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Il padiglione dell’Angola conquista Expo
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Architetta di fama mondiale già a 34 anni. Dietro uno dei padiglioni più soprendenti e riusciti di Expo, quello dell’Angola, c’è Paula Nascimento, angolana, un esempio di “cervello di ritorno”. Nata a Luanda, ha vissuto, studiato e lavorato per vent’anni fuori dal suo Paese, soprattutto a Londra, per poi scegliere di tornarvi. Il motivo? “Professionale”, dice in modo asciutto. “Le città africane sono una sfida molto interessante oggi per chi si occupa di architettura”. E poi ammette: “A Luanda avverto di più l’impatto del mio lavoro, sento che quello che faccio lì è più rilevante”.
È una ragazza minuta Paula, parla con un tono per nulla enfatico eppure sicuro. Stona fra le personalità che si susseguono sul palcoscenico di Expo 2015. In Italia il suo non è un debutto. Alla Biennale d’arte di Venezia ha firmato insieme all’italiano Stefano Pansera il progetto che è valso al padiglione dell’Angola niente meno che il Leone d’Oro. Anche ad Expo ha già ricevuto una menzione speciale nell’ambito dell’ArcVisione Prize 2015, riconoscimento assegnato all’architettura femminile da Italcementi, quest’anno in collaborazione con We-Women for Expo.
Dentro il padiglione dell’Angola la sensazione è di essere proiettati nel futuro, per la carica di innovazione nell’interpretare il tema, un obiettivo per nulla scontato in Expo. Qui finalmente la scelta degli allestimenti è direttamente connessa ai significati: le cassette di frutta riciclate diventano cornici di schermi interattivi sui quali i visitatori possono affrontare le sfide dell’alimentazione, conoscere i prodotti agricoli, il cibo e le tradizioni culturali del Paese africano, che ha conosciuto un vero e proprio boom economico negli ultimi anni.
Tutti gli ambienti e i livelli del padiglione, che all’esterno ha la forma essenziale di un parallelepipedo intarsiato, si sviluppano a partire da un’istallazione che evoca un grande baobab – “albero importante e sacro in molti Paesi africani e in particolare in Angola”, spiega Paula. Dal tronco parlano in video donne angolane più o meno famose. C’è la donna d’affari Paula Chaves, la giocatrice di scacchi Valquiria Rocha. In un pannello interattivo le conquiste “femminili” a livello internazionale in diversi ambiti: dalla prima Miss Universo angolana, alla prima squadra di basket femminile a vincere la Coppa d’Africa. Donne che - in realtà non ci vuole molto - rompono gli stereotipi di un visitatore medio dell’Expo sull’Africa.
“È un’architettura che si sviluppa in verticale” spiega Paula. “Agli incroci dei concetti di nutrizione e sostenibilità interpretati nei quattro livelli del padiglione c’è la donna. Abbiamo voluto renderle un tributo, rispecchiando quello che accade nella realtà”. “Non c’entra molto il fatto che io sia una donna, è stata una scelta di tutta la squadra di cui faccio parte che ha lavorato alla progettazione” spiega Nascimento. Squadra in cui però è l’unica architetta. “È vero ma c’è anche una designer” dice ridendo, “e comunque non lo trovo rilevante, non ho mai avuto difficoltà nel mio lavoro per il fatto di essere una donna”. Altro stereotipo abbattuto?
Un altro riferimento fondamentale del padiglione è alla natura, e ovviamente al cibo, tema che si sviluppa nella sua estensione spaziale (dal cibo al piatto) e temporale (dalle tradizioni al futuro) nei quatto livelli del padiglione. Il futuro del padiglione? “Ancora non lo sappiamo perché non dipende da noi, ma l’abbiamo costruito in modo che sia interamente smontabile e ricostruibile. Tra le ipotesi quella secondo me più interessante è che sia trasportato in Angola per diventare un centro espositivo permanente nella capitale Luanda, un luogo fruibile dalle persone e in particolare dai giovani”.
Dopo Expo Paula Nascimento tornerà alla sua grande sfida: lavorare sulle città africane. Metropoli come Luanda, Lagos e Nairobi la cui popolazione cresce a ritmi impressionante, dove “i cambiamenti sono talmente veloci che fai in tempo a ideare una soluzione che la realtà è cambiata e il progetto rischia di essere già obsoleto”. Bisogna avere lo sguardo proiettato in avanti, per lavorare sulle città africane. Paula ne ha fatto un cantiere aperto, con uno studio permanente e multidisciplinare che si chiama Beyond entrophy Africa. “È un progetto che indaga sul futuro dell’architettura in connessione con la geopolitica in Africa. Lavoriamo per sviluppare idee e progetti per rispondere alle condizioni delle città ma lavorando dall’interno piuttosto che importando modelli dal di fuori”. Il team che realizza il progetto non ha un ufficio con indirizzo postale, è composto di persone che vivono chi a Londra, chi a Luanda, chi in Italia: “Siamo un gruppo di professionisti che si allarga o si restringe a seconda dei progetti e delle competenze necessarie”. Aria di futuro in Expo.
Emanuela Citterio

Giornalista professionista, si occupa in particolare di innovazione sociale, sostenibilità ambientale e terzo settore, cooperazione internazionale, Africa. Realizza progetti editoriali, di informazione, comunicazione e sensibilizzazione, sia in italiano che in inglese, in collaborazione con partners istituzionali e privati. È fondatrice di una campagna di advocacy sui temi della finanza sostenibile (www.sullafamenonsispecula.org). Ha viaggiato in una decina di Paesi africani