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Iraq: reazione pacifista all'inchiesta su Falluja
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Le reti del pacifismo italiano si attivano per chiedere verità e giustizia dopo l'inchiesta di Rainews24 sull'utilizzo del fosforo bianco nella battaglia che un anno fa ha portato alla conquista americana di Fallujah in Iraq. "Quanto chiaramente documentato per la prima volta da Sigfrido Ranucci esige l'indignazione e la ferma reazione di tutti. L'intero governo italiano e non solo il ministro della Difesa è chiamato dire cosa sa dei fatti, ad assumere una chiara posizione politica di condanna, a chiedere spiegazioni al governo americano e a promuovere l'avvio di un'inchiesta da parte delle Nazioni Unite che faccia piena luce sul massacro nascosto di Fallujah" commentano Flavio Lotti e Grazia Bellini entrambi coordinatori della Tavola della Pace. "Non basta dire che l'Italia non è responsabile di questi crimini. Troppo poco. Se davvero non vogliamo essere complici dobbiamo intervenire. La guerra pulita e intelligente esiste solo nella propaganda dei signori della guerra. La guerra è un "omicidio di massa" e in Iraq non è affatto finita. Per questo se l'Italia non vuole essere corresponsabile deve dire basta alla guerra, ritirare le sue truppe e investire le sue migliori energie per portare aiuto concreto alle popolazioni, difendere i diritti umani e ridare spazio alla politica".
Una presa di posizione che rilancia la partecipazione alle manifestazioni di protesta indette da numerose organizzazioni per lunedì 14 novembre a Roma e martedì 15 a Milano davanti all'Ambasciata e al Consolato americano. Una rete di adesioni che va dall'Arci ai Beati i Costruttori Di Pace, dalle Donne in Nero ad Attac, da Rete Lilliput - Nodo di Roma a Un Ponte Per. E proprio dal sito dell'organizzazione che tanto ha lavorato in Iraq parte l'appello alla partecipazione: "Quante altre immagini dovremo vedere prima che ci si ricordi cosa è la guerra? Qualcuno seriamente ha pensato che fosse qualcosa di diverso da quello che abbiamo visto in questi giorni? Come per le torture nel carcere di Abu Ghraib nessuno credeva alle organizzazioni irachene per la difesa dei diritti umani che denunciavano il comportamento dell'esercito Usa, così per l'uso di armi chimiche negli assalti alle città le denunce più volte fatte dai cittadini di Falluja hanno avuto bisogno di essere avvalorate dalla parola di un soldato statunitense e mostrate in Tv".
Intanto le Tv in tutto il mondo stanno presentando l'inchiesta prodotta da Rainews24. Su Democracy now! viene riportato il confronto diretto tra Maurizio Torrealta, co-produttore dell'inchiesta oltre che caporedattore dell'emittente, e il tenente colonnello Steve Boylan, portavoce delle forze armate Usa in Iraq che esce con dichiarazioni pesanti: "Gli elementi che ho sentito equivalgono a propaganda, falsità e voci. Per fare riferimento ad alcune, definiscono il fosforo bianco una arma illegale. E questo è un errore. E' una arma perfettamente legale da utilizzare, secondo tutte le convenzioni della guerra terrestre. Il soldato che sta affermando che si tratta di una arma chimica e illegale sbaglia, come sono errate le sue affermazioni secondo le quali alcuni elementi stavano aspettando le elezioni e tutti gli altri tipi di cose su quando ci sarebbero dovuti essere gli attacchi".
La risposta di Torrealta chiarisce subito: "Gli Stati Uniti, come il Regno Unito e l'Italia, hanno firmato la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche. E la convenzione definisce con esattezza che ciò che rende proibito un agente, un agente chimico, non è l'agente chimico in sè. Perché, come ha detto il tenente,il fosforo bianco può essere utilizzato per illuminare la scena di una battaglia.E in quel caso, è acceptabile. Ma ciò che rende un agente chimico proibito è l'utilizzo che se ne fa. Se si utilizza il fosforo bianco per uccidere le persone, per bruciarle e soffocarle - persone e animali - anche gli animali dice la convenzione che tutti abbiamo firmato, Italia, Stati Uniti e Regno Unito, questo è un agente chimico vietato".
Il documentario di RaiNews24 conferma visivamente quello che ha visto a Falluja Javier Couso, fratello di José, il cameraman di Tele5 assassinato a Baghdad dagli statunitensi. Javier ha raccolto eccezionali testimonianze sull'uso di armi chimiche e sulla sistematica violazione di diritti umani nella città martire dove 50.000 civili avrebbero trovato la morte sotto le bombe e i rastrellamenti statunitensi. "Non è stato facile entrare -la sua visita risale allo scorso aprile- ma eravamo talmente determinati che ci siamo riusciti. Portavamo materiale sanitario. Ancora oggi si combatte in città e anche in nostra presenza cadde un marine. Tutte le case, tutte le moschee sono distrutte", racconta. Dappertutto Javier Couso ha raccolto testimonianze sull'evidenza dell'uso di armi chimiche, napalm, fosforo e sulle strane malattie che stanno dilagando nella città: "Il quartiere di Jolan è distrutto al 95%. Ma non è distrutto in maniera normale. La pietra si è sbriciolata, trasformandosi non in macerie ma in sabbia. Non so che tipo di esplosivo di enorme potenza possa essere stato usato. Tutti parlano di armi chimiche, di persone praticamente consumate e soprattutto delle malattie che colpiscono i sopravvissuti".Qui la testimonianza di Javier Couso si fa se possibile più cruda: "Per almeno otto giorni, mentre la città veniva coventrizzata, in nessun ospedale, in nessun ambulatorio, in nessun centro medico è stato permesso che affluisse un solo ferito. Questo testimonia che tutti i feriti hanno ricevuto il colpo di grazia o sono stati lasciati morire dissanguati". [AT]
Altre fonti: Osservatorio Iraq