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Italia: 35mila in marcia per il clima, senza sconti
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Oltre 60mila persone hanno partecipato sabato scorso a Milano alla "Marcia per il clima", la giornata di mobilitazione organizzata da un vasto cartello di organizzazioni, da Legambiente all'Arci, da Slow Food ai sindacati per chiedere un modello energetico basato su efficienza e rinnovabili, una mobilità sostenibile che punti sul trasporto pubblico, pratiche agricole ecocompatibili e una finanziaria che consenta all'Italia di rispettare gli impegni europei. E 35mila cittadini hanno sfilato dietro lo striscione composto dalle bandiere delle 60 associazioni promotrici della marcia. "Siamo in piazza oggi per richiamare l'attenzione della politica sull'urgenza di affrontare in modo concreto il problema dei cambiamenti climatici" - ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, dalle file del corteo.
"Abbiamo costruito la più ampia rete europea per il clima - ha detto il presidente di Legambiente - e questo è solo l'inizio di un percorso che vogliamo portare avanti insieme al maggior numero possibile di cittadini. Ma attenzione, la nostra è una manifestazione 'per' e non contro. Chiediamo innanzitutto politiche a sostegno delle energie rinnovabili, interventi sulla mobilità a partire dalla sviluppo del trasporto pubblico locale e dei treni per i pendolari". "Sbaglia chi considera che andare incontro agli obiettivi di Kyoto sia una zavorra per il Paese. Al contrario, ridurre le emissioni di CO2 rappresenta una grande opportunità per modernizzare i nostri settori produttivi e creare nuovi spazi d'occupazione, per indicare la strada da seguire ai Paesi in via di sviluppo e avere un'Italia più pulita e più moderna. Ecco perché in occasione di questa marcia abbiamo stilato una dettagliata Carta di impegni che presenteremo al governo la prossima settimana" - ha concluso Cogliati Dezza.
Un chiaro riferimento alla richiesta presentata al Consiglio Ue da parte del Ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, di modificare il criterio che ripartisce gli sforzi di riduzione di CO2 sulla base del Pil procapite. Il ministro, pur assicurando che "l'Italia farà la sua parte per rispettare gli impegni globali assunti a livello europeo per ridurre i gas ad effetto serra del 20% entro il 2020, rispetto al 1990" ha infatti chiesto un tavolo tecnico per rivedere i criteri di ripartizione tra Stati membri, "troppo onerosi ed iniqui per il nostro paese". L'Italia è intenzionata "a sostenere una politica dell'ambiente che non sia considerata un freno alla politica dello sviluppo. Per questo bisogna riconsiderare una serie di posizioni e di scelte che erano state fatta sulla questione del clima. Abbiamo la sensazione che in passato si sia accettato di avallare scelte non corrispondenti alla situazione nazionale" - ha affermato il Ministro.
In un comunicato Legambiente ha ricordato al Ministro Prestigiacomo che "per l'Italia c'è già stato un forte sconto sugli impegni di riduzione delle emissioni di CO2" visto che l'impegno per l'Italia di ridurre del 6,5% le emissioni al 2012 rispetto al 1990 è diventato del 5% al 2020. Nessun altro grande Paese europeo ha avuto un trattamento di favore come quello italiano, per via del lassismo di questi anni nell'invertire la rotta rispetto alle emissioni di anidride carbonica cresciuta del 12% rispetto al 1990.
"Il Ministro Prestigiacomo - ha commentato Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente - non si aspetti altri sconti sulla CO2. Peraltro anche il nucleare per l'Italia non rientra in una strategia delle emissioni: con i trend attuali (e in attesa delle centrali) sforeremmo tutti gli obiettivi europei al 2020. L'Italia deve cambiare marcia e fare delle politiche di innovazione e efficienza energetica la bussola dei prossimi anni. Nessuno in Europa è disponibile ad accettare altre proroghe, basti pensare che la Germania a cui la Commissione aveva proposto una riduzione del 31,4%, ha dato la sua disponibilità nel ridurre del 40% le emissioni di CO2 al 2020, pur di non compromettere la leadership europea nella lotta ai cambiamenti climatici. Il comportamento tedesco non nasce da un sentimento di magnanimità, ma dalla lungimiranza del governo Merkel di voler giustamente approfittare di quei concreti vantaggi in termini di nuova occupazione e sviluppo delle proprie imprese, generati da una politica in difesa del Clima". [GB]