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Il circolo vizioso dell’allevamento intensivo
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Foto: Unsplash.com
Ci sono prove che i cambiamenti climatici, e in particolare il riscaldamento delle temperature, stiano influenzando alcune malattie infettive del bestiame. Contemporaneamente il verificarsi di nuove infezioni negli allevamenti intensivi sta innescando un aumento di inquinamento per via del maggior rilascio di metano. È quanto sostiene un team di ecologi, veterinari ed esperti dell’approccio scientifico “One Health” statunitensi e canadesi nello studio “Infectious Diseases, Livestock, and Climate: A Vicious Cycle?”, pubblicato lo scorso mese su Trends in Ecology and Evolution: “Il cambiamento climatico sta influenzando la diffusione e la gravità delle malattie infettive in tutto il mondo e le malattie infettive potrebbero a loro volta contribuire al cambiamento climatico”. I ricercatori guidati da Vanessa Ezenwa dell’Odum school of ecology and department of infectious diseases del College of veterinary medicine dell’Università della Georgia e da Amanda Koltz del Living Earth Collaborative della Washington University – St. Louis, hanno studiato gli effetti dei parassiti sugli ecosistemi, compresi i loro impatti sul clima, scoprendo “che alcuni parassiti possono indurre gli animali a produrre più metano”, un gas serra con un effetto sul riscaldamento globale 28-36 volte più potente di quello dell’anidride carbonica.
Negli ultimi 10 anni, le concentrazioni atmosferiche di metano sono aumentate rapidamente, e circa la metà dell’aumento viene attribuito alle emissioni prodotte dal bestiame. Gli animali, infatti, rilasciano sia metano attraverso i microorganismi che sono coinvolti nel processo di digestione, che del protossido di azoto attraverso la decomposizione del letame. Per la Ezenwa e il suo team di ricercatori “Ci sono prove che i cambiamenti climatici, e in particolare il riscaldamento delle temperature, stiano influenzando alcune malattie infettive e aumentando la loro prevalenza. Se questo sta accadendo per le malattie del bestiame e, contemporaneamente, una maggiore prevalenza sta innescando un aumento del rilascio di metano, alla fine potremmo avere quello che chiamiamo un circolo vizioso”. Secondo la Koltz “Le malattie infettive hanno un impatto su tutti gli animali, ma la nostra comprensione di come i loro effetti si estendono all’ecosistema più ampio è ancora limitata. Ad esempio, le interazioni parassita-ospite possono modellare la fisiologia, il comportamento e le dinamiche della popolazione dell’ospite. È probabile che alcuni di questi impatti abbiano effetti a cascata diffusi sui processi a livello di ecosistema”.
Lo studio del team americano e canadese si è concentrato sul bestiame ruminante: mucche, pecore e capre, animali noti per essere i principali produttori delle emissioni globali di metano. Il 74% delle emissioni di origine animale, infatti, è causato dai bovini, allevati sia come mucche da latte, che attraverso i bovini da carne, mentre le pecore contribuiscono per il 9%, i bufali il 7%, maiali e capre rispettivamente per il 5 e il 4%. In particolare mucche, pecore e capre ospitano anche molti parassiti e agenti patogeni e rappresentano una parte importante dell’approvvigionamento alimentare globale. Per i ricercatori i dati degli studi sugli ovini hanno dimostrato che “Gli animali infettati da vermi intestinali producevano fino al 33% in più di metano per chilogrammo di mangime rispetto agli animali non infetti attraverso le loro normali funzioni corporee”. Come se non bastasse “L’infezione fa anche sì che le pecore crescano più lentamente, aumentando il tempo per arrivare alla loro macellazione e quindi aumentando il metano totale emesso dagli animali infetti”. I ricercatori hanno riscontrato risultati analoghi anche sui bovini da latte affetti da mastite, una malattia comune causata da infezioni batteriche, e ne è venuto fuori che “Le vacche con mastite rilasciano fino all’8% in più di metano per chilogrammo di latte prodotto rispetto alle vacche non infette”.
Secondo i dati emersi dallo studio è possibile quindi immaginare che “Le malattie infettive nel bestiame ruminante potrebbero portare a un aumento considerevole del metano rilasciato nell’atmosfera”, segno che sempre più le scelte che facciamo a tavola hanno una ricaduta importante sul cambiamento climatico. Se la Fao prevede che dal 2017 al 2050 la produzione mondiale di bestiame aumenterà del 2,7% all’anno e che nello stesso periodo le emissioni di metano aumenteranno di oltre il 20%, dallo studio “Infectious Diseases” emerge che quando in questi calcoli si tiene conto anche degli effetti delle infezioni da vermi parassiti, entro il 2050 le emissioni di metano dal bestiame potrebbero invece aumentare fino all’82%. Secondo un’altra autrice dello studio, Sharon Dem, direttrice dell’Institute for Conservation Medicine dello zoo di Saint Louis, “Con il consumo umano di carne in aumento da quattro a cinque volte rispetto agli anni ’60 e gli impatti sempre crescenti dei cambiamenti climatici, questo circolo vizioso delle malattie infettive e climatiche è un altro esempio dell’interconnessione dei nostri più grandi mali planetari: il cambiamento climatico e, appunto, le malattie infettive”.
Per quanto riguarda i consumatori, le rivelazioni dello studio aggiungono un peso significativo agli argomenti di chi chiede di ridurre il nostro consumo di latticini e carne ed evidenziano che apportare questi cambiamenti a lungo termine all’allevamento dei ruminanti dipenderà dalla nostra capacità di legare il benessere degli animali ai cambiamenti climatici che ci colpiscono tutti. Come ha ricordato Aimée Classen, direttore dell’University of Michigan Biological Station, “Il circolo vizioso tra gli impatti del clima sulle malattie e gli impatti delle malattie sul clima è sorprendente. Il nostro studio evidenzia che gli scienziati devono incorporare sia gli animali che le malattie negli esperimenti e nei modelli utilizzati per prevedere le future emissioni di carbonio”. Oggi la necessità di tenere conto delle malattie infettive quando si modellano scenari climatici futuri è quindi sempre più utile per garantire che non si sottovalutino le emissioni di metano e per orientare noi consumatori verso scelte alimentari più sostenibili e soprattutto sempre più necessarie!
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.