Kenya: riprendono gli scontri, la polizia uccide dieci dimostranti

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L'intervento della polizia e dei reparti speciali del ministero dell'interno hanno insanguinato con almeno dieci vittime la partecipazione in varie città del Kenya alle manifestazioni di protesta proibite dal governo che l'opposizione aveva promosso per tre giorni, a partire da mercoledì scorso, contro la rielezione di Mwai Kibaki alla presidenza della repubblica. Due persone sono state uccise dalla polizia nella baraccopoli di Mathare, a Nairobi, durante una manifestazione e diverse persone sono state intossicate da gas lacrimogeni lanciati dalla polizia nella baraccopoli di Kibera a Nairobi. Secondo testimoni, la polizia antisommossa ha anche aperto il fuoco in maniera indiscriminata a Kisumu, città natale del leader dell'opposizione Raila Odinga, uccidendo almeno tre persone - riporta l'agenzia Misna. La polizia, accusata di violazione dei diritti umani dalle organizzazioni specializzate, non ha esitato a caricare anche cameraman e fotografi. Le manifestazioni erano state convocate dopo che martedì scorso si è riunito per la prima volta il parlamento.

L'opposizione di Raila Odinga, capo del partito d'opposizione 'Orange democratic movement' denuncia l'uccisione di 1.000 persone dall'inizio dei disordini e sarebbero oltre 200mila gli sfollati verso l'Uganda, in maggioranza residenti in centri dell'ovest. "La gente è stanca di questo clima di violenza e di paralisi del paese e, oltre alla manifestazioni dell'opposizione, sempre più cittadini e gruppi della società civile si stanno organizzando per manifestare il proprio dissenso al clima politico attuale in Kenya prendendo le distanze dai due schieramenti che stanno mettendo in ginocchio il paese" - ha detto alla Misna padre Gigi Anataloni, missionario della Consolata a Nairobi. Le elezioni in Kenya "non sono state conformi alle norme internazionali" nella fase del conteggio dei voti ha dichiarato il segretario generale del Commonwealth, Don McKinnon, nel corso della pubblicazione del rapporto della sua organizzazione sul processo elettorale nell'ex colonia britannica.

"L'Italia è seriamente preoccupata per l'evolversi della crisi politica che rischia di risucchiare il Kenya in un conflitto tribale" - ha detto la viceministra Patrizia Sentinelli in un'audizione alla Commisione Esteri della Camera. L'Italia partecipa "attivamente al coordinamento in corso in sede europea, sostiene la mediazione dell'Unione africana per trovare una soluzione politica alla crisi istituzionale e la Farnesina ha intrapreso interventi di emergenza a favore della popolazione vittima delle violenze, in particolare sfollati e rifugiati attraverso le agenzie internazionali, Ong attive in Kenya e aiuti diretti" - ha spiegato la viceministra Sentinelli. Inoltre la Farnesina, che in partenariato con le Ong e le organizzazioni multilaterali sostiene un programma di lotta contro le mutiliazioni genitali femminili, ha destinato un fondo "per la protezione delle vittime delle violenza sessuale e la prevenzione dei conflitti etnici piu' gravi". La Farnesina ha inoltre messo a disposizione 1 milione di euro erogati direttamente agli ospedali che hanno accolto un maggior numero di donne vittime delle violenze.

Tra i numerosi appelli alla cessazione delle violenze vi è anche quello di Pax Christi international che ha invitato "la classe dirigente kenyana ed in particolare il Presidente Mwai Kibaki e l'onorevole Raila Odinga a ricercare una soluzione rapida e pacifica della crisi e a chiamare i loro elettori a porre fine ai combattimenti". "Ci rallegriamo degli sforzi internazionali intrapresi per effettuare una mediazione" - scrive Pax Christi che invita a "non perdere di vista il contesto storico più ampio della vita politica kenyana: strutture che perpetuano le diseguaglianze politiche ed economiche sono state a lungo tollerate in Kenya. Tali politiche non faranno che generare ulteriori risentimenti e altre divisioni nel cuore della fragile democrazia kenyana". [GB]

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