Kosovo: preoccupazione e incertezze sul dopo Rugova

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La morte di Rugova è stata accolta in Kosovo con sgomento ma anche con preoccupazione - segnala l'Osservatorio sui Balcani. La sua scomparsa lascia molte incertezze perchè in questi anni non si è affermato nessun politico in grado di raccogliere un consenso così ampio. Lo stesso partito da lui guidato, LDK, è ora più esposto a scissioni: da quando Rugova ne ha lasciato la presidenza, più di un anno fa, al suo interno non si è riusciti ancora ad accordarsi sul nome di un successore.

Inoltre, il prossimo 25 gennaio a Vienna si sarebbero infatti dovuti avviare i negoziati sul futuro status della Provincia. Il primo faccia a faccia tra i negoziatori della Serbia e del Kosovo albanese - mediato dall'ONU - sarà però rinviato, con tutta probabilità, agli inizi di febbraio ha annunciato l'inviato speciale delle Nazioni Unite Martti Ahtisaari.

Sulla figura di Rugova, leader dalle forti ambivalenze che ha avuto il merito di scegliere la nonviolenza in un contesto regionale e internazionale basato sulla forza delle armi, senza però avere la volontà o capacità di opporsi all'evoluzione violenta del conflitto, il commento di Mauro Cereghini, direttore di Osservatorio sui Balcani.

"Forza e debolezza: non è lui a puntare sulla via armata all'indipendenza, ma nemmeno è in grado di opporsi. Di nuovo la comunità internazionale - e in primis gli Stati Uniti, che pure si erano mostrati i più attenti alla vicenda kossovara tanto da aprire un loro ufficio informazioni a Pristina - peggiora le cose. Nel giro di pochi giorni cambia parere sull'UCK, non più "gruppo terrorista" ma "legittima resistenza". E' il giugno 1998, ed è scattato il count down verso l'intervento armato. All'inizio del 1999 ci sono i negoziati-farsa di Rambouillet: Rugova è ancora nominalmente capo-delegazione per gli albanesi, ma deve subire al suo fianco il leader della guerriglia Hasim Thaci. Seduti vicini, ma lontanissimi per personalità e stile"- scrive Cereghini.

Il fallimento dei negoziati apre la strada ai bombardamenti Nato. Ne esce un Kossovo indipendente sulla carta, ma stravolto socialmente e occupato militarmente. Rugova nella guerra perde la sua vera mente politica, Fehmi Agani, e subisce l'onta dell'esilio dopo un'apparizione televisiva con Milosevic che ne indebolisce ulteriormente l'immagine. La LDK viene affiancata da altri partiti influenti, e soprattutto entrano in gioco pesanti interessi economico-mafiosi legati alla ricostruzione, agli aiuti e ai traffici neri che lo status incerto della provincia favorisce.

Nel 2002 Rugova viene eletto ancora presidente, ma il suo ruolo politico è stretto tra politici ormai autonomi dal suo controllo e funzionari internazionali che governano di fatto la provincia. Così gli ultimi anni di vita li spende ancora con l'immagine di moderato, ma incapace di compiere alcuna azione significativa nemmeno dal punto di vista simbolico. Di nuovo, sarà semmai l'antico rivale Surroi a colpire per alcune uscite pubbliche contro la degenerazione albanese e le violenze inflitte ai serbi. Rugova è debole, ma forte nel continuare a chiedere una soluzione internazionale alla crisi kossovara. Come dieci anni prima, e ancora inascoltato. Ricordo nel suo studio la fotografia dell'incontro con Papa Giovanni Paolo II, lui leader di una comunità a maggioranza musulmana. "Sua Santità ha ascoltato molto", ci disse Rugova. Mi chiedo ora se fosse un segno di forza. O di debolezza, perché altri invece non l'avevano fatto⅀ ". [GB]

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