Italia a tavola 2012: tra controlli, truffe e cibi taroccati

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“Si tratta del cosiddetto ‘paniere dei tarocchi’, ovvero i 5 prodotti alimentari più contraffatti a livello nazionale” spiega Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del Cittadino (Mdc), che insieme a Legambiente ha presentato la settimana scorsa il IX rapporto sulla sicurezza alimentare, Italia a tavola 2012. Il documento rende noto che, nel 2011, sono stati svolti più di un milione di controlli lungo tutta la filiera, che hanno portato al sequestro di oltre 24 milioni di chilogrammi di prodotti, per un valore di circa 850milioni di euro.

Stime che mostrano due facce, una buona e una cattiva, della stessa medaglia: la buona riguarda l’altissimo numero delle ispezioni e sequestri (da parte dell’agenzia delle dogane, dei carabinieri, delle capitanerie di porto, del sistema sanitario nazionale), che mostra quanto il sistema dei controlli nel nostro Paese sia sviluppato ed efficiente e quanto la domanda di legalità e sicurezza in questo settore sia forte; la cattiva, purtroppo, è speculare alla precedente, e riguarda il forte aumento dei reati nel settore, compresi quelli relativi alle agromafie, che nel 2011 sarebbero addirittura triplicati rispetto all’anno prima.

Chi non ricorda, ad esempio, i “maiali alla diossina” che, dalla Germania, avevano fatto tremare tutta l’Europa, Italia compresa? Da noi, invece, nel 2011 aveva fatto scalpore il caso dei 2.300 prosciutti Dop (di Parma e Modena e San Daniele) sequestrati dai Nas di Cremona in una quarantina di stabilimenti di stagionatura emiliani e friulani: provenivano, infatti, da maiali nutriti con rifiuti speciali, cioè scarti dell’industria alimentare che dovevano essere smaltiti negli impianti di biogas. Il 2010 è stato invece l’anno delle cosiddette “mozzarelle blu”: gli italiani hanno così conosciuto il famoso batterio Pseudomonas Fluorescens, non pericoloso per la salute, ma che rende le mozzarelle non commestibili. E come dimenticare l’“emergenza Escherichia Coli” che, vera o non vera, tanto ha spaventato e confuso i cittadini di tutta Europa?

Casi meno famosi ma più invasivi sono poi quelli che riguardano le etichettature dei vini, mentre l’olio extravergine di oliva, spesso e volentieri risulta vittima di trattamenti quali colorazione, miscelazione con semplice olio d’oliva di scarsa qualità (quand’anche con olio di semi o con clorofilla), o deodorazione (procedimento, da applicare alle olive mal conservate, che permette di allontanare le sostanze volatili responsabili del cattivo odore). Se in questo caso i danni all’immagine sono maggiori rispetto ai danni per la salute, potenzialmente pericolosa per i cittadini è invece l’immissione nel mercato di prodotti ittici scaduti, riconfezionati e rietichettati, o pescati in acque inquinate, o contaminati da parassiti e venduti al pubblico senza i dovuti controlli. Pratiche che, secondo il rapporto di Mdc e Legambiente, nel 2011 sono risultate in aumento.

E questi non sono che alcuni esempi. “Nell’ultimo periodo le mafie e la criminalità organizzata si sono inserite soprattutto nel settore del trasporto e della distribuzione – spiega il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza –. L’effetto lo vediamo nel prodotto importato, che una volta immesso sul mercato acquisisce un valore economico notevolmente gonfiato”. Per quanto riguarda i prodotti esportati, invece, come spiega il direttore dell’ufficio antifrode dell’Agenzia delle dogane Edoardo Francesco Mazzilli, “gli stessi italiani taroccano le loro specialità agroalimentari e le vendono all’estero. Altro che paura dei cinesi. Il vero danno arriva da noi stessi che con questo tipo di frodi ci bruciamo mercati altamente redditizi come quello americano o quello giapponese”. Un esempio? Le 24 tonnellate di pomodori pelati falsamente indicati come ‘San Marzano Dop’, destinate all’esportazione verso gli Stati Uniti, sequestrate nell’ottobre del 2011. “Pensiamo anche – aggiunge Mazzilli – al nostro olio extravergine di oliva, così apprezzato all’estero ma tra i prodotti col maggior numero di procedimenti penali in corso”.

Tra import ed export, etichette contraffatte, prodotti che “suonano” italiani ma non lo sono, lo zampino della criminalità organizzata è praticamente ovunque. “Il nostro made in Italy è l’unico marchio che resiste alla crisi – spiega Loredana Gulino, direttore generale per la lotta alla contraffazione del Ministero dello sviluppo economico –. Il problema è che le imprese criminali organizzate hanno un ottimo fiuto nel capire qual è il settore che in un dato momento traina di più o di meno. Se un marchio tira, ci si buttano a capofitto. Tra l’altro conoscono benissimo il mercato e riescono a contraffare di tutto”.

Secondo Gulino, però, buona parte della responsabilità è anche del consumatore, il quale non sarebbe affatto ignaro e inconsapevole, dato che è perfino capace di acquistare i farmaci contraffatti. “Dalle nostre indagini – continua Gulino – abbiamo visto che spesso il consumatore non ha affatto vergogna di acquistare merce taroccata, anzi, spesso pensa che acquistare un bene a un prezzo più economico sia una sorta di giustizia sociale”. E aggiunge: “Si tratta di un problema culturale, soprattutto le persone devono capire che dietro alla contraffazione si nasconde la criminalità organizzata”.

Se i cittadini italiani sono in genere più indulgenti e accomodanti di fronte a una borsa o una giacca taroccata, per il cibo il discorso si complica. “Vogliono essere sereni riguardo a ciò che arriva sulle loro tavole – afferma ancora Cogliati Dezza, che spiega come una maggiore sicurezza potrebbe essere ottenuta attraverso l’applicazione di “norme più severe sull’etichettatura e sulla tracciabilità dei prodotti alimentari”. Soprattutto, secondo il presidente di Legambiente, bisognerebbe inserire tempi certi per i procedimenti giudiziari che riguardano le frodi alimentari. “Effettuare le analisi in tempi rapidi – afferma – permetterebbe infatti di controllare efficacemente la filiera e di risalire alla fase del danno prima che i prodotti adulterati vengano diffusi”.

Le associazioni ambientaliste e dei consumatori chiedono infine un maggiore coordinamento tra le istituzioni a livello nazionale ed europeo per quanto riguarda controlli e regolamenti, e soprattutto un maggiore coinvolgimento in prima persona dei cittadini. “La lotta alla contraffazione del cibo comincia innanzitutto con l’educazione – afferma Anna Bartolini, giornalista specializzata in alimentazione e consumi – è essenziale un’informazione corretta e diffusa, in modo che siano i cittadini stessi i primi controllori di ciò acquistano e consumano, aiutando le istituzioni a tutelarli meglio”.

Anna Toro

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