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La Nutella di Ségolène Royal (e di Unimondo)
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Mentre Michelle Obama, a Milano, invitava a mangiare più verdura la ministra francese Ségolène Royal chiedeva scusa sull'uscita Nutella: “Mille excuses pour la polémique sur le #Nutella”. Non sapeva. Anzichè spalmare immigrati in tutta Europa s'era preoccupata di non spalmare la crema al cioccolato e nocciole più famosa al mondo, rea di far uso di olio di palma e, quindi di deforestare l'Indonesia. Rischiando d'innescare una delle tante guerre commerciali che vide il Monte Bianco come spartiacque o, meglio, in passato, sparti-vino.
Ebbene, la società civile non è mai stata tenera con la Ferrero. Nè “sull'olio di palma” e tantomeno “sul lavoro schiavo”. Sull'olio di Palma ha già detto Greenpeace: “quello della Nutella è certificato secondo lo standard Rspo (Roundtable on Sustainable Oil Palme). Quindi non deforesta come inizialmente denunciato dalla Ministra d'oltralpe o, meglio, deforesta solo le piantagioni di proprietà dello scomparso Michele Ferrero. Il quale, peraltro, ha sempre consigliato un uso modico. Leggere le istruzioni sull'etichetta per credere.
Prendo volentieri la parte della holding di Alba in quanto conosco, come Unimondo, la serietà dell'azienda. Il confronto con le altre multinazionali, in termini di serietà, non regge. Andiamo per ordine.
Un regista, invitato al festival, “Tutti nello stesso piatto” ideato da Mandacarù, un’associazione trentina che si occupa di commercio equo e solidale, denunciò l'acquisizione del cioccolato delle dieci holding mondiali del cacao da piantagioni non certificate della Costa d'Avorio ove, in effetti, si utilizzava anche lavoro schiavo minorile. Sapevamo della Nestlé, Cargill, Olam e della Marsh ma certamente non è implicata la nostra azienda “made in Italy”. Non è vero? Non è vero! Dalle sue ricerche il regista scoprì che anche la Ferrero era tra le dieci imputate. La più “piccola” ma pur sempre un'importatrice di rispetto: un vaso di coccio (ciocco) tra vasi di ferro.
Il regista, infatti, ci disse che provò a scrivere alla direzione di Ferrero Olanda, suo paese di residenza, ma non ebbe risposta. Scrivemmo su Unimondo: Nutella; il lato oscuro del cioccolato. Il day after ci telefonò il responsabile addetto alle pubbliche relazioni da Alba. Volevano le prove della mail di “richiesta informazioni” alla quale Ferrero Olanda non aveva risposto al regista. Fornite seduta stante. Direttore Olanda immediatamente nei guai!
Poi ci chiesero un incontro. A Trento. Arriva il portavoce. Con una macchina lunga da qui a lì ed un portabagagli pieno di ogni ben di Dio inventato dal sig. Michele. Noi, duri e puri: “Non possiamo accettare!” (alcuni studenti ai quali ho raccontato il fatto ancora mi rimproverano per non aver accettato). Si discute una mattina intera con la regola di pari tempo d'argomentare. Poi a pranzo. Ci raggiunge il prof. Alberto Conci.
La Ferrero ci chiede di pubblicare on line una loro risposta esaustiva. Lo facciamo. Sorpresa. Loro ammettono che il 10% del loro cioccolato è sostenibile. E per il restante 90%? Le cooperative od organizzazioni controparti della Costa d'Avorio siglano accordi ove s'impegnano a non utilizzare lavoro minorile e lavoro schiavo. Figuriamoci. E noi in Italia sigliamo pacchi di documenti che non facciamo parte di organizzazioni mafiose; anche negli uffici comunali di Corleone.
Come sortirne? (Direbbe il priore di Barbiana). Con un accordo che più o meno recitava così: “noi non scriviamo più su Nutella e voi v'impegnate ad avere tutto il cioccolato sostenibile entro 10 anni. Un'agenzia riconosciuta dalle Nazioni Unite s'impegnerà a supervisionare gli step; anno dopo anno. Il tutto deve essere riportato nel bilancio sociale”. Fatto. Data la mano.
Da lì ad un paio di mesi ricevo l'invito di presentazione del Bilancio Sociale e Licia Colò, davanti ad un centinaio di direttori paese della Ferrero, presenta il nostro accordo che tutela le popolazioni residenti in Costa d'Avorio; non proprio “alle falde del Kilimangiaro”.
Ed il nostro regista? Non preoccupatevi! Lui continua ad indagare e ad informare. Un tempo s'è piazzato con un megaschermo davanti ai cancelli di Nestlè Svizzera per mostrare, agli operai in uscita, le immagini di bambini africani al lavoro. E' soddisfatto del nostro accordo raggiunto e, attraverso le sue indagini, veglia affinchè non emergano nuovi fatti.
Chiudo. Insomma, tra first lady e ministre, preferisco Agnese Renzi, che seduta al banco delle crepes dell'Expò di Milano ordina per i figli un paio di crepes alla Nutella; la crema spalmabile più famosa al mondo. Made in Italy. Una delle poche che resiste ancorata al suo territorio. Una delle poche che non delocalizza.
Fabio Pipinato

Sono un fisioterapista laureato in scienze politiche. Ho cooperato in Rwanda e Kenya. Sono stato parte della segreteria organizzativa dell'Unip di Rovereto. Come primo direttore di Unimondo ho seguito la comunicazione della campagna Sdebitarsi e coniato il marchio “World Social Forum”. Già presidente di Mandacarù, di Ipsia del trentino (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) e CTA Trentino (Centro Turistico Acli) sono l'attuale presidente di AcliViaggi. Curo relazioni e piante.