“Il loro problema è la democrazia”: l’autoritarismo spudorato delle monarchie del Golfo

Stampa

Non c’era dubbio: quella sera ad Abu Dhabi si preannunciava promettente. Nella luminosa e climatizzata sala conferenze di una università americana con sede negli Emirati del Golfo si stava svolgendo una discussione sulla Magna Carta. Al centro del tavolo sedeva una giovane donna degli Emirati, rappresentante della communità del business; e, ai suoi lati stavanodue anziani accademici, rispettivamente un inglese sulla sinistra e un americano sulla destra. Insieme, questi tre oratori stranamente assortiti si preparavano a discutere del significato della Magna Carta nel XXI secolo. Questo documento, elemento fondamentale del concetto di contro-potere, consiste nella serie di accordi tra Giovanni Senzaterra (il cattivo del “Robin Hood” della Disney) e i signori feudatari inglesi. Tasse contro consultazione dei signori, insomma, e limite alla “legge del re nei procedimenti giudiziari: la Magna Carta rappresenta la prima pietra dei limiti all’assolutismo.

Quella serata ad Abu Dhabi è stata effettivamente molto divertente. Ho imparato con mia grande sorpresa che non c’è una sola Magna Carta, ma ne esistono invece molteplici. Ho riso quando il professore inglese ha spiegato che Giovanni Senzaterra “era veramente una merda umana”. Tuttavia la cosa più importante non sono stati i discorsi accademici, ma la sessione di domande e risposte. Strano? Al contrario. Chi conosce il Medio Oriente sa che gli Emirati Arabi Uniti sono uno dei paesi più autoritari del mondo. Per contro, non è noto che gli Emirati accolgono università occidentali – New York University, la Sorbonne - creando delle specie di “bolle” della libertà accademica in cui si può parlare in modo quasi completamente libero. Ero curioso di sapere quale delle due, fra censura e libertà accademica, sarebbe risultata preponderante in tale evento. Alla fine non è rimasto alcun dubbio: il modo utilizzato per parlare di democrazia, sia in Occidente sia nel Golfo, ha prodotto un’appassionata discussione. Quel che mi ha sorpreso, però, è stata la critica, netta e senza giri di parole, portata contro questa forma di governo, fortemente deplorata al cospetto dell’ “l’autoritarismo spudorato” dei miei interlocutori.

Il problema della stabilità della democrazia

Nella sala dell’università si sveglia una donna. Sul momento, la sua domanda crea un certo disagio. Chiede: « In che misura la Magna Carta è utilizzata ad Abu Dhabi ? » Mentre i due specialisti universitari si guardono le scarpe, la moderatrice degli Emirati risponde : « in una certa misura, penso che la nostra constituzione si inspiri alla Magna Carta ».

Se l’imbarazzo della moderatrice è comprensibile nel contesto di un evento pubblico – l’ambasciatore inglese è presente – la Magna Carta – e più generalmente, la democrazia, non sono viste positivamente nel Golfo. Infatti, la democrazia non è (più) alla moda, mentre invece un concetto particolarmente importante per coloro che abitano ad Abu Dhabi è la stabilità. Che cosa sono gli emirati del Golfo – Abu Dhabi, Dubai, ma anche Qatar o Kuwait  - se non rifugi sicuri ? Rispetto alle rivoluzioni del mondo arabo e alla crisi persistente in Siria, chi capisce l’importanza della stabilità capisce l’attrattiva dei paesi del Golfo. I responsabili politici, i conducenti di taxi pakistani, i diplomatici europei, i professori americani, i turisti inglesi: tutti parlano di stabilità. Uno studente degli Emirati, andato in Inghilterra a studiare mi disse su Skype : « ti rendi conto ? tu sei ad Abu Dhabi, due ore di aereo dai conflitti più violenti del mondo – e tuttavia, sei sicuro ». Finite le speranze della « primavera araba », oggi è l’era del pragmatismo. In occasione di un’altra conferenza svoltasi nella stessa sala dell’università, un vecchio professore tedesco dirà a proposito della Siria che è meglio lavorare con dittatori stabili che con movimenti politici caotici. Pertanto le vecchie idee si rinnovano, anche sulle nuove scene accademiche del Golfo.

La stabilità di Abu Dhabi, in una regione tormentata, è considerata dalle persone incontrate come il successo di un potere forte e cauto. Nell’Ovest almeno a parole, odiamo i despoti. Ad Abu Dhabi, si celebra invece la «visione» dei leader, che hanno trasformato i loro paesi in pochi anni. Secondo le persone intervistate, l’intelligenza dei leader può fiorire al massimo nel contesto dell’autoritarismo. Due rappresentanti di un ente di beneficenza islamica mi spiegano la differenza tra l’efficacia di Abu Dhabi e la stagnazione del Kuwait: "la difficoltà per il Kuwait è il suo Parlamento. E’ un paese democratico dove tutto è discusso prima di qualsiasi decisione. Qui, il nostro leader ha la sua visione, e noi lo seguiamo ».

Il problema delle valore della democrazia

La stabilità, tuttavia, non è l’unico problema delle democrazie, come ho imparato dal commento ancora più sorprendente di un’altra persona in sala, un britannico presidente di un’associazione universitaria di grande prestigio. Riflettendo sulla Magna Carta e lo Stato di diritto, ha spiegato che esiste un’ipocrisia di fondo da parte dei paesi occidentali per quanto riguarda la democrazia. «Come può l’Occidente promuovere la democrazia quando allo stesso tempo pratica la tortura, il “ waterboarding” , chiede l’ oratore con il plauso della sala.

L’elegante « ruffiano » britannico mi sembra rappresentativo dell’indurimento degli abitanti del Golfo rispetto all’idea di democrazia. Criticare l’ipocrisia dei « diritti umani », rispetto alla violenza delle guerre, l’islamofobia delle potenze occidentali è comune ad Abu Dhabi e Doha, benché gli Americani stiano ancora garantendo la sicurezza terrestre e marittima dei piccoli Emirati. Nonostante le possibili contraddizioni in tali discorsi, è interessante vedere svilupparsi una opinione più critica dell’ Occidente. Come dimostra la conferenza sulla Magna Carta, anche nelle università « occidentali » di Abu Dhabi si parla in modo critico della democrazia. Ad esempio, c’è un corso alla New York University di Abu Dhabi sulla cinematografia pornografica francese, nella quale secondo il professore sono presentate le figure « arabe » come protagonisti soggetti all’ “Uomo Bianco”.

Più interessanti ancora sono le conseguenze – pura speculazione – che tali discorsi possono avere. Alcuni sostengono che sono iniziative vuote, strumenti funzionali per l’agenda del potere autoritario nel Golfo. A mio avviso, criticare l’Occidente significa avere la capacità di criticare. Perciò, chi può capire la barbarie del “waterboarding” a Guantanamo può capire anche le violazioni dei diritti umani a Doha. Chi ride delle lungaggini burocratiche italiane può ritrovarle anche quando prova a registrare la sua automobile ad Abu Dhabi… La discussione sulla Magna Carta è soltanto la punta dell’iceberg. Esiste infatti una specie di liberta di parola in questi paesi, almeno a livello accademico. Non solo nei campus occidentali, ma anche nell’università nazionale di Qatar, a Doha, si critica la politica dei trasporti, la mancanza di investimenti nei produtti di energia sostenibile, i limiti politici all’integrazione regionale del Consiglio di Cooperazione del Golfo. La linea rossa è semplice: non criticare direttamente la famiglia reale. Per contro, la prossimità tra le elite intellettuali occidentali e l’elite politica locale potrebbe avere conseguenze importanti, dato che gli studenti presenti in questa sala climatizzata sono gli stessi che gestiranno il paese fra qualche anno. Una ‘alumna’ del 2014 della New York University è infatti già Ministro per la Gioventù. Lei e la sua generazione faranno le cose diversamente?

Martin Lestra

Ultime notizie

Fumetti per la Pace, ecco il concorso Peace is Pop!

21 Settembre 2025
Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo, insieme al Piccolo Museo del Giocattolo, lanciano il contest "Peace is Pop! Fumetti per la Pace".

Mio fratello Ibrahim

20 Settembre 2025
Un pellegrinaggio sui campi da rugby italiani, con lo scopo di condividere e raccontare le capacità riabilitative, propedeutiche e inclusive della palla ovale. (Matthias Canapini) 

Il Punto - Si muore nel silenzio

19 Settembre 2025
I palestinesi sono soli, entriamo nel giorno 1.303 dall’invasione russa in Ucraina, e altrove, si muore nel silenzio dei media. (Raffaele Crocco)

La Sicilia ha sete

18 Settembre 2025
La Sicilia ha sete, e non da poco tempo. (Rita Cantalino)

L’inizio dell’offensiva terrestre israeliana e l’esodo di massa da Gaza City

17 Settembre 2025
Israele conferma che l’offensiva ha provocato un esodo senza precedenti. (Giacomo Cioni)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad