Iraq: mano italiana nelle torture Abu Ghraib

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I mezzi di informazione tornano a parlare delle torture avvenute nel carcere di Abu Ghraib grazie all'intervista esclusiva realizzata da Sigfrido Ranucci e Maurizio Torrealta di Rainews24 ad Ali Shalal al Kaisi, l'uomo incappucciato, la cui foto ha fatto il giro del mondo. Al Kaisi è stato raggiunto ad Amman, in Giordania, mentre seguiva un corso per "Non violent action for Iraqi", tenuto da alcune Ong europee, in qualità di fondatore dell'Associazione delle vittime delle prigioni americane. Per la prima volta Ali Shalal al Kaisi racconta le terribili torture a cui e' stato sottoposto nel carcere iracheno.

"Ogni volta che usavano gli elettrodi - è l'agghiacciante racconto - sentivo gli occhi che fuoriuscivano dalle orbite. Una scossa e' stata talmente forte che mi sono morso la lingua e ho cominciato a sanguinare. Sono quasi svenuto. Hanno chiamato un dottore, che ha aperto la mia bocca con gli stivali, ha visto che il sangue non veniva dallo stomaco ma dalla lingua e ha detto: continuate pure", ricorda Ali, che, mostrando la sua mano deturpata, aggiunge: "Con gli stivali calpestavano continuamente la mia mano ferita".

Tra le testimonianze da lui raccolte anche quella di un ex diplomatico iracheno, Haitham Abu Ghaith, secondo il quale, come racconta Al Kaisi nell'intervista a Rai News 24, a condurre i tremendi interrogatori dei prigionieri c'erano anche contractors italiani ingaggiati da ditte americane. Ma Ali Shalal el Kaissi non perdona ai nostri connazionali di aver trafugato soldi e reperti archeologici. "Noi amiamo il popolo italiano, conosciamo la differenza tra la popolazione civile e chi compie questi gesti, ma questo non ci impedisce di denunciare cosa facevano gli italiani. Il messaggio che voglio dare al popolo italiano e' che in Irak la situazione non e'assolutamente migliorata, nulla e' stato ricostruito".

Il governo, secondo il premier Berlusconi, non era al corrente di nulla, se poi c'era qualche mercenario il problema non riguarderebbe a suo dire il nostro governo. Sulle dichiarazioni interviene il senatore Francesco Martone, segretario della commissione diritti umani, che ricorda a Berlusconi la "Convenzione internazionale contro il reclutamento di mercenari", attualmente ratificata da 25 stati, tra cui l'Italia, che ha posto la sua firma nel 1995 durante il suo primo governo.

Secondo il parlamentare di Rifondazione la vicenda dovrebbe interessare molto sia il suo governo che la magistratura. "Berlusconi, con la sua dichiarazione fa finalmente luce, forse inconsapevolmente, sul vero mestiere del contractor, che è quello del mercenario né più e né meno. Il governo avrebbe dovuto da tempo prevedere delle normative che regolassero le attività delle compagnie di sicurezza private italiane ed evitare che alcune di esse potessero diventare centri di reclutamento per persone che in realtà sono mercenari a tutti gli effetti."

Secondo un rapporto dell'organizzazione umanitaria Human rights first - reso pubblico il 22 febbario a New York - sono 98 i prigionieri morti sotto custodia americana in Iraq e Afghanistan a partire dal 2002, di cui almeno 34 sono considerate omicidi "causati intenzionalmente o per comportamento imprudente". Altri undici casi sono considerati sospetti, e fra gli otto e i dodici prigionieri sono stati torturati a morte. Il rapporto è stato realizzato con dati provenienti da fonti ufficiali americane.

Intanto in Iraq, con la bomba alla cupola d'oro di uno dei più venerati mausolei sciiti in Iraq, quello di Askariya a Samarra è andata in frantumi anche la speranza di un dialogo tra le diverse etnie e ora si sta sciovando verso la guerra civile. I sunniti del Fronte dell'accordo iracheno hanno deciso oggi di sospendere i negoziati sul nuovo governo. Solo l'altro ieri era stata annunciata la Conferenza di riconciliazione tra i politici iracheni, patrocinata dalla Lega araba che è fissata a Baghdad nella prima settimana di giugno. "Non riusciranno a scatenare una guerra civile, come non ci sono riusciti in passato" ha detto il capo sciita della sicurezza nazionale Mowaffaq al-Rubaie, subito dopo l'attacco alla mosche di Samarra alla Tv al-Arabiya, lanciando un appello alla calma, il capo della sicurezza nazionale Mowaffaq al-Rubaie, sciita, che lanciando un appello alla calma ha poi dato la colpa dell'attentato alla moschea di Samarra a militanti ispirati da al-Qaida. [AT]

Altre fonti : Osservatorio Iraq, Rai News 24, Human rights first

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