La guerra dei narcos nello Stato messicano di Michoacán

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Lo scorso gennaio il presidente del consiglio Letta si è recato in Messico per una visita ufficiale, accompagnato dai vertici di Enel, Eni e Finmeccanica. La stampa italiana ha sottolineato l’importanza dell’incontro con il presidente messicano Peña Nieto, del PRI, partito che ha governato il paese per oltre 70 anni, soprattutto perché il Messico, come ha affermato Il Sole 24 Ore, è “uno dei più interessanti mercati per l’Italia”. La crescita economica del paese attrae investimenti e partnership commerciali, anche se qualcuno, come la Repubblica, timidamente ha ricordato come il paese sia devastato dal narcotraffico.

Uno degli esempi più emblematici delle proporzioni abnormi che sta assumendo il conflitto causato dalla criminalità organizzata legata principalmente al narcotraffico, è lo stato di Michoacán, a ovest di Città del Messico, dove è in corso una vera e propria guerra civile. La situazione è molto complessa, e molti analisti faticano a dare una spiegazione esauriente di quanto sta accadendo. Essenzialmente si tratta di una lotta fra i “Caballeros Templarios”, potente cartello di narcotrafficanti, e “autodefensas”, ossia cittadini auto-armatisi per contrastare i narcotrafficanti. Nel mezzo paiono posizionarsi l’esercito e la polizia federale messicana, il cui ruolo dovrebbe essere quello di redimere il conflitto e salvaguardare i cittadini messicani che si trovano a vivere in una situazione di terrore.

Il cartello dei Templari nasce nel 2006 dalla costola di un altro cartello, chiamato Familia Michoacana, dopo la rottura dell’alleanza con il potente cartello degli Zetas, tuttora attivo, che  a quel tempo controllava anche lo stato di Michoacán. All’inizio i Templari si presentarono in qualche modo come protettori dei cittadini di Michoacán, ma con il passare del tempo le cose cambiarono e cominciarono stupri di donne e bambine, sequestri di persona, estorsioni ai danni di imprenditori, commercianti e agricoltori. I Templari divennero presto uno dei cartelli della malavita organizzata più violenti del Messico, come testimonia l’elevato numero di omicidi-quasi 1000 nel 2013-e i ripetuti ritrovamenti di cadaveri mutilati. L’autodifesa da parte dei cittadini sembrò dunque l’unica via possibile: l’obiettivo degli autodifensori è infatti quello di proteggere i cittadini dalle aggressioni dei Templari ed espellere questi ultimi dal territorio di Michoacán. Allo stesso tempo gli autodifensori si propongono di offrire garanzie ai cittadini affinchè essi possano continuare le loro normali attività. Gli autodifensori esigono inoltre elezioni legittime per costituire, attraverso il sostegno popolare, autorità municipali non corrotte. Essi ambiscono infine a sostenere il governo statale, l’esercito e la marina per estirpare la criminalità organizzata da Michoacán.

Uno dei leader più conosciuti degli autodifensori, José Manuel Mireles, è stato recentemente vittima di un incidente aereo ed è rimasto poi sotto la protezione diretta del governo federale durante il periodo di convalescenza.

Questa protezione da parte del governo, unita ad altri elementi, fa emergere da alcune parti dubbi sulla natura degli autodifensori. Pare che essi si aggirino attualmente attorno alle 15 mila unità, e alcuni osservatori temono che dietro alle bande di cittadini armati ci siano anche cartelli di narcotrafficanti rivali dei Templari. Anche la provenienza delle loro armi è oscura, e l’ipotesi più plausibile è che possano essere fornite da imprenditori di Michoacán emigrati negli Stati Uniti.

Pochi giorni fa gli autodifensori sono entrati ad Apatzingán, una delle roccaforti del cartello dei Templari, dove pare che una percentuale di popolazione compresa tra il 20 ed il 30% sia collusa coi narcotrafficanti. Alcuni vedono questo evento come un segnale di riaffermazione dello stato di diritto, ma in realtà, come afferma il quotidiano la Jornada, si tratta dell’esatto contrario, ossia della totale sospensione della legalità. È infatti vero che, di fronte al dilagare dei cartelli di narcos, l’unica soluzione percorribile  dai cittadini è stata quella di auto-organizzarsi in gruppi armati. Tuttavia questa non è che una testimonianza dell’incapacità, o forse della scarsa volontà, del governo di fare fronte alla situazione in maniera decisa. Secondo l’analisi della Jornada, il riconoscimento implicito dell’autorità dei gruppi di autodifensori andrebbe infatti letto come un’ulteriore abdicazione da parte dei tre livelli di governo (federale, statale e locale).

Un altro segnale di inquietudine è dato dal fatto che gli autodifensori sono entrati ad Apatzingán scortati dalla polizia federale: come può uno stato permettere che comuni cittadini prendano le armi, che dovrebbero essere di uso esclusivo delle forze armate, ed entrino in città perquisendo abitazioni di altri cittadini ritenuti, magari arbitrariamente, complici del cartello dei Templari? Con un simile precedente, pare ora legittimo che altri gruppi di cittadini si organizzino e prendano le armi.

Il ruolo del governo resta ambiguo: da un lato l’interesse potrebbe infatti essere quello di lasciare agire e supportare gli autodifensori nella speranza che essi riescano a liberarsi dei Templari. Oppure potrebbe trattarsi di una strategia messa in atto dal governo per il controllo del territorio e delle risorse strategiche della zona, basata sulla paramilitarizzazione e sulla connivenza tra settori politici e cartelli di narcotrafficanti.

Nonostante l’entusiasmo generato, in Messico e fuori, dalla crescita economica, il paese rimane afflitto dal dilagare della criminalità organizzata. Il tentativo di arginarla e di garantire l’incolumità dei cittadini costituisce la sfida più importante e difficile per il governo di Peña Nieto.

Michela Giovannini

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