Il diritto di sapere chi ha la proprietà dei giornali

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Prima di parlare del problema dell'informazione oggi in Italia e del Corriere della Sera posso elencare gli azionisti attuali della Rcs e coloro che controllano, a loro volta, le società che posseggono azioni del Corriere? Bene, reggetevi forte: la lettura è noiosa, ma vala la pena di farla. I primi dieci azionisti della Rcs sono (dati Consob al 5 agosto) Stefano Ricucci con il 20,9 per cento, Mediobanca con il 14,2, Fiat con il 10,2, Pesenti con il 7,2, Ligresti con il 5,1, Generali con il 3,7, Della Valle con il 3,0, Banca Intesa con il 3,0, Pirelli con il 2,9, Capitalia con il 2,1 per cento.

I primi nove azionisti della Mediobanca sono a loro volta Capitalia con l'8,4 per cento, Consortium (Unicredit e Capitalia hanno in portafoglio il 25 per cento ciascuna, mentre la restante parte è divisa tra gli altri tra Fiat, Pirelli, Ligresti e Mediolanum) con l'8,2, Unicredito con il 7,7, Bollorè con il 4,9, Groupama con il 4,8, Ligresti con il 4,0, Pesenti con il 2,5, Zunino e Coppola con il 2,0 per cento ciascuno. I primi azionisti delle Generali sono Mediobanca con il 13,6 per cento, Banca d'Italia con il 4,7, Unicredito con il 3,6, Capitalia con il 3,2, Ligresti con il 2,4. E i primi azionisti della Fiat sono la famiglia Agnelli con il 30,4 per cento, Ing con il 3,1, Cater Allen con il 2,9, Generali con il 2,4, Mediobanca con il 2,2, Merryll Lynch con il 2,1, Lafico con il 2.0 per cento. Leggendo i dati appena citati risulta evidente anche ai bambini che hanno un ruolo di primo piano in questo salottone della finanza italiana la Capitalia di Cesare Geronzi e di Matteo Arpe, accanto all'Unicredito di Alessandro Profumo, al gruppo assicurativo di Ligresti e alla banca Intesa di Giovanni Bazoli e Corrado Passera, oltre che al gruppo di Pesenti e alla famiglia Agnelli. Sono costoro (tranne l'Unicredito) che oggi rappresentano i punti di froza del patto di sindacato del Corsera.

Ecco, io credo che sia a costoro che oggi, prima di tutto, vada chiesta - se noi vogliamo parlare di libertà di stampa e se loro vogliono davvero apparire salotto ⳀbuonoⲀ - la firma di un accordo che riconosca ai giornalisti del Corriere della Sera uno statuto speciale di autonomia e di libertà, che diventi il modello di analoghe carte in altri giornali. Anche, perché no - chi può essere certo del futuro? - di una analoga carta firmata dalla famiglia De Benedetti nei confronti della Repubblica e delle altre redazioni del gruppo Espresso. Anche, perché no - considerata l'esperienza durante la presidenza di D'Amato - di una analoga carta firmata da Montezemolo a nome della Confindustria nei confronti dei giornalisti de Il Sole 24 Ore. O di uno statuto firmato dalla famiglia Berlusconi nei confronti delle diverse redazioni di cui è azionista di riferimento.

Oggi sono loro gli industriali, i finanzieri, i banchieri, o addirittura gli industriali-politici come Berlusconi, che controllano l'informazione. E' dunque a loro che, prima di tutto (anzi prima di tutto andrebbe chiesto all'industriale capo del governo), va chiesto un passo in avanti. Naturalmente non basta. Vi sono gli scalatori e i loro piani. Dietro c'è Berlusconi? Nonostante le smentite, certo i sospetti sono giustificati da alcuni dei personaggi coinvolti. Dietro ci sono altri gruppi? E' una straordinaria manovra per lucrare poi sull'intervento di società straniere? Bene: credo che abbia ragione Sergio Romano quando scrive che oggi, in base alle regole del mercato, "chi lavora per un giornale non ha diritto di scegliere i suoi proprietari....ma insieme ai cittadini del suo Paese ha il diritto di sapere chi voglia impadronirsi di un giornale e quali siano i suoi soci". C'è lavoro per la Consob. Lo faccia. E chieda a Ricucci e soci quali piani abbiano.

Gli strumenti per fare chiarezza la Consob li ha. Quando vuole li sfodera. Appunto, lo faccia. E ci si prepari anche a una battaglia civile aspra qualora si scoprano intese sottobanco e poco chiare. Ma non basta ancora. Credo che ci debba essere lavoro anche per le forze politiche. E' importante e urgente che si approvi una norma quadro tale da garantire l'autonomia e la libertà dei giornalisti e dell'informazione rispetto alla proprietà delle imprese di informazione. E che si definiscano regole chiare di trasparenza più rigorosa per le imprese giornalistiche. Senza questo passaggio le regole sono altre. E se non vengono violate è inutile dire che il Corriere è una istituzione. Oggi è, nei fatti, una istituzione, ma di proprietà di Geronzi, Ligresti, Tronchetti, Agnelli, Bazoli, Pesenti e così via.

Così come è una istituzione Repubblica, ma di proprietà della famiglia De Benedetti, per quanto si possa e si voglia pensar bene di De Benedetti come editore. E' una istituzione per Roma il Messaggero, ma di proprietà del gruppo Caltagirone. E' una istituzione a Torino La Stampa, ma di proprietà della Fiat. E così via. Si schierano i partiti su questi temi? Tutti parlano e nessuno propone nulla. Purtroppo anche a sinistra, la mia parte, sento tante chiacchiere, tante preoccupazioni, tanti sospetti. Ma le proposte di legge dove sono? Le ipotesi di riflessioni su questo punto non mancano. Ma non mi pare che vi sia, se non in casi particolari (penso a Giulietti, per esempio), interesse. Sarebbe bello capirne la ragione. Vorrei però allargare lo sguardo.

Già, perché il Corriere, per quanto importante, e anche La Repubblica, non esauriscono il problema dell'informazione. I vertici della Rai, la più importante azienda culturale del Paese, sono stati appena rinnovati nel modo che tutti abbiamo potuti vedere. La privatizzazione pensata da Gasparri è abortita. Ma non l'idea della privatizzazione. Vogliamo parlarne? Credo che anche sul tema del servizio pubblico, dei suoi compiti, della sua configurazione istituzionale si debba lavorare. Eh sì, perché se il Corriere della Sera è una istituzione, la Rai lo è ancora di più: è una istituzione almeno formalmente proprietà del Tesoro, quindi della collettività, sottoposta al controllo del Parlameto e che ha come missione il servizio pubblico, tale da garantire informazione pluralista e per tutti. Vogliamo parlarne? O aspettiamo le elezioni e poi ognuno spara ciò che vuole? Dal teniamola così alla ripartizione delle reti, alla vendita a pezzi (magari agli stessi azionisti che oggi controllano Rcs o Repubblica o ad amici del premier, chi lo sa?). Forse in vista delle elezioni sarebbe bene spingere maggioranza e opposizione, centrodestra e centrosinistra, a chiarire fino in fondo che cosa vogliono fare. Quali sono le loro intenzioni.

Come vogliono tutelare e realizzare il servizio pubblico. Lo dicano chiaramente e si confrontino con coloro che vi lavorano. E lo stesso si faccia sull'assetto generale del sistema. Il centrosinistra vuole modificare la legge Gasparri. Bene: vediamo in quale modo. Il centrodestra vuole lasciarla così come è o pensa a qualche modifica. Perché non lo si può incalzare su questo tema? Insomma, la libertà di stampa non è un'arma che si può brandire usandola gli uni contro gli altri. E' un bene di tutti. Ed è a tutti che va chiesto un contributo, ciascuno per il suo ruolo e per la sua funzione. Infine, una riflessione di tipo più industriale, su altri settori del settore: free presse e periodici. I periodici sono in mezzo a una rivoluzione tecnologica e di mercato.

Ristrutturazioni e rapidi riassetti saranno pane quotidiano nei prossimi mesi. E' un settore importante dell'industria dell'informazione. Una attenta riflessione su ciò che sta accadendo e sulle ripercussioni industriali, occupazionali, di bilancio e sui contenuti dei prodotti sarebbe bene farla tutti insieme. Quanto alla free presse, mi limito a una notazione: continuiamo a dire che in Italia si legge poco, citando il numero di copie di quotidiano vendute. Chissà perché ci si dimentica sempre di aggiungere i milioni di copie diffuse e lette dei quotidiani free presse.

di Roberto Seghetti, giunta Fnsi

Fonte: Articolo 21

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