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India: Shanti Ashram per la pace
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La prima cosa che colpisce è il suo sorriso. E subito, quando la incontri e la stai ad ascoltare per un po', ti viene voglia di sapere qualcosa in più di lei, della sua vita, del suo lavoro. Kezevino Aram - "ma gli amici, ci tiene a dire, mi chiamano Vinu" - è pediatra e direttrice dello Shanti Ashram dal gennaio 2001; convinta gandhiana, è anche membro del Comitato Esecutivo della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace.
Avvolta in uno splendido sahri di seta ha partecipato, nell'ambito della manifestazione "Asia: QuestAltroMondo", assieme a Chea Vannath (cambogiana), a Meera Bhattarai (nepalese) e a Maria (birmana), alla conferenza "Asia: oltre la paura. Partecipazione, diritti, riconciliazione" organizzata in occasione del World Social Agenda 2006 presso la Sala della Cooperazione. Successivamente ha dialogato con gli studenti nell'incontro "10 libri, 100 lettori, 1000 diverse Asie" durante il quale 200 ragazzi delle scuole superiori trentine si sono ritrovati a raccontarsi 10 libri sul continente asiatico. Ed è lì che abbiamo potuto intervistarla.
Cresciuta in un'India ancora piena di contraddizioni, ma sempre più decisa a migliorare la condizione sociale (Kezevino ha ricordato agli studenti che grazie agli investimenti nel campo della sanità, dell'istruzione e dello sviluppo in genere l'aspettativa di vita per le donne è raddoppiata negli ultimi 50 anni, passando da 32 a 64 anni) Kezevino rappresenta l'immagine di una donna che ha scelto di impegnare tutta la propria vita per il riscatto dei più deboli.
Kezevino Aram, sei direttrice dello Shanti Ashram dal gennaio 2001. Quando è nato e cos'è lo Shanti Ashram?
Si tratta di un'organizzazione gandhiana che è nata 20 anni fa, nel 1986, a Coimbatore, nello Stato indiano del Tamil Nadu, e si basa sul principio del Sarvodaya, del "bene di tutti", del "progresso per tutti". Ci concentriamo soprattutto sullo sviluppo rurale, sullo sviluppo dei villaggi. I programmi riguardano otto aree di azione, come ad esempio l'istruzione dei bambini, la salute comunitaria, lo sviluppo delle donne, il lavoro con il governo locale, la leadership giovanile, la micro-finanza, le attività editoriali e di ricerca. Coordiniamo oltre 25 programmi e progetti che coinvolgono più di 120.000 persone.
Siamo interrotti da una ragazza indiana adottata da famiglia italiana che chiede a Vinu di parlarle dell'India, del paese e della cultura: è un incontro intensissimo, pieno della nostalgia per un mondo e per una cultura a cui sente di appartenere, ma che non è ancora riuscita a conoscere. Quando la ragazza la lascia, Kezevino commenta:"dovunque ci si trovi, sia in India che in Italia, i giovani hanno sempre un'energia particolare e molto forte". Diventa così inevitabile chiederle cosa ne pensi delle adozioni e in particolare delle adozioni internazionali.
Credo che il posto migliore per un bambino sia una casa, una famiglia. Sarebbe il posto naturale per lui. Ma ci sono però situazioni dove l'unità originaria non è più possibile: allora la seconda scelta migliore per un bambino è un'altra famiglia. Io penso così. E se penso alla legge, all'assistenza legale e allo screening, ci sono molti modi in cui viene assicurata una buona famiglia per un bambino adottato e solo molto, molto raramente, se questo non è possibile, si ricorre alle istituzioni. Ma io penso che sia molto difficile accettare il fatto che un bambino debba vivere in un istituto. Dovrebbe essere solo una situazione transitoria. Il posto dei bambini è in una famiglia o in una famiglia adottiva.
Anche se straniera?
Credo che i valori di base della cura, dell'amore, della compassione siano universali. Prendi ad esempio un'altra ragazza che mi ha avvicinato dopo l'incontro con gli studenti: credo che sia perché riconosce che ci sono dimensioni universali che riguardano la vita umana. Io sono una persona semplice ma porto con me la mia cultura, questo privilegio di essere indiana: ma le diversità non cancellano queste dimensioni universali. Dobbiamo festeggiare le diversità: il linguaggio, la religione, il cibo, lo sport⅀ tutte le particolarità.
Guardando la ragazza che ha parlato con te si percepiva la nostalgia per un mondo che le appartiene ma che non conosce⅀
Sono stata avvicinata da tre ragazze asiatiche dopo l'incontro con gli studenti. La prima ha dell'India una visione molto romantica. Romantica anche se molto profonda. Era commossa ed anche io mi sono commossa⅀ La seconda era una ragazza Pakistana. Ho riconosciuto che avevamo un'identità in comune. Portavamo lo stesso abito, siamo della stessa regione geografica e ci siamo riconosciute. Io volevo salutarla e così lei. È un legame molto profondo di identità.
Poi questa ultima ragazza. L'ho vista e stavo cercando di capire se era originaria delle mie parti, e lei guardava me e pensava: "Lei è dalle mie parti".
Sono tre modi diversi di collegarsi accaduti qui, in questa occasione, adesso⅀ è una cosa davvero speciale.
Quali sono le condizioni dei bambini con cui lavorate?
Lavoro per lo più in zone rurali. Stiamo quindi parlando di necessità di base. Dobbiamo assicurarci che vadano a scuola, e ora nel Sud dell'India è quasi una cosa automatica, ma vogliamo anche che rimangano a scuola. Poi forniamo cibo ad alto valore nutritivo, seguiamo il problema della salute, cerchiamo di migliorare le loro condizioni di vita. In quanto medico so anche che è il momento in cui il loro cervello e la loro personalità si stanno sviluppando e quindi accanto ai bisogni di base creiamo anche delle opportunità per delle esperienze che di solito non avrebbero la possibilità di fare in una famiglia normale. Ad esempio durante l'estate l'Ashram organizza campi ed esperienze diverse per i bambini con attività di vario tipo: computer, musica, danza, giochi. I bambini arrivano ogni mattina e sono così coinvolti che se le attività iniziano alle 9.30 loro alle 8.00 sono già lì⅀ Perché credo che si godano la vita. Questo avviene nelle zone urbane dell'India come a Roma. Il problema è che spesso tutte le cose sono già pronte e vengono date loro. Quello che ci tengo a sottolineare è che nelle città il vicinato è un po' povero, invece all'interno dei villaggi ci possono essere sì delle unità isolate, ma è un'altra realtà. Per questo all'interno dell'Ashram cerchiamo di stimolare i bambini ad avere entrambe le esperienze. Non per farli sentire in colpa, ma per dare un senso di responsabilità a loro che sono dei privilegiati.
Lavorate anche con organizzazioni internazionali?
Sì. Credo che gran parte del lavoro nei villaggi sia proprio il lavoro di base. Ma con il mio team ci prendiamo un po' di tempo per capire cosa impariamo da questo lavoro, dal lavoro accademico, dall'analisi dei programmi governativi, per l'organizzazione di programmi speciali per i bambini. Questo è importante perché mentre agiamo a livello locale dobbiamo essere in grado di pensare a livello nazionale ed internazionale: e l'Unicef mi dà la possibilità di fare questo.
E le condizioni della donna? Riesce una donna a sposarsi e lavorare? E quali lavori riesce a fare?
È una questione sulla quale stiamo riflettendo da molto tempo. Posso rispondere provando a dire alcuni dei problemi che abbiamo avuto come donne in India. Nella cultura indiana in genere i ragazzi sono più apprezzati delle ragazze. Forse anche per il sistema dei matrimoni, che costringono le famiglie della sposa a spendere molto denaro per la dote. Per la verità mi sembra che anche nella situazione occidentale gli uomini continuino ad essere considerati un po' più importanti delle donne⅀ Comunque in India, come accennato, in molti casi una figlia è vissuta come una preoccupazione. Qui esiste veramente un problema, che gli studiosi definiscono "il problema dei sessi". Secondo gli studi demografici ogni mille ragazzi ci sono normalmente un po' di più di mille ragazze. Ma da cento anni a questa parte abbiamo in India meno ragazze che ragazzi. Questo non è accidentale: la cultura, il lavoro duro, la mancanza di riposo, le condizioni complessive di vita hanno inciso fino ad oggi. Ma come sta accadendo per le caste, il cui sistema oggi è sempre più spesso oggetto di critica da parte dei giovani, così credo che anche per la condizione della donna stiamo facendo dei passi avanti, sul piano dell'istruzione, del lavoro e anche su quello politico: non si deve dimenticare che in India, diversamente da molti altri Paesi, le donne e gli uomini hanno ottenuto il diritto di voto nello stesso momento. E che nel parlamento un terzo dei seggi è riservato alle donne⅀
Sei uno dei membri del Comitato esecutivo della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace: quali sono le attività che promuovete?
Credo che il mondo odierno, se vuole svilupparsi, deve tenere conto anche della dimensione spirituale, perché le religioni hanno dei valori, delle leadership, hanno una storia, hanno delle organizzazioni e hanno anche delle risorse. Ma se vogliamo coinvolgerle all'interno della società civile dobbiamo costruire dei ponti. Quindi la Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace è un ponte tra comunità religiose diverse, fra i leaders ma anche fra le comunità, per capire come la nostra motivazione personale ci possa aiutare anche nel nostro lavoro. Una parte importante della Conferenza Mondiale è quella di unire i giovani. Quando ho visto gli studenti che presentavano i libri sull'Asia ho pensato che questo è anche un esercizio etico, per conoscere l'altro.
Durante l'estate i giovani che aderiscono al progetto delle religioni per la pace nella mia città hanno un programma molto interessante che mi piace molto. Si chiama "Il viaggio della pace". Cinquanta o sessanta ragazzi si incontrano al mattino e si recano in vari luoghi di culto. Nella mia città ci sono rappresentate sette religioni diverse e quindi vanno lì, ascoltano, osservano⅀ tutto in una giornata. Io ho chiesto: "Perché lo fate?" Mi hanno risposto: "Perché vogliamo conoscere chi c'è nella nostra città". La seconda cosa che fanno a Natale e capodanno è vendere bigliettini. Con i soldi che ricavano finanziano le borse di studio per i bambini dei villaggi e i progetti per l'istruzione. È una cosa semplice ma per loro è molto importante perché non dicono che vogliono fare del bene, ma lo fanno. E questo grazie alla Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace.
Chiudiamo con una speranza: ha un futuro la prospettiva nonviolenta di Gandhi nella politica internazionale di oggi?
Credo veramente di sì! Ogni generazione festeggia i propri leaders a suo modo e sono certa che la voce della nonviolenza si stia di nuovo rafforzando. Forse in forme diverse, ma credo che le idee di Gandhi siano ancora molto importanti per oggi. Ogni volta che rileggo i suoi scritti vedo che le idee sono ancora attuali e quindi, come altri, dà un grande contributo ad un pensiero più ampio di nonviolenza. Per me è una delle voci più importanti nella storia dell'umanità.
di Alberto Conci