Iraq: sciopero sul petrolio, condannata la Coalizione

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Il più grande sindacato indipendente iracheno - General Union of Oil Employees (GUOE) - ha scioperato per 24 ore puntando a bloccare la maggior parte delle esportazioni di petrolio dal sud dell'Iraq. Lo sciopero, che coinvolge 15.000 lavoratori, è a sostegno delle richieste fatte dal governatore di Bassora Mohammad al-Waili affinché una maggiore percentuale del reddito derivante dal petrolio sia destinata ai bisogni della città. Nonostante sia la capitale delle riserve di petrolio irachene, la provincia di Bassora lotta ancora con la povertà, la malnutrizione e un tasso di disoccupazione del 40%. L'energia elettrica, i servizi sanitari, il sistema fognario non sono stati ancora ricostruiti e funzionano con una capacità limitata. Il sindacato inoltre chiede l'assegnazione delle terre agli operai, una misura che oggi viene riconosciuta ai soli dirigenti. Se il governo non acconsentirà alle richieste degli operai, si andrà verso lo sciopero generale.

Una situazione sull'orlo della guerra civile è il parere dell'ex ministro ad interim iracheno Iyad Allawi. L'unico modo per andare avanti è il ricorso a "l'unità nazionale, la composizione delle istituzioni, l'economia, e una politica di relazioni con l'estero ferma, ma pacifica". Se questi criteri non vengono soddisfatti, il paese andrà allo sfascio.Le dichiarazioni di Allawi giungono in un momento di escalation di violenza tra gli sciiti, che costituiscono il 60% della popolazione irachena, e la minoranza sunnita, che ha dominato l'élite della burocrazia civile e dei militari sotto Saddam Hussein. Allawi, divenuto capo del consiglio di governo ad interim, creato dopo l'invasione del 2003 guidata dagli statunitensi, ha criticato duramente la politica di Paul Bremer, ex capo dell'Autorita' Provvisoria di Coalizione, che ha contemplato la rimozione degli ex Ba'athiisti da posizioni di potere e lo smembramento dell'esercito di Saddam (senza prevedere una sostituzione dello stesso).

La situazione umanitaria peggiora ogni giorno, soprattutto a causa degli attacchi indiscriminati nelle città irachene, che colpiscono anche ospedali e personale medico, tanto da far scrivere ai medici dell'ovest dell'Iraq un appello per la loro difesa e quella del diritto internazionale. Lo stesso Primo Ministro Ibrahim al Jaafari è costretto a chiedere un'inchiesta sull'operato delle forze della coalizione, ammettendo l'alto numero di morti civili e ingiustificate che si verificano nel corso delle operazioni di "controllo e sicurezza". Ma la polizia e l'esercito iracheni sono addestrati dai militari della Coalizione tra cui anche gli italiani, che proprio pochi giorni fa hanno concluso il loro compito di addestramento di 5000 unità delle forze di sicurezza irachene.

A fine giugno le forze della Coalizione sono state condannate simbolicamente dal Tribunale Mondiale sull'Iraq (Wti), fondato da circa 200 Ong che si sono opposte alla guerra e all'occupazione di questo paese. Al termine di tre giorni di audizioni, il Tribunale ha raccomandato una "inchiesta esaustiva sui responsabili dei crimini di aggressione e contro l'umanità in Iraq. Il "giudizio" finale - che ha visto nella "giuria di coscienza" anche la scrittrice indiana Arundhati Roy - ha chiesto anche un "ritiro immediato e incondizionato di tutte le forze della coalizione dispiegate in Iraq". L'autrice de "Il Dio delle piccole cose", premiata con il Prix Booker nel 1997, ha però ammesso che questo non succederà "domani". Fino ad oggi il Wti ha avuto 20 sessioni attraverso il mondo, raggruppando circa 200 Ong - tra cui Greenpeace, l'associazione americana di reduci del Vietnam, Ex Combattenti per la Pace, l'organizzazione altermondialista europea Attac - e intellettuali come il linguista americano Noam Chomsky o il sociologo egiziano Samir Amin.

E in Italia, dopo gli attentati di Londra le reti del movimento contro la guerra promuovono un appello per una campagna di attivazione sul territorio nazionale. Il testo verrà usato in occasione delle iniziative di martedì 19 alle ore 11.00 alla stazione Termini e alle ore 12.30 di fronte a Palazzo di Montecitorio per continuare la pressione nella giornata in cui in Parlamento si discute il rifinanziamento alla missione militare in Iraq. Per sostenere la campagna verranno allestite entro fine mese manifesti e adesivi che possano essere utilizzati nelle feste estive. "Quattro anni di guerra condotta in nome della lotta al terrorismo, oltre a seminare distruzione, hanno aumentato in modo gigantesco l'insicurezza, la destabilizzazione, i pericoli in tutto il pianeta. Lungi dall'averli diminuiti, la guerra ha alimentato gli attacchi terroristici. Bisogna cambiare radicalmente strada, prima che sia troppo tardi.Sottrarsi al circolo vizioso nel quale guerra genera guerra e terrore è l'unica possibilità per garantire sicurezza a tutte e a tutti". [AT]

Altre fonti: Osservatorio Iraq

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