www.unimondo.org/Notizie/L-ipocrisia-del-Belpaese-NienteAccordiConLaLibia-211454
L’ipocrisia del Belpaese: #NienteAccordiConLaLibia
Notizie
Stampa

Immagine: Twitter.com
È ora di porre fine all’INDIFFERENZA. Sì, urliamolo usando il maiuscolo sulla tastiera. Indifferenza verso le morti dei migranti nel Mediterraneo, indifferenza verso ciò che accade ogni giorno nei lager strutturati in Libia (e finanziati dall’Italia con ben 785 milioni euro finora) per arrestare i flussi migratori. Il come è ben risaputo ma i benpensanti ritengono che sia una questione che attiene allo stato di diritto libico, da non collegare al mandato (e ricordo, ai finanziamenti) avuti per realizzare l’obiettivo.
Nel 2015 la compassione per Aylan, il bambino di Kobane di appena 3 anni annegato nel mar Mediterraneo il cui corpo è stato fotografato sulle coste della Turchia aveva per primo suscitato l’indignazione europea e internazionale, inducendo il governo tedesco all’accoglienza nel proprio Paese di 1 milione di rifugiati siriani. Dopo di lui quanti altri corpicini sono stati ritrovati esanimi sulle coste del Mediterraneo, fotografati e filmati, molti vestiti di colori accesi come il rosso, un piccolo accorgimento dei genitori per agevolare il loro avvistamento ed eventuale salvataggio. Spesso un’attenzione purtroppo vana. L’accordo dell’Unione Europea con la Turchia del 2016 per arrestare il flusso dei profughi però non si è toccato in questi ultimi 5 anni. Neanche i soldi generosamente forniti, sinora 6 miliardi e 485 milioni di euro. Tantomeno è stato messo in dubbio da parte dell’Italia l’accordo stipulato nel 2017 con la Libia per impedire lo sbarco di migranti sulle coste del Belpaese. Limitare più che altro, perché impedire appare un’azione impossibile laddove il motore della disperazione e della povertà estrema è più potente dei rischi di tortura, stupro, detenzione, lavoro forzato e violenza di ogni sorta che, ovviamente oltre alla morte, si possono incontrare in quel cammino. La storia del Mediterraneo degli ultimi venti anni dimostra che una maggior chiusura delle rotte migratorie e un aumento della sorveglianza portano solo a un aumento delle morti dei migranti, costretti a intraprendere percorsi più lunghi e pericolosi. 15mila persone sono già state intercettate dalla guardia costiera libica in questo 2021 e riportate in Libia per subire nuovi abusi. 832 persone sono morte nel Mediterraneo dall'inizio dell'anno.
È ora di opporsi al rifinanziamento dell’accordo con la Libia per un pattugliamento delle coste finalizzato a fermare le persone che fuggono dal proprio Paese verso l’Europa. Il 15 luglio è in agenda in Parlamento l’approvazione del nuovo accordo con Tripoli e da giorni la società civile, raccolta dagli hashtag #NienteAccordiConLaLibia e Io #nonsonodaccordo, intende porre fine al generale silenzio su quanto accade e chiede a gran voce un cambio di rotta del governo italiano, stracciando alcun accordo di cooperazione con un Paese come la Libia dove la tortura e l’omicidio sono strumenti istituzionali di governo. In altre parole, che i cittadini italiani facciano sentire la propria indignazione e opposizione a finanziare chi uccide, tortura o stupra per e con i soldi forniti dall’Italia. L’appuntamento è per il 14 luglio alle ore 17 a piazza Montecitorio a Roma, con una benda bianca sul volto, a far riflettere su quanti fingono di non vedere.
L’appello fa chiaramente perno sull’empatia. Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Open Arms, RESQ, Sea-Watch, Alarm Phone, organizzazioni che lo sostengono, concordano inoltre sui gravi abusi ai diritti umani perpetrati dalla cosiddetta guardia costiera libica, niente più che trafficanti di essere umani, nel territorio di recente ideazione della SAR libica (ossia una zona di “Search and Rescue” dinanzi alle proprie coste), un’invenzione che faceva comodo a tutti, Italia e Commissione Europea in primis, per respingere brutalmente i migranti ma senza sporcarsi direttamente le mani. “Quello sporco” che la Libia perpetra costantemente con il beneplacito del nostro Paese che per vincoli costituzionali e internazionali di rispetto dei diritti umani fondamentali non può fare: ossia respingere violentemente (e illegalmente) le persone in mare. Le note ONG chiedono con sempre maggior forza canali legali di accesso ai Paesi UE, corridoi umanitari, missioni europee di soccorso e certamente la fine di una campagna di comunicazione che va a criminalizzare la solidarietà.
Insomma, il Patto disumano non è da rinnovare. Se non può cambiarsi il passato, qualcosa va invece fatto per il futuro.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.