Immigrazione: critiche MSF e Caritas sullo 'stato di emergenza'

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Medici Senza Frontiere esprime "profonda preoccupazione" per la decisione del Governo italiano di estendere lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per l'"eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari". "Il fenomeno dell'immigrazione in Italia è sostanzialmente invariato negli ultimi anni, non capiamo quale sia l'"eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari" di cui parla il Governo, quando il trend degli arrivi è sostanzialmente prevedibile nella sua stagionalità e questo consentirebbe di pianificare al meglio strategie di accoglienza adeguate" - riporta il comunicato di MSF Italia.

"È sorprendente parlare di stato di emergenza in un paese del G8 che ad oggi non ha attuato politiche di accoglienza appropriate per nemmeno la metà dei 14mila richiedenti asilo che hanno inoltrato la domanda nel 2007" - commenta Loris de Filippi di MSF Italia. "Si tratta per lo più di popolazioni vulnerabili in fuga da guerre, carestie e malnutrizione". MSF che è presente a Lampedusa dal 2002 ha registrato che, solo nel primo semestre del 2008, il 40% degli immigrati sbarcati sull'isola proveniva dal Corno d'Africa e quindi soprattutto da aree in guerra. "Basti ricordare che nel 2007 sono giunti 892 somali e ben 2556 nei primi sei mesi del 2008, si tratta dunque di potenziali richiedenti asilo" - segnala MSF. "Al di là di quali saranno gli strumenti per gestire lo stato di emergenza, la sensazione è che in Italia si continui a trattare il fenomeno dell'immigrazione soprattutto in un'ottica repressiva ed emergenziale" - conclude la nota di MSF che chiede, nel rispetto delle normative comunitarie, standard minimi di accoglienza per tutti gli immigrati che arrivano sul suolo italiano.

Critica anche la Caritas: "Se è una chiamata a una collaborazione maggiore delle istituzioni, è una cosa buona ed è più che doveroso. Se invece si tratta nuovamente di un utilizzo della situazione per creare un ulteriore spauracchio o quasi un voler montare la cosa per impaurire la popolazione allora diciamo no. Dobbiamo evitare queste cose" - ha commentato monsignor Vittorio Nozza, direttore nazionale della Caritas.

La critica si somma a quella espressa nei giorni scorsi dalle Acli, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Comunità di S.Egidio e Centro Astalli su diversi aspetti della gestione dell'immigrazione da parte del Governo. Si tratta di "previsioni legislative che creano restrizioni, ostacoli, barriere all'ingresso e al soggiorno proprio di quei cittadini stranieri che si presentano in condizione di particolare vulnerabilità o che intendano ricostituire in Italia l'unità della loro famiglia" - denuncia il documento congiunto delle associazioni cattoliche.

Dopo le forti perplessità già espresse in occasione della presentazione del cosiddetto 'pacchetto sicurezza', le associazioni tornano a chiedere di "rivedere l'impostazione generale di queste previsioni in modo da garantire l'unità della famiglia anche in migrazione, spesso fondamentale anche in termini di sicurezza".

"Il quadro che si delinea va invece in senso contrario - denunciano le associazioni cattoliche - con condizioni estremamente restrittive per il ricongiungimento del coniuge, dei figli maggiorenni e dei genitori a carico e con l'introduzione dell'esame del Dna per accertare la parentela, con spese a carico del richiedente. Inoltre, nei pareri delle commissioni parlamentari, si invita il Governo ad introdurre un ulteriore limite ai ricongiungimenti, basato sul reddito, non più ancorato ad un criterio di progressione, ma al numero dei soggetti da ricongiungere". "Per quanto riguarda invece i richiedenti asilo, si ribadisce che la necessità di dare segnali rassicuranti al paese non può andare a discapito di chi è in condizioni di particolare vulnerabilità. Non pare sensato procedere a modifiche del D. Lgs n. 25/2008, che ha recepito una direttiva europea sui rifugiati e richiedenti asilo e la cui efficacia non è stata neppure ancora sperimentata".

"Destano infine preoccupazione - segnalano le associazioni - anche le restrizioni proposte al soggiorno dei cittadini comunitari che di fatto ripristinano la situazione precedente all'ingresso nell'Unione. Se è vero che spetta al mondo politico legiferare in questa materia, è altrettanto vero che la Chiesa e gli organismi che ad essa si ispirano hanno il dovere di fare appello alla coscienza pubblica e a quanti hanno autorità nella vita sociale, economica e politica, affinché vengano tutelati i soggetti più vulnerabili" - conclude la nota delle associazioni cattoliche. [GB]

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