Haiti: la risposta delle Ong

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Il 12 gennaio 2011, Haiti ha celebrato il primo anniversario del terremoto che ha messo in ginocchio il Paese, alle 230.000 vittime, si aggiungono ancora oggi 300.000 feriti, un milione di senzatetto e una limitata e parziale ricostruzione. Il popolo haitiano non ha ricevuto alcuno sconto e alle macerie del dopo terremoto, aggiunge la violenza dilagante e l'epidemia di colera che sta mietendo migliaia di vittime soprattutto tra i più giovani.

A mettere nero su bianco la situazione della piccola isola caraibica c’è il recente rapporto From relief to recovery (.pdf) diffuso da Oxfam International, la holding della solidarietà sottolinea il fatto che “negli scorsi dodici mesi si è potuto notare un forte impegno da parte di organizzazioni umanitarie che hanno provveduto a procurare acqua, cibo, assistenza sanitaria e altri aiuti fondamentali a milioni di persone”.

Tuttavia, nonostante il successo della risposta all’emergenza, resa possibile grazie a donazioni eccezionalmente generose (oltre un miliardo di dollari), “la ripresa nel lungo termine è a malapena iniziata, è venuto a mancare il fondamentale supporto dallo stesso stato haitiano e dalla comunità internazionale per quanto riguarda la ricostruzione”.

Nel novembre 2010 le Nazioni Unite hanno reso pubblico il fatto che dei 2,1 miliardi di dollari promessi dai governi per la ricostruzione di questo paese devastato, solamente il 42.3% è stato reso disponibile entro la fine dell’anno. Per questo motivo, dopo un anno, solo il 5% delle macerie è stato rimosso e solo il 15% degli alloggi temporanei necessari è stato costruito. “Quasi un milione di persone vive ancora in tende o sotto teli di plastica, - ha sottolineato Roland Van Hauwermeiren, direttore di Oxfam ad Haiti - mentre centinaia di migliaia di persone vivono nelle rovine della capitale e non sanno ancora quando potranno tornare a casa.”

A questi problemi si aggiunge la recente denuncia di Amnesty International con il documento Women speak out against sexual violence in Haiti’s camps (.pdf). nel quale l’associazione umanitaria denuncia come “ad Haiti migliaia di donne sono sotto la minaccia della violenza sessuale e non sono protette in modo adeguato”. Secondo i dati del rapporto di Amnesty International, nei primi 150 giorni successivi al terremoto furono segnalati oltre 250 casi di stupro. Ancora oggi, quasi ogni giorno, l’ufficio di un gruppo locale di sostegno alle donne riceve persone che intendono denunciare uno stupro.

"Le donne, che già devono fare dolorosamente i conti per aver perso i loro cari, le case e i beni nel terremoto, aggiungono a tutto questo l'ulteriore trauma di vivere sotto la costante minaccia di violenza sessuale" ha dichiarato Gerardo Ducos, ricercatore di Amnesty International su Haiti. "Per porre fine a tutto questo, il nuovo governo deve assicurare che la protezione delle donne e delle ragazze nei campi diventi una priorità, cosa che finora è stata ampiamente ignorata nella risposta alla più ampia crisi umanitaria".

Compito non facile visto che “il già fragile sistema che garantiva il rispetto della legge e dell'ordine pubblico è completamente collassato dopo il terremoto. Non c'è alcuna sicurezza per le donne e le ragazze nei campi: si sentono abbandonate e in balia degli attacchi. Le bande armate fanno ciò che vogliono, sapendo che sarà ben difficile fare i conti con la giustizia" - ha concluso Ducos. Secondo l'organizzazione per i diritti umani, “le donne devono essere pienamente coinvolte nello sviluppo di questo piano, che dovrebbe prevedere da subito il miglioramento della sicurezza nei campi, un'azione di polizia efficace e procedimenti giudiziari nei confronti dei responsabili della violenza sessuale”.

L’intento di Oxfam International e di Amnesty International è ora quello di chiedere al governo entrante, al ballottaggio il 16 gennaio, d’iniziare a muoversi velocemente, con il supporto delle comunità internazionali, per la ricostruzione e la rinascita di questo paese: “le autorità - secondo le Ong - si stanno muovendo troppo lentamente, inoltre non stanno facendo nulla per semplificare e velocizzare le pratiche burocratiche necessarie per la ristrutturazione delle case, delle strutture e la rimozione di macerie dalle strade.

Non tutto però appare disperato e il lavoro delle ong internazionali, se pur a fatica ha prodotto i suoi frutti almeno nell’emergenza. Due esempi su tutti: a Praville, quartiere della città di Gonaives tra le più colpite dall’epidemia di colera, da inizio dicembre non risultano nuovi casi di decesso e sono stati ridotti drasticamente i casi di contagio grazie alla distribuzione di 200 kit per la purificazione dell’acqua a famiglie, scuole, orfanotrofi e centri sanitari presenti nella comunità. “In precedenza - commenta Richard Feukeu, referente ad Haiti della Fondazione Aiutare i Bambini - in base ai dati da me raccolti erano già stati 5 i decessi e quasi 70 le persone ricoverate in ospedale a causa del colera. Da quando è partita la distribuzione dei kit, l’emergenza qui a Praville è rientrata perché la gente non fa più uso di acqua contaminata, uno dei canali attraverso i quali il colera si diffonde”.

Terre des Hommes invece ha soccorso più di 100.000 persone, di cui il 70% bambini, offrendo cure mediche, acqua potabile, servizi igienici e case temporanee. Per rendere duraturi gli aiuti ai bambini di Haiti e garantire loro protezione, scuola e cure sanitarie ha lanciato ora l'appello per 600 adozioni a distanza: bastano 25 euro al mese. Insomma Haiti non muoree resiste, come scrive Alessandro Carollo nel suo ultimo libro pubblicato da EMI (che segue il libro denuncia Ad Haiti si nasce ultimi sempre Emi editore) e non possiamo che sottoscrivere l’auspicio di Carollo.

Alessandro Graziadei

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