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Iraq: voto agli sciiti e voce agli iracheni critici
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"Sono state scrutinate il 90% delle sezioni e al momento la lista dell'alleanza sciita è largamente in testa rispetto ai voti ottenuti dalle altre formazioni politiche". È quanto ha affermato Farid Ayyar, portavoce della commissione elettorale irachena. Ayyar ha fornito i dati semi-definitivi delle elezioni legislative che si sono svolte il 15 dicembre scorso in Iraq, elencando le percentuali dei voti ottenuti dalle varie liste nelle città più importanti del paese. Nella capitale Baghdad, ad esempio, è stato scrutinato l'89% dei voti e l'alleanza sciita ha ottenuto il 58% delle preferenze, seguita dalla lista che riunisce i partiti sunniti che si sono attestati al 18%, mentre la lista dell'ex premier Allawi ha ottenuto il 13% dei voti. A Bassora è stato scrutinato il 99% dei voti e l'alleanza sciita si è affermata con il 77%, seguita dalla lista Allawi con il 12% e dai sunniti che hanno ottenuto il 4%.
E' stato confermato quindi il forte timore che a vincere in Iraq siano i partiti religiosi. Come ricorda il caporedattore del quotidiano Al Jarida, Kais Alazawi "una parte della Costituzione sarà rinegoziata nel corso dei prossimi mesi" e "c'è il rischio che l'Iraq divenga uno stato islamico". La stessa possibilità è stata analizzata da Gilbert Achcar, che in uno suo saggio del luglio 2005 ora in traduzione italiana ne spiega le radici e le ragioni, non soltanto in Iraq ma in tutta l'area di quello che si vuole far diventare "Grande Medio Oriente".
La formazione attuale delle milizie incaricate di gestire la sicurezza ne mostra i rischi e i pericoli: il sospetto che sia in atto una "vendetta" privata è già forte, e potrebbe tramutarsi in pericolosa realtà con un governo permanente, immune da responsi immediati.
In Italia si è conclusa la visita del direttore del "Centro Studi per i Diritti Umani"di Falluja, Mohammed Al Deraji. In assemblee affollate a Roma, Bologna, Napoli, Caserta, Firenze, Udine e Trento si è parlato delle violazioni dei diritti umani, del fosforo bianco usato a Falluja, che proprio Al Deraji aveva denunciato a Rainews24, ma anche di cosa fare per sostenere la popolazione di Falluja. "Molte scelte di gestione del territorio puntano a creare una guerra civile. Nel pensare all'uscita delle truppe è necessario un nuovo ruolo reale per l'Onu e per la Lega araba che gestisca un tavolo di riconciliazione nazionale che comprenda le forze religione, laiche, tribali e di esponenti della società irachena" spiega il direttore Al Deraji che esprime forti dubbi sull'iniziativa intrapresa dagli Stati Uniti che stanno cercando un possibile escamotage dall'instaurazione di uno stato religioso. E' necessario un coinvolgimento della società irachena tutta, anche della resistenza".
Una forte testimonianza è stata portata lo scorso 10 dicembre a Londra durante la 'Conferenza Internazionale per la Pace' da parte dello sceicco al Khalisi del Iraqi Foundation Congress che ha denunciato ciò che per lui rappresenta la bugia più grande, vale a dire che l'occupazione deve continuare "per il bene del popolo iracheno". Al Khalisi ha segnalato ai delegati che il giorno precedente, a Baghdad, c'erano state solo due ore di energia elettrica - e ciò dopo due anni di ingenti somme spese (secondo Washington) "per la ricostruzione del paese". In fondo, "vivere in Iraq sotto Saddam non era peggio di oggi", ha aggiunto al Khalisi, il quale ha subito il carcere e le torture sotto il regime di Saddam. In quanto al presunto rischio di guerra civile in Iraq, secondo al Khalisi è un'assurdità: "Molti paesi hanno etnie diverse, perché proprio in Iraq ciò dovrebbe portare al genocidio?" Gli iracheni di tutte le etnie e di tutte le religioni hanno sempre saputo vivere insieme; anzi, durante la fuga precipitosa sul ponte principale di Baghdad lo scorso agosto, durante la quale molti iracheni sono finiti nel fiume, c'erano sunniti sulla riva che si sono buttati nel fiume per salvare gli sciiti.
Alla Conferenza ha preso la parola Hassan Juma, presidente del Sindacato dei Lavoratori del Petrolio nel Sud. L'oratore ha chiesto l'espulsione dall'Iraq delle multinazionali Halliburton, KBR e le altre. "Se c'è una categoria che conosce intimamente i motivi che hanno scatenato questa guerra, siamo proprio noi!". Il suo Sindacato porta avanti una piattaforma che include tra l'altro: la lotta contro la privatizzazione dello sfruttamento del petrolio in Iraq; il sostegno del movimento di resistenza; la cancellazione di tutti i debiti accumulati sotto il regime di Saddam Hussein." Sul lato dei movimenti americani non poteva mancare Cindy Sheehan, la madre del militare americano morto in Iraq che ha accampato fuori dal ranche di Bush e ha chiesto giustizia per la morte del figlio con il sostegno dell'associazione Gold Star Families for Peace. "Il compito più importante che abbiamo davanti a noi oggi - ha detto - è di gettare le basi per la pace anche in futuro e di portare davanti ai tribunali il signor Bush e il signor Blair, così da avvertire tutti i governanti del mondo che la guerra non paga."
A sostenerla anche Medea Benjamin della celeberrima associazione di donne americane "Code Pink", vestita naturalmente di rosa, ha illustrato gli sforzi del suo gruppo di bloccare, nei campus statunitensi, i tentativi di reclutamento dei soldati. "In una democrazia degna del nome, un giovane non dovrebbe essere costretto ad arruolarsi per avere i soldi necessari per pagarsi l'università." Ha lanciato un appello a tutte le donne del mondo di riunirsi davanti alle ambasciate americane per protestare contro la guerra anche il giorno 8 marzo, la giornata internazionale della donna.
Ma l'appuntamento di richiamo a livello internazionale sarà il 18-19 marzo 2006, terzo anniversario della guerra e dell'invasione, esigendo il ritiro immediate delle truppe e la fine dell'occupazione. In Italia, per l'11/12 febbraio 2006 è prevista una grande assemblea nazionale di tutto il movimento contro la guerra - per preparare la manifestazione e affrontare i temi della guerra globale permanente e della nostra proposta per una politica estera alternativa. In questa assemblea dovrebbe trovare spazio non solo il dibattito del movimento, ma anche una sessione di analisi sulla strategia della guerra globale.[AT]