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Il Punto - La pace firmata e quella reale
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Immagine: Unsplash.com
È una partita difficile, quella del Risiko mondiale. Si gioca su tavoli noti, si gioca su tavoli oscuri. Il risultato non cambia: le tensioni fra potenze grandi e regionali crescono, anche dove ci dovrebbero essere alleanze.
Un tira e molla coperto da alcuni grandi avvenimenti: Gaza, ad esempio. La nostra attenzione è totalmente polarizzata sull’eccidio in atto. Sarebbero 67mila, ad oggi, i gazawi uccisi dalle Forze armate israeliane. Ora, mentre un’altra flottiglia civile è stata fermata dagli israeliani in acque internazionali, sul tavolo è apparsa la firma per l’intesa sulla prima fase del piano di pace proposto dal presidente statunitense, Donald Trump. Non si conoscono i reali contenuti, si sa quello che lo stesso Trump ha dichiarato: tutti i prigionieri saranno rilasciati molto presto, Tel Aviv si ritirerà lungo una linea di fronte concordata, tutte le parti saranno trattate equamente e da qui si partirà per costruire la Pace. Belle parole, che hanno trovato il plauso di quasi tutti i Paesi del Mondo.
Restano le incertezze su quale ruolo dovrà avere Hamas in futuro, sulla possibilità reale della nascita di uno Stato palestinese e sulle politiche di riconciliazione e dialogo che dovranno essere messe in campo. Per ora, pare che Israele smetta di sparare sui palestinesi di Gaza, il resto si vedrà. Per Trump non è poco nei giorni in cui si decide a chi assegnare il Nobel per la Pace del 2025. Un Nobel che lui - quante volte lo ha detto? - vorrebbe tanto.
Ma le contraddizioni del capo della Casa Bianca emergono prepotenti sul tema della Pace nel Mondo. Una di queste - la fonte è Al Jazeera - viene da Londra. Mentre si trovava lì, in settembre del 2025, in visita ufficiale, al premier britannico Keir Starmer, Trump ha confessato di volere restituita dai talebani la base aerea di Bagram, in Afghanistan. "L'abbiamo data ai talebani per niente. Vogliamo indietro quella base", ha detto e due giorni dopo ha ribadito il concetto sui social, promettendo che, in caso contrario, “succederanno cose brutte!". I talebani non l’hanno presa bene. Hanno dichiarato che non cederanno una base interna al loro Paese ad alcun altro Stato. La cosa interessante è che i talebani, isolati sul piano internazionale dalla presa di Kabul dell’agosto del 2021, questa volta hanno immediatamente trovato sostegno e appoggio da tutti i loro vicini e non solo.
In un incontro a Mosca il 7 ottobre, in occasione della settima edizione delle “consultazioni formato Mosca” sull’Afghanistan, funzionari di Russia, India, Pakistan, Cina, Iran, Kazakistan, Tagikistan, Uzbekistan e Kirghizistan si sono uniti nel condannare duramente qualsiasi tentativo di installare basi militari straniere in Afghanistan. In un documento hanno definito “inaccettabili i tentativi dei Paesi di dispiegare le loro infrastrutture militari in Afghanistan e negli Stati vicini, poiché ciò non serve gli interessi della pace e della stabilità regionale". Non si nominano mai gli Stati Uniti, ma il messaggio è chiaro. La cosa interessante, dicono gli analisti, è che il documento mette assieme mondi spesso in conflitto fra loro. Ad esempio: India e Pakistan sono da tempo in competizione per stabilire chi abbia maggiore influenza sull'Afghanistan. Contemporaneamente, l'India guarda con sospetto l’attivismo cinese a Kabul e l’Iran vede male la presenza del Pakistan in Afghanistan. Pakistan che, per altro, con i talebani ha rapporti piuttosto tesi. Nella regione, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan temono che la violenza in Afghanistan possa arrivare da loro.
Insomma, dicono gli esperti: il gruppo trova una convergenza solo nella granitica volontà di tenere gli Stati Uniti lontani da casa. L’Afghanistan viene vissuto come “responsabilità regionale”, con buona pace di Trump. E al presidente statunitense le cose vanno male anche in Ucraina. La pace è sempre più lontana. Il vice ministro degli Esteri russo, Serghei Ryabkov, ha spiegato che “Lo “slancio” per una soluzione della guerra, che si era creato con l'incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump in Alaska, si è in gran parte esaurito a causa di attività distruttive, prima di tutto da parte degli europei”. Europei che non mollano e restano aggressivi nei confronti di Mosca. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, parlando al Parlamento europeo di Strasburgo ha spiegato di avere “già individuato nove capacità critiche, dalla difesa aerea alla guerra informatica ed elettronica. Per ciascuna di queste, formeremo "Coalizioni di capacità collettive", cioè gruppi di Stati membri impegnati a raggiungere risultati concreti insieme e in tempi rapidi. "Abbiamo già visto funzionare questo modello di nazione guida. Basti pensare alle iniziative guidate da Repubblica Ceca e Danimarca per fornire armi e munizioni all'Ucraina”.
Intanto, altrove, Russia e India hanno dato il via a esercitazioni militari congiunte nello Stato indiano del Rajastan. Si chiamano “Indra 2025” e fino al 15 ottobre saranno dedicate al coordinamento delle forze militari dei due Paesi contro il terrorismo. Un’amicizia, questa fra Russia e India, sempre più salda: Putin sarà in visita in India fra il 5 e il 6 dicembre. Lo ha invitato il Premier Narendra Modi.
Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009.