In mensa la dieta è vegana

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Nella gran parte delle scuole e delle università italiane seguire una dieta vegetariana o vegana non è la norma, è una richiesta speciale. Una cosa eccezionale da segnalare esplicitamente o da richiedere di volta in volta come un favore, un contentino di un giorno a settimana quando va bene. Ma a Cambridge, in una delle più famose istituzioni formative britanniche, sono stati gli studenti stessi a votare per menù al 100% vegani. Sono dunque impazziti?

Facciamo un passo indietro: allevamenti intensivi e agricoltura pesantemente industrializzata e di larga scala pesano per oltre 1/3 delle emissioni di anidride carbonica, tra le principali cause alla base delle gravi ricadute sulle condizioni climatiche sempre più fragili che stiamo attraversando – e contribuendo a creare. Il consumo di carni derivanti da produzione intensiva è tra le attività più impattanti per il Pianeta, con un’impronta ecologica estremamente pesante. Nel prestigioso ateneo del Regno Unito questi fattori non sono evidentemente dominio di pochi, ma sono noti alla maggior parte degli studenti che, consapevoli dell’altissimo impatto ambientale che il consumo di carne industriale e più in generale le scelte alimentari di ciascuno hanno sulla Terra, hanno scelto di orientare i menù delle mense universitarie a scelte vegane. Esito di una consultazione in seno al sindacato studentesco, la rimozione degli alimenti di origine animale è stata votata dal 72% dei rappresentanti degli studenti, con l’intenzione di fornire una risposta concreta non solo alla crisi climatica, ma anche a quella che riguarda la biodiversità.

Una scelta non ancora adottata nella pratica perché a carico di chi gestisce i servizi di ristorazione, ma che dovrà essere di necessità considerata viste le indicazioni e le preferenze espresse dagli studenti, maggiori frequentatori delle mense. Un ulteriore passo avanti che segue quelli già compiuti anni fa, quando dai menù sono state tolte le carni di manzo e agnello, primi segnali di un’attenzione che via via è andata crescendo verso una politica alimentare sostenibile che promuova attivamente azioni concrete e migliorative per contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità.

E l’Italia, a che punto è? Eh, diciamo che si muove nella giusta direzione, ma arrancando con un ritmo che non sta proprio al passo con l’urgenza necessaria che richiede la questione. Uno dei piccoli passi compiuti è quello promosso da MenoPerPiù, progetto di Essere Animali che opera proprio a favore della diffusione di una nuova cultura e di nuove abitudini che riguardano la pausa pranzo nelle istituzioni scolastiche. Nell’autunno 2022, per esempio, hanno coinvolto le università italiane perché almeno il 50% dei menù sia vegetale, richiesta che nasce dagli studenti, sempre più sensibili rispetto alle questioni ambientali. E che prende spunto da altre università europee, come per esempio quella di Berlino, le cui mense propongono al 96% menù vegetali. Il DSU, azienda della Regione Toscana per Diritto allo Studio Universitario, ha per esempio optato per tutti i contorni e 1 primo e 1 secondo su 3 a base 100% vegetale. 

Le iniziative si moltiplicano, come per esempio quella promossa con la recente Green Food Week, con la quale si è puntato a sensibilizzare le mense italiane al potenziamento di un’offerta più sostenibile.

Sono scelte importanti, non scontate ma necessarie: da un lato occorre lungimiranza e visione che tenga conto del vantaggio economico e ambientale, dall’altro serve altrettanto coraggio per sfatare miti senza fondamento e abitudini che radicano in decenni di cultura consumistica e disattenta, non solo a una scienza della nutrizione sana e salutare, ma anche alle conseguenze di ampio respiro che una dieta a prevalenza non vegetale comporta. Perché non si tratta solo di introdurre diete vegetariane o vegane: occorre supportare la diffusione di prodotti biologici, a filiera corta e locale, con maggiore presenza di legumi e cereali dimenticati o antichi, con menù che si adeguino alla stagionalità della produzione e alla disponibilità di prodotti del territorio.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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