavera che, per il momento, ha solo sfiorato -come un’eco lontana- i bianchi palazzi del potere algerino.