Il NO francese e l'occasione perduta dei federalisti

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di Francesco Lauria*

Sconcerto, indifferenza, ipocrisia, autolesionante ottimismo. Se pensiamo alle reazioni che si sono susseguite in queste ore da parte della classe politica europea favorevole, per convenienza o per convinzione, al trattato costituzionale, la valanga di no francesi forse non è stata sufficiente. Quella del no in Francia è stata una campagna certamente contraddittoria in cui si sono mischiate le più diverse e, a volte, le più demagogiche parole
d'ordine. Ma se ci facciamo caso non c'è stata alcuna parola
d'ordine del sì. E' mancata e manca la progettualità politica, il
disegno europeo nel complesso quadro globale.

Quella del sì al trattato costituzionale (o se proprio vogliamo essere generosi, al "tentativo di costituzione") è stata una campagna del silenzio. Silenzio di parole perchè era impossibile difendere un compromesso che non portava a nulla. La lezione che viene dalla Francia non è un no all'Europa che verrà, ma un no all'Europa che è, che esiste, persa nel suo non essere.
Un no ad una evoluta zona di libero scambio e ad una
"zona" monetaria che non scalfisce per nulla lo
strapotere del dollaro come moneta di riferimento
degli scambi e dell'eterea e potente finanza
internazionale e ad una finta democrazia in cui i
poteri del Parlamento sono ancora embrionali.

Quella che è all'ordine del giorno è "la QUESTIONE
DELL'EUROPA POLITICA". E l'Europa politica è il più potente segno di necessaria debolezza da lanciare, senza presunzione,
al mondo diviso e in competizione permanente. Il messaggio nonviolento, dell'Europa politica in divenire è la creazione fattiva di uno spazio in cui competitività, paradigma dello sviluppo, evoluzionismo econazionalista, vengono rimessi in discussione.

Il paradosso dei federalisti è di non aver colto il silenzio parolaio di governi, partiti, società civile, cittadini, di fronte al sogno in divenire e all'immaginario di partecipazione incarnato dalla prospettiva dell'Europa politica e federalista.

Federalista e non solo federale.

Poichè il federalismo è dialogo, costruzione, partecipazione, unità non omogenea, ma condivisa. Per questo il sogno dell'Europa politica è necessario e urgente. Può rappresentare un esempio, una scia e non un paradigma per il mondo. Sentiero, di pace e democrazia e non solo fredda moneta, regolamenti, lobbies e (utili) fondi strutturali.

L'occasione è davvero stata perduta dai federalisti europei poichè si sono accodati comodamente all'euroretorica.

Ora devono ripartire. E l'Europa politica deve saper essere sogno concreto di una prospettiva aperta, ma non evanescente.

E poichè la politica anche quando sogna è "arte del
possibile" la prospettiva realizzabile non può che
essere quella di un NUCLEO FEDERALE inserito in
un'Unione più ampia, di un'Europa sociale e
resistente, ma non conservatrice, di una democrazia
democratica e nonviolenta.

L'Europa politica è un dovere per ognuno di noi.

Ora.

*presidente
Europa Plurale per un federalismo globale

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