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Il valore delle Resistenze
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Il 25 aprile 1945 è un simbolo: in quella data, il CLNAI – Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclamò l’insurrezione contro il “giogo Nazifascista”, come tramandano - riprendendo la retorica tipica di quegli anni - i libri di storia. Il nostro paese era in ginocchio, martoriato da cinque anni di guerra mondiale e da due di guerra civile, spaccato in due tronconi lacerati senza governi stabili e senza nemmeno una parvenza di ordine sociale. E mentre l’esercito degli Stati Uniti risalendo da Sud liberava una a una le città della Penisola, i tedeschi si ritiravano, ovvero scappavano, lasciandosi dietro una scia di sangue che ancora oggi non si è completamente asciugata: basti su tutto evocare i fatti di Sant’Anna di Stazzema.
Sul palco di questo triste teatro alle ore 8 del 25 aprile venne proclamata l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai tedeschi e dai loro alleati e venne dato ordine a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia di attaccare i presidi nemici e pretenderne la resa. Nei successivi dieci giorni, entro il primo Maggio, tutta l’Italia settentrionale fu liberata. Il giorno 28 aprile il CLNAI fece fucilare Mussolini e il 29 a Caserta i tedeschi e gli Italiani aderenti alla Repubblica di Salò firmarono la resa incondizionata. La Resistenza e i suoi ideali avevano vinto! Sicuri? Purtroppo questa convinzione durò poco e accese degli interrogativi e delle polemiche che nemmeno nel 2015 cessano di divampare: in una nazione divisa in due dalla guerra civile, solo i partigiani avevano combattuto ed erano morti per la Patria? Non avevano fatto altrettanto i coscritti di Salò, spesso obbligati da Regime fantoccio ad arruolarsi tra le file della Wehrmacht italiana agli ordini dei tedeschi? Non erano forse essi stessi ragazzi di venti anni periti nella convinzione di stare servendo una giusta causa? Nessuno seppe mai rispondere con chiarezza e anzi le cose vennero ulteriormente complicate quando i vincitori cominciarono a litigare per decidere quali fazioni avessero meglio incarnato gli ideali di libertà: erano stati più partigiani - e quindi più italiani e liberatori - i socialisti? o i comunisti? o i cattolici? e via discorrendo…
Questi atteggiamenti certo non aiutarono il tentativo di fare dell’Anniversario della Liberazione d’Italia una festa nazionale sentita come propria da tutti gli italiani. Fu davvero un peccato come ebbe anche a ricordare Sandro Pertini, Presidente amatissimo della Repubblica, partigiano e membro del CLNAI nel 1965 “Desidero, tuttavia, rinnovare una fraterna esortazione a chi ha partecipato alla Resistenza e cioè di non pesare con la bilancia d’un mercante quanto in essa hanno fatto gli uni e quanto gli altri. Se si aspira, come aspiro io, alla unità di tutti gli ex partigiani sarebbe molto più utile ed aggiungo molto più nobile considerarci tutti, senza alcuna discriminazione sui meriti e sui demeriti, egualmente partecipi di quella lotta di cui ricorre il ventennale. Partecipi sullo stesso piano anche con i nostri errori ed eccessi, commessi, però, sempre in buona fede e con animo retto. Solo in questo modo riusciremo a far sì che il secondo risorgimento venga considerato dall’intero popolo italiano come suo patrimonio politico e morale da custodire e da difendere sempre. E questo per me è quello che conta.”
Oggi quella primavera di settanta anni fa sembra a molte giovani generazioni uno sbiadito ricordo, un’occasione in cui anziani reduci si incontrano per abitudine. Non è assolutamente così. Credo siano tante le similitudini, fatti i dovuti distinguo epocali, che permettano di accostare il 1945 italiano e europeo al 2010 o al 2011 africano e arabo. Già, le primavere arabe, termine – modaiolo e di pura invenzione giornalistica occidentale - usato per connotare alcune sollevazioni e sommosse verificatesi in paesi come la Libia, l’Egitto, la Siria, la Tunisia, tanto per citare i più seguiti mediaticamente. Ma è bene ricordare che il fenomeno di resistenza ai regimi militari o semidittatoriali di quella porzione di mondo ha interessato anche l’Algeria, il Bahrein, l’Iraq, lo Yemen, la Giordania, l’Oman, il Sudan, il Kuwait, il Marocco e anche la Somalia e Gibuti. Il risultato, almeno per il momento, è l’opposto di quello auspicato, con scenari mutati velocemente e passati da una possibile emersione della democrazia, fantasticamente rappresentata dalle manifestazioni spontanee organizzate da giovani e comitati studenteschi, a veri e propri scenari di guerra, dove le lotte di potere dei vari potentati islamici, a volte camuffati da ribelli moderati ma in realtà terroristi, continuano senza sosta, spesso rinfocolate dall’appoggio fazioso e interessato dell’occidente o di alcuni paesi arabi impegnati nei conflitti per motivi di convinzione politica o religiosa. E allora, in un momento in cui la pace e gli ideali di giustizia, uguaglianza e libertà sembrano avere la peggio, schiacciati sotto il peso della parola ISIS, divenuta l’universale spauracchio occidentale per rappresentare tutto ciò che è diverso e quindi fa paura e va tenuto lontano, ecco che parlare di resistenza e della sua attualità ai giorni nostri torna ad avere senso pieno.
Non è possibile vivere e progettare il domani se non si ha memoria di ciò che è stato. Ne sono certamente consapevoli gli ideatori del sito Piattaforma delle resistenze contemporanee che giustamente è definito come “un grande progetto culturale che ha come obiettivo l'attivazione di una serie di percorsi e iniziative volte a sensibilizzare la collettività sui temi della memoria e della cittadinanza attiva. Rappresenta un luogo privilegiato per riflettere e confrontarsi sul significato di “resistenza”, quella del passato ma soprattutto quella del presente, allo scopo di riuscire a capire che cosa significa oggi resistere e dunque quali sono le forme di resistenza contemporanea.” Un modo di entrare con forza e curiosità nelle dinamiche evolutive della società contemporanea, ricordando che, nel profondo, l’essere umano è fatto per capire, ragionare e risolvere i conflitti, vivendo in pace con i propri simili.
“Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza.” Firenze 1300, Milano 1945, Ben Arous 2011…e la Resistenza continua…