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La farsa del burqa alla sessione inaugurale del Parlamento Europeo
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“L’Europa rifiuta le radici cristiane ma io non voglio morire islamico”. Queste le parole usate dal neo-eletto eurodeputato della Lega Nord Gianluca Buonanno dando spiegazione del suo travestimento da donna islamica alla seduta del 1° luglio del Parlamento Europeo. Una carnevalata al pari di quando si indossano un paio di jeans stracciati e colorati con gli Uni Posca, si aggiungono le coroncine di fiori in testa e si disegnano cuoricini e simboli della pace per impersonare un hippy, oppure si verticalizzano i capelli col gel e si aggiungono catenelle a volontà per fare un punk. È carnevale e i costumi a costo zero fanno sorridere, ma con la consapevolezza che si tratti di un travestimento, che non rende la persona né un figlio dei fiori né un punk. Similmente, con lo sketch realizzato, Buonanno non intendeva impersonare una donna integralista di religione islamica e appropriarsi delle sue istanze, né tantomeno fare riferimento alla sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che lo stesso giorno aveva respinto il ricorso di una donna francese islamica, di origini pakistane, contro la norma che in Francia proibisce simboli religiosi evidenti in luoghi pubblici, quale ad esempio il burqa. L’obiettivo dell’eurodeputato era solo quello di turlupinare la categoria dei fedeli dell’islam, consentendo a fotografi e giornalisti di immortalarlo col burqa. Non importa che non sia un vero burqa ma piuttosto un cappuccio nero fatto di un tessuto di rete (così come “forse” un ebreo osservante non darebbe peso a una kippah che sia dotata anche di paraorecchi), il gadget è stato funzionale allo scopo.
Il punto però è un altro: è la crociata contro l’islam a essere al centro dell’azione dell’eurodeputato leghista e “il burqa è un sinonimo di come questa Europa sta andando con l’islam” (ossia a favore dell’islam), ha affermato lo stesso in un’intervista di Repubblica Tv. “Perché l’Europa fa una politica in cui l’Islam ci sta colonizzando. Io sono contro l’Islam. Io sono per le radici cristiane. Perché l’Italia non fa nulla sulla questione anche dei clandestini: il governo italiano fa schifo, l’Europa peggio ancora. Quindi io sono qua a difendere la nostra gente contro i clandestini. E le tragedie sono per colpa dei governi da dove partono e anche dell’Europa e dell’Italia”. Parole messe in fila in un’altra intervista, qui sbobinata, in cui sostanzialmente Buonanno cavalca slogan anti-islamici, anti-immigrati, anti-clandestini, su cui la Lega Nord può vantare un curriculum di successo tanto in Italia quanto in Europa.
A onor del vero a destare preoccupazione non è tanto l’opportunità di una piazzata del genere nella sessione inaugurale del Parlamento Europeo quando era in corso l’elezione dei nuovi presidente e vice-presidenti dell’istituzione, né i mezzi eclatanti a cui tale forma di protesta simbolica ha fatto ricorso, quanto la facilità che certe affermazioni trovino da tempo riscontro e seguito nei talk show televisivi, sulle bacheche di facebook o sui commenti alle notizie giornalistiche on line, e dunque sulla bocca e nei gesti delle persone. Lo tsunami di immigrati clandestini islamici che giunge sulle coste del Belpaese, col disinteresse dei burocrati dell’UE, e che detta regole ai cittadini italiani ottenendo peraltro vantaggi economici esclusivi in termini di agevolazioni per la casa, sulle tasse e nelle graduatorie per il lavoro o per l’assistenza sanitaria è ormai un lungo leitmotiv che si colora ogni giorno di nuovi particolari. Niente di più facile smontare pezzo per pezzo il mucchio di falsità e insinuazioni che con un misto di arroganza e discriminazione, ma di certo non la buona fede, hanno calcificato queste idee. Gli immigrati in Italia sono una percentuale minima rispetto a tanti altri Paesi europei e rivestono posizioni lavorative e sociali ai margini della società. L’identificazione degli immigrati in una massa indefinita di clandestini oscura la distinzione che sussiste con chi di essi ha diritto a una protezione in quanto rifugiato o profugo; oltre al fatto che, è bene ricordarlo, l’abominio del reato di clandestinità è stato cancellato lo scorso aprile. L’attribuzione indistinta a tutti gli immigrati africani e arabi della fede islamica riduce gli stessi a facili capri espiatori da additare per i disservizi dello Stato e di cui disprezzare costumi attribuiti e generalmente poco conosciuti. La lamentata discriminazione dei cittadini italiani “che pagano le tasse” da parte di uno Stato o di un’Unione Europea propensa a favorire gli immigrati dimentica la garanzia dei diritti umani fondamentali (quali il diritto alla casa, al cibo, alla salute e all’istruzione) che in uno Stato di diritto si deve concedere in pari misura a tutti gli esseri umani, specie a chi parte da condizioni svantaggiate, ossia di maggiore povertà. In ciò stanno le radici dell’Europa unita, “nella tolleranza, nella giustizia, nella solidarietà” non nei distinguo tanto di fede quanto di cittadinanza di origine o di censo. Nella casa europea non trovano spazio affermazioni quali “gli islamici stiano a casa loro che noi stiamo bene a casa nostra”, purtroppo però spazio, anzi una poltrona, hanno trovato alcuni politici che solo nel “dagli all’untore” hanno individuato una professionalizzazione.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea, nel quadro dei programmi di comunicazione del Parlamento Europeo. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Unimondo.org e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vedi la pagina del progetto BeEU - 8 Media outlets for 1 Parliament .