“I giornalisti salvano vite”

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Foto: Pixabay.com

Abdalle Ahmed Mumin è sconosciuto ai più.

39enne, somalo, Abdalle Ahmed Mumin è cresciuto in un campo per sfollati ed è lì che ha compiuto i primi passi nel giornalismo per raccontare (e denunciare) i soprusi vissuti e visti nel campo. “Ho deciso di diventare giornalista, non per ottenere fama ma per denunciare le ingiustizie”, racconta Abdalle che oggi è corrispondente per alcuni media occidentali, attivista dei diritti umani e segretario generale del Sindacato dei Giornalisti Somali (SJS), realtà che ha fondato nel 2019 per monitorare e documentare le violazioni della libertà di stampa in Somalia e Somaliland. Inizialmente svolta in modo manuale, questa attività ha subito una trasformazione significativa nel 2023. Allora il SJS ha istituito il primo database dedicato alla documentazione delle violazioni della libertà di stampa nella regione, grazie al supporto della National Endowment for Democracy (NED), la Fondazione statunitense nonprofit che sostiene il rafforzamento delle istituzioni democratiche nel mondo, formalmente autonoma ma di fatto collegata agli interessi strategici degli Stati Uniti, anche attraverso il finanziamento congressuale.

Abdalle Ahmed Mumin, già premiato nel 2013 con il German Development Media Awards per il suo lavoro di fotogiornalismo sui diritti umani in Somalia, ha recentemente ricevuto il prestigioso Premio Allard per l’Integrità Internazionale, uno dei più prestigiosi riconoscimenti al mondo dedicati alla lotta contro la corruzione e alla promozione dei diritti umani. Istituito nel 2012 presso la University of British Columbia in Canada e oggi gestito in modo indipendente, il Premio Allard viene assegnato ogni due anni a individui, organizzazioni o movimenti che dimostrano coraggio straordinario e leadership nel difendere la trasparenza, la responsabilità e lo stato di diritto. Con un valore di 100.000 dollari canadesi (poco meno di 65mila euro), il premio non solo sostiene i vincitori, ma dà visibilità globale al loro impegno attraverso documentari e iniziative pubbliche, ispirando un cambiamento concreto in contesti spesso segnati da ingiustizia e repressione. 

E la vita di Mumin è un costante esempio di denuncia in un contesto complesso quale quello della Somalia, “Stato fallito” che nel maggio 2022 ha visto l’insediamento del presidente Hassan Sheikh Mohamud. In quel momento molti giornalisti del Paese, secondo Mumin, speravano in un cambio di rotta sul fronte dei diritti umani. Ma le riforme promesse non sono mai arrivate. “Quando si vuole restringere lo spazio civico, il primo bersaglio sono i giornalisti. Ed è esattamente quello che sta succedendo in Somalia”, ha denunciato Abdalle Mumin ad Amnesty International. “Si colpiscono quelli che parlano più forte. Ecco perché hanno preso di mira me”. Nel 2022, il SJS ha registrato un aumento delle violazioni dei diritti umani contro i giornalisti nel Paese; le leggi repressive, le condizioni di lavoro sempre più dure e la costante minaccia di ritorsioni hanno spinto molti reporter a lasciare la Somalia. Molti altri hanno scelto di difendersi autocensurando i propri articoli, abbassando il loro profilo ed evitando di toccare argomenti sensibili come la corruzione o le violazioni dei diritti umani.

Nonostante il clima asfissiante e i costanti timori per la sua stessa vita, Mumin non ha mai arrestato la sua attività giornalistica e continua a portare avanti la sua attività di advocacy per difendere i suoi colleghi e promuovere la libertà di stampa. Il Premio Allard gli è stato conferito proprio per questa ragione. “I giornalisti salvano vite. Il loro lavoro è fondamentale. Devono andare avanti. Io non mi farò mai intimidire” ha dichiarato ai colleghi della stampa. “Per la comunità dei giornalisti somali e per i miei colleghi del Sindacato dei giornalisti somali, questo riconoscimento è potente. Accende i riflettori internazionali su un panorama mediatico troppo spesso trascurato, uno spazio in cui i giornalisti operano sotto costante minaccia, dove censura, violenza e impunità sono realtà quotidiane. Il Premio Allard 2025 dà speranza ai giornalisti somali: il loro lavoro non è invisibile. Invia un messaggio alle autorità: la libertà di stampa non è negoziabile. E al mondo: i giornalisti somali non sono soli”. La Somalia risulta uno dei Paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti secondo Reporter Senza Frontiere, al 136° posto (su 180), con 80 giornalisti uccisi dal 1992 ad oggi e molti detenuti.

Insieme a Abdalle Ahmed Mumin, nel 2025 sono stati insigniti del Premio Allard anche Andréa Ngombet, nel 2014 fondatore e tuttora coordinatore dell’associazione civile Sassoufit Collective, impegnata nella promozione della democrazia, dello Stato di diritto e della trasparenza nella Repubblica del Congo e in Africa centrale, e Virginia Laparra, ex procuratrice dell’ufficio speciale della procura del Guatemala per la lotta all’impunità.

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

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