Il genocidio economico in Congo

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Foto: Unsplash.com

di Sara Cecchetti dalla Rdc

Regione dell’Alto Katanga –  Due agosto: Genocost day*. Una data poco conosciuta ma fondamentale per il popolo congolese, infatti è in questa giornata che vengono ricordate le vittime del genocidio economico ancora in corso. Questo fenomeno, apparentemente distante dalla nostra realtà occidentale, si riflette nella nostra quotidianità: smartphone, tablet, computer di cui disponiamo probabilmente contengono minerali di dubbia provenienza. È proprio l’estrattivismo minerario- anche tramite catene di approvvigionamento informale- a determinare sofferenza e morte in Congo. Da gennaio 2025 è divenuto ancora più importante delineare il contesto entro cui queste dinamiche si collocano: il Kivu sotto l’M23 è diventato terra di depravazione. Del resto la principale ragione per la quale i ribelli desiderano il controllo della provincia è il contrabbando illecito di minerali, con i quali- mentre l’M23 si finanzia- il Ruanda fa accordi commerciali anche con l’Unione Europea. 

È della BBC un’indagine che prova come l’M23 esporti circa 120 tonnellate di coltan al mese verso il Ruanda. Dunque, ad oggi interrogarsi sul Genocost day significa riflettere sulle dinamiche geopolitiche che stanno attraversando la zona orientale della RDC. Non è solo Kigali a guardare con eccessivo interesse all’Est del Congo, anche l’Uganda- apparentemente schierata con il governo di Kinshasa- non è scevra di interessi sia per quanto concerne le risorse minerarie (oro soprattutto) sia per un fattore legato alla sicurezza dei suoi confini, minacciati dalle incursioni delle Forze alleate democratiche. Per combattere il gruppo ribelle ugandese, affiliato con lo Stato Islamico, Kampala nel 2021 ha avviato l’Operazione Shujaa in collaborazione con le FARDC; tra 2024 e 2025 ha poi aumentato le operazioni della zona dell’Ituri per contrastare le incursioni dei ribelli; in questo senso è evidente come l’Uganda abbia tutto l’interesse a contenere il caos generale del Kivu, perché questo possa fornire da zona cuscinetto per il suo confine. E così, per quanto riguarda il Congo, tutti sembrano ragionare come all’epoca del Congresso di Vienna: la geografia si decidere in base ad interessi stranieri e se questo avviene sulla pelle delle persone non interessa. Così, anche chi non è direttamente coinvolto dell’estrazione mineraria, subisce le conseguenze di essere nato in una terra troppo ricca per non essere dannata.

Lo testimonia la storia di Lèon Skalukoma, preoccupato per non riuscire a sfamare la figlia: “nel 2024 avevo lasciato Kinshasa per raggiungere la mia famiglia a Bukavu, una volta arrivato però non sono riuscito a trovare lavoro nonostante la laurea in medicina. Prima dell’arrivo dell’M23 mia moglie lavorava per la società di consegna dei passaporti, ma dipendendo direttamente da Kinshasa quando sono arrivati i ribelli è stata chiusa. Adesso siamo entrambi disoccupati, senza sapere di cosa vivere.” Le parole di Lèon risuonano feroci soprattutto se si pensa che la condanna occidentale, per quella che è stata una vera e propria occupazione di uno stato sovrano, continua a non arrivare. Del resto noi non solo nella maggior parte dei casi non sappiamo che i nostri device elettronici sono macchiati di sangue, ma addestriamo il nostro algoritmo a tenerci lontani da certe informazioni. Azione semplice se si pensa che la stessa celebrazione del Genocost passa quasi inosservata; così, presi dalla nostra infinita smania di progresso, ci dimentichiamo il costo dà pagare. O meglio, il costo che qualcun altro- in questo caso il popolo congolese- paga.

Lo spiega bene Kate Crawford nel libro Né intelligente né artificiale dove, citando proprio l’estrattivismo minerario, smaschera l’illusione occidentale secondo cui il livello di sviluppo a cui siamo giunti non nasconda sopraffazione e violenza di diritti umani. Che un libro possa non capitare nelle mani di tutti è comprensibile, quello che invece è meno comprensibile è la disattenzione con cui guardiamo a certe aree del mondo. Aver lasciato cadere le province orientali del Congo sotto i ribelli significa aver legittimato una forma di sfruttamento che va avanti da decenni e che non sembra terminare. Questo due agosto è bene tenerlo a mente.

 * La prima giornata commemorativa del genocidio congolese a fini economici (Genocost) è del  2 agosto 2004 ed è una festività nazionale (ndr).

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