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La folla dona, il progetto decolla
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“Non è facile chiedere, rende vulnerabili. Eppure quando stabilisci una relazione con le persone nella maggior parte dei casi sono felici di aiutarti”. L’artista americana Amanda Palmer è uno dei casi più eclatanti nel 2012 di crowdfunding. Dopo aver rotto con la sua casa discografica ha scelto di distribuire gratis la propria musica (un misto fra il punk e il cabaret, “non per tutti” ammette lei autoironica). Per farlo ha chiesto aiuto ai suoi fans su Kickstarter, la più celebre piattaforma di crowdfunding del mondo, nata negli Usa nel 2009. Per arrivare a produrre e distribuire gratuitamente il proprio spettacolo aveva fissato un obiettivo di centomila dollari. Ne ha raccolti 1,2 milioni.
Ma cos’è il crowdfunding? Nasce dall’unione delle parole crowd (folla) e funding (finanziamento) e non è semplice raccolta fondi online. L’obiettivo è coinvolgere una comunità di persone a sostegno di un progetto specifico. Ognuno può contribuire nella misura che desidera, anche con pochi euro e, a seconda della cifra donata, riceve qualcosa in cambio, da un semplice ringraziamento nei titoli di coda di un documentario a un oggetto o un prodotto. Sul web il crowdfunding ha trovato il terreno favorevole per crescere, anzi: esplodere. Su Kickstarter, che resta la principale piattaforma di raccolta fondi statunitense, nel 2012 i backers, ovvero i supporter dei progetti hanno donato un totale di 320 milioni di dollari, contribuendo al pieno finanziamento di oltre 18 mila progetti e ricevendo in cambio una ricompensa diversa a seconda dello sforzo economico compiuto.
Il procedimento per farsi finanziare un’idea è semplice. Si crea un progetto, si fissa il budget minimo e una data di scadenza. Sarà quindi il pubblico a decidere se vale la pena di supportarlo o meno. Se questo avviene e la soglia viene raggiunta o superata, il progetto avrà trovato l’ossigeno per diventare realtà. Se invece le donazioni non arrivano all’obiettivo minimo nel tempo stabilito, il progetto verrà semplicemente chiuso: nessuno perde o guadagna nulla perché i soldi escono materialmente dai conti correnti dei donatori solo alla fine, in caso di successo.
Imprenditori, artisti, innovatori sociali, ma anche giornalisti e videomaker indipendenti. Sono diverse la categorie di persone che hanno trovato nel crowdfunding una via per realizzare i propri sogni e progetti. “Non è la panacea di tutti i mali, il crowdfunding, può funzionare, ma a determinate condizioni” smitizza Ugo Guidolin, in arte “Oogo”, docente di Comunicazione multimediale all’università di Padova e uno dei massimi esperti in materia. “Uno dei requisiti fondamentali è l’esistenza di una vera comunità a supporto del progetto” spiega. “Bisogna costruirla, facendo sentire le persone attive e partecipi nel conseguire uno stesso obiettivo. E poi mantenerla in vita, dando puntuali resoconti e utilizzando in modo intelligente i social networks e gli alti mezzi di comunicazione che internet rende disponibili. Una delle sfide più difficili è passare dal mondo virtuale a quello reale. Se non c’è una vera comunità nel mondo reale, il progetto non funziona”.
Alexandra Olsufiev, francese di origine russa e rumena, non ha sentito parlare Guidolin, eppure la sua iniziativa di crowdfunding Coolcoz ha raccolto quasi 2 milioni di euro in tre anni ed è diventata una comunità attiva di oltre 3 milioni di persone. Alexandra lavora al suo progetto spostandosi di continuo fra Francia, Russia e Italia. La sua base nel nostro Paese è The HUB Milano, il co-working e incubatore di impresa sociale fondato da Alberto Masetti Zannini nel 2010 e parte di una rete internazionale diffusa in 37 Paesi del mondo. “Sono avvocato” racconta Alexandra, “ma ho sempre cercato di fare nella vita qualcosa che mi appassiona. Ho cominciato tre anni fa a organizzare cene di beneficienza a casa mia in Russia per aiutare una mamma che non aveva soldi per pagarsi le cure contro il cancro”. Il progetto di crowdfunding in questo caso ha seguito il percorso inverso: dalla vita reale a quella virtuale. “Abbiamo continuato a organizzare eventi di raccolta fondi per persone che avevano bisogno e il gruppo di amici si è sempre più allargato. Era un modo per aiutare divertendoci. Poi un amico informatico e smanettone mi ha aiutato a creare una piattaforma online ed è nato Coolcoz. Ora noi colcoziani siamo più di tremila”, racconta ridendo.
La crescita inesorabile del crowdfunding ha portato con sé anche problemi e contraddizioni, tanto da richiedere nuove leggi. Negli Usa ci ha pensato il JOBS Act e in Italia alcune norme contenuto nel decreto sviluppo. Tentativi di regolamentare un fenomeno che ha spiazzato i più tradizionali sistemi di raccolta fondi.
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