Italia, calo delle nascite: molte le questioni aperte

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Qualche giorno fa una mia amica ha partorito il suo terzo figlio. Ormai over quaranta non si aspettava di rimanere incinta, benchè con il marito non avessero né “programmato” né escluso a priori questa possibilità che, con sorpresa, si è concretizzata con la nascita di una bambina.

All’apprensione iniziale, via via che la gravidanza procedeva senza particolari problemi, subentrano sentimenti sempre più positivi: attesa, gioia, orgoglio, entusiasmo. La famiglia non presenta difficoltà economiche anche se non si può dire che navighi nell’oro. Con tre figli piccoli bisogna fare bene i conti: servono nuovi spazi, arrivano nuove spese. Ma almeno ogni mese le entrate sono garantite, in quanto ambedue i genitori hanno un lavoro da dipendenti con contratto a tempo indeterminato. La madre, impiegata nel pubblico, non correva il rischio di essere licenziata perché incinta, ma vede garantiti appieno i suoi diritti. I nonni non abitano dietro l’angolo, ma per le emergenze ci sono. Insomma, un ambiente idoneo ad accogliere la nuova arrivata.

I dati sembrano invece dirci che la famiglia italiana – declinata come volete – non è mediamente il luogo favorevole per le generazioni future. Non si fanno figli. Nel primo semestre di quest’anno, il numero dei nati è sceso del 6% rispetto all’anno scorso (non agli anni del boom demografico). Non c’è niente da fare: le culle si stanno svuotando. Pochi bambini, pochi adulti che in futuro potranno generarli. Neppure gli stranieri compensano più, con buona pace di chi crede nel “complotto” per sostituire gli italiani autoctoni con gli africani islamici. Si impara presto dagli stili di vita dei cittadini doc. Probabilmente l’Italia non è un posto ospitale per avere figli.

Su questo argomento si sprecano le riflessioni. La ridda delle cause che determinano o influiscono su sul fenomeno formerebbe un elenco infinito. Ci sono grandi filoni: cause economiche (precariato, disoccupazione, salari troppo bassi, orari impossibili); cause sociali (assenza di asili nido, di assistenza alle madri, di servizi per la famiglia); cause fiscali (le tasse non agevolano le famiglie); cause valoriali (individualismo, paura di perdere bellezza e salute, desiderio di figli perfetti, incapacità di rinunciare e di rischiare); cause sanitarie (che sono state goffamente evidenziate in occasione del Fertility day). E così si riempiono pagine e pagine di dibattito. Un dibattito che, in questo caso non metaforicamente, definiamo “sterile”.

Forse non si evidenzia abbastanza il fattore volontà. Si evita infatti di entrare in un terreno minato perché tutte/i dicono che “vorrebbero” o “avrebbero voluto” avere un figlio, ma che non possono o non hanno potuto farlo. E ogni coppia ha le sue buone motivazioni. Che sono sicuramente ponderate, rimuginate, elaborate spesso con sofferenza. Non si può entrare nelle singole situazioni, perché ogni persona è diversa, ogni donna lo è. Così come ogni famiglia che vuole allargarsi. Queste decisioni private sono sacre.

Quando però i numeri diventano grandi, subentra la statistica, scienza fredda, di pure cifre, scevra da quel calore intimo che una scelta di genitorialità (termine orrendo) presuppone. I numeri sono però implacabili e descrivono tendenze generalizzate da cui, volenti o nolenti, non si può scappare.

Allora non si fanno figli per volontà o per impossibilità? O forse per paura? Paura di essere fuori moda, inattuali, o semplicemente di non essere all’altezza? Paura di dare alla luce un figlio che a sua volta sarà attanagliato da una simile angoscia? Questi interrogativi restano aperti.

l desiderio, per quanto vago, di avere figli c’è, specialmente nei paesi più ricchi e in quelli in cui la natalità è più bassa. Tutte le rilevazioni sono concordi nel dire che il desiderio dei figli è maggiore rispetto a quello che concretamente accade: nei Paesi occidentali la famiglia “ideale” dovrebbe essere composta da circa 2,5 figli per coppia, quando in media effettivamente siamo sotto i 2. In Nigeria accade l’opposto: il desiderio comune supera la soglia (già altissima) di 5 figli per donna, ma la realtà ci parla di più di 7! Occorrerebbe tenere sempre presente la situazione globale della natalità.

Sono sondaggi e vanno presi con le pinze, ugualmente possono segnalare una questione. Tuttavia esiste per davvero il desiderio di avere figli? Oppure è un miraggio, un ideale, un’immaginazione? Se questo desiderio non si concretizza, è tutta colpa di fattori esterni o di problemi di salute? Spesso invece si decide di “rimandare” questo desiderio, aspettando tempi migliori, che non arriveranno mai. Così si rinvia, senza la possibilità che giungano sorprese positive capaci di cambiare le vita.  

Piergiorgio Cattani

Nato a Trento il 24 maggio 1976. Laureato in Lettere Moderne (1999) e poi in Filosofia e linguaggi della modernità (2005) presso l’Università degli studi di Trento, lavora come giornalista e libero professionista. Scrive su quotidiani e riviste locali e nazionali. Ha iniziato a collaborare con Fondazione Fontana Onlus nel 2010. Dal 2013 al 2020 è stato il direttore del portale Unimondo, un progetto editoriale di Fondazione Fontana. Attivo nel mondo del volontariato, della politica e della cultura è stato presidente di "Futura" e dell’ “Associazione Oscar Romero”. Ha scritto numerosi saggi su tematiche filosofiche, religiose, etiche e politiche ed è autore di libri inerenti ai suoi molti campi di interesse. Ci ha lasciati l'8 novembre 2020.

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