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L'Islam e il dogma dell'Occidente
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Sul Corriere di venerdi 30 settembre Angelo Panebianco sosteneva che gli organizzatori del convegno di Venezia "sembrano aver accettato, uso delle armi a parte, l'idea che fu dei neoconservaortori americani, secondo cui solo promuovendo la democrazia nel mondo islamico si potrà sconfiggere la sfida jihadista". C'è proprio da sperare che così non sia. Le teorie dei neocon sono pessime non solo per il fatto che hanno come sfondo la logica delle armi, ma perché il dogma principale risiede nell'idea che la democrazia occidentale sia, oltre che una sorta di ultima conquista dell'umanità, un principio che deve essere comunque condiviso da tutti. Così non si andrebbe lontano e fortunatamente, come il parterre della conferenza dimostra, non sembra questa la direzione presa dagli organizzatori di Venezia.
Se qualcosa si può loro rimproverare è semmai di essere rimasti un po' prigionieri del quadro che dei rapporti con l'islam fanno non solo i neocon ma anche molti paesi occidentali la cui visione si ferma all'islam mediorientale, al conflitto israelo palestinese e alla polemica sullo scontro di civiltà. Ma l'islam e il dibattito sul suo divenire sono molto più ampi. Così ampi da sfuggire spesso, incredibilmente, ai nostri media e ai nostri intellettuali.
Paradossalmente mentre a Venezia si parlava di islam e democrazia passava per Roma Hasym Muzadi a capo della Nadlathul Ulama, organizzazione che raccoglie qualche milione di aderenti. Chi dice 35, chi 47. Più o meno la popolazione della Danimarca. Se si legge (nel pezzo a fianco) quello che Muzadi dice si capisce come uomini del suo rango non vadano ignorati, pur se il suo nome deve apparire ignoto ai più. Muzadi non è il personaggio esotico e bizzarro di un paese lontano. E' un intellettuale rispettato che parla un arabo fluente e ha una certa influenza nel consesso dei paesi arabi. Conta all'interno dell'Organizzazione della conferenza islamica (Oic) e ha da poco promosso l'International Conference of Islamic Scholars, un forum che raccoglie intellettuali e ulema musulmani di diversa provenienza proprio per favorire il dialogo e uno scambio di vedute interno a questo vasto pianeta di cui l'Indonesia rappresenta una parte rilevante coi suoi 200 milioni di abitanti.
Sin che continueremo a vedere l'islam come un mondo geograficamente ristretto e incapace di rinnovarsi che deve aspettarsi da noi la favella e la favilla non faremo molta strada soprattutto se continueremo a favorire l'idea che la Umma sia cosa degli arabi, che rappresentano in realtà solo un sesto del miliardo e 300mila musulmani del mondo. Una comunità in cui si muovono africani, asiatici e un'ormai rilevante porzione di occidentali. In questo vasto pianeta, di cui a Venezia abbiamo visto diversi esponenti, vi sono attori che forse pensano cose molto diverse dalle nostre ma che sono disposti al dialogo purché li si sappia ascoltare e si accetti anche il loro punto di vista. In molti casi davvero più interessante di quello dei neocon.
di Emanuele Giordana