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Gsott8: le alternative e l'agenda per un futuro sostenibile e solidale
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Si è concluso pochi giorni fa - con la firma della Carta di Montevecchio (in .pdf) - il Forum Gsott8, l'incontro che ha riunito nel Sulcis Iglesiente - storica zona mineraria della Sardegna - oltre 100 rappresentanti della società civile provenienti da circa 40 paesi del mondo. Iniziato a poco meno di una settimana dal G8, al forum alternativo - che ha parafrasato il noto summit internazionale sottotitolandolo “in basso e a sinistra” - si è discusso principalmente di crisi: di quella ecologica, di quella economica-sociale-alimentare e di quella di civilizzazione, il tutto con un approccio interconnesso.
Analisi della crisi ma sopratutto ricerca di risposte alternative e dura critica a quelle che stanno dando i governi del mondo e le istituzioni internazionali. “Il G8 è diventato un’operazione d’immagine, non decide più niente. Simbolicamente però questo è il G8 della crisi, crisi che vogliamo analizzare anche noi, con ospiti internazionali ed enti locali, sotto tre aspetti: ambientale, economico e alimentare, di civilizzazione, cioè di un modello egemone che ha messo in pericolo la sopravvivenza umana e del pianeta - aveva dichiarato all'apertura Raffaella Bolini, responsabile delle politiche internazionali dell’Arci - abbiamo scelto la Sardegna perché è una zona simbolo di uno sfruttamento delle risorse naturali che si è protratto per lungo tempo e dal quale le popolazioni locali hanno cercato di uscire recuperando il legame con la terra”. Per Antonio Onorati, dell’Ong Crocevia, è necessario “costruire alternative e riorganizzare la resistenza sociale”.
L'evento aveva tra gli obiettivi anche quello di mettere in connessione le esperienze internazionali con le migliori espressioni dei territori, come le produzioni alternative, l’associazionismo locale, i collettivi territoriali. Nella cinque giorni sarda si è sottolineato come gli approcci diversi all’interno di un movimento così eterogeneo debbano essere considerati complementari e non esclusivi. Gli ospiti internazionali si sono confrontati sul tema crisi climatica ed energetica. Dalle loro esperienze e testimonianze è emerso un comune filo conduttore: lo sfruttamento e l’estrazione di idrocarburi determina un impoverimento delle comunità locali, con l’imposizione di un modello di sviluppo totalmente estraneo al benessere collettivo.
E le proposte alternative a un modello energetico basato sulla dipendenza dal petrolio sono arrivate proprio da coloro che ne hanno sperimentato direttamente i danni economici e ambientali. Dall’Ecuador Ivonne Yanez di Accion ecologica, ha lanciato la proposta di lasciare il petrolio nel sottosuolo e cercare risorse energetiche alternative che liberino dalla dipendenza dall’industria petrolifera. Proposta recepita e praticata per ora in un’area limitata dal governo ecuadoriano, un’area dall’altissima biodiversità e popolata da comunità indigene, per le quali lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo avrebbe un effetto devastante. Anche Nnimmo Bassey - storico attivista di ERA/Friends of the Earth Nigeria - ha messo in evidenza i problemi derivanti dall’estrazione del petrolio nel delta del Niger da parte dell’Eni. Basey ha rivendicato il diritto delle comunità locali ad avere voce in capitolo sulle modalità, le quantità e l’eventualità o meno di estrarre il petrolio dal sottosuolo. Ha denunciato l’assoluto disinteresse per i più elementari diritti delle comunità che abitano questa zona, ma soprattutto la totale mancanza di un progetto che recuperi e bonifichi le zone del delta più inquinate. Per Basey il petrolio è una risorsa energetica inumana, tossica e violenta.
Al Gsott8 è stato rilanciato anche l’appello della Campagna per la riforma della Banca Mondiale, della Fondazione Boell e dell’Ong congolese Rencontre pour les droits de l’homme (RPDH) di fermare i progetti dell’Eni sulla produzione di petrolio ricavato dalle sabbie bituminose e la trasformazione dell’olio di palma in biocombustibili nel Bacino del Congo, progetti che avrebbero degli impatti devastanti sull’ambiente e le popolazioni locali.
Altro argomento di discussione è stato “Prodotti, diritti, sovranità: il potere locale dopo la crisi dell’economia globale”. Per Ingeborg Tangeraas di Via Campesina - associazione aiuta le organizzazioni contadine a utilizzare modelli di agricoltura sostenibile - l’agricoltura attraversa una grossa crisi a causa dei bassi prezzi, l’uso diffuso di prodotti chimici, con l’impossibilità per molti contadini di vivere del proprio lavoro. La Tangeraas ha sottolineato l’importanza di una massiccia sensibilizzazione culturale: è importante liberarsi dai condizionamenti imposti dalle multinazionali e attivare progetti di educazione al cibo. Si è ribadito che le decisioni prese dalle organizzazioni internazionali contro la crisi non servono a risolvere i problemi strutturali del sistema economico, dato che si limitano a cercare di contenere i danni ma non agiscono sul modello di sviluppo. Ingeborg Tangeraas ha sottolineato come il sostegno deve venire soprattutto dal basso: a fare la differenza deve essere la gente con una nuova sensibilità e responsabilità nei propri consumi.
Trasversale a tutti i temi è sicuramente la crisi della civilizzazione: Raihan Ali, sopravvissuto a un eccidio più di 28 anni fa nel Bangladesh in guerra con l'India, e ora responsabile del Thanapara Swallows Development Society, che sulle rive del Gange e da lavoro a più di 200 donne producendo tessuti per diverse organizzazioni del commercio equo mondiale. “Il futuro di un'economia sostenibile sta nella responsabilità e nel rispetto delle persone. Perché con l'economia equa e solidale - spiega Ali - non ci si riduce ad uno scambio di prodotti, ma si mettono in moto meccanismi di sviluppo locale che permettono risparmi alle famiglie così da mandare i bambini a scuola, alle donne di emanciparsi e, quindi, al paese di modernizzarsi”.
Quella di Montevecchio è una carta d’intenti, non un documento programmatico, che ha l’obiettivo di rimettere al centro mobilitazioni e letture del mondo, che parla, nuovamente, di delegittimazione del G8: “Come organizzazioni che si sono riunite dal 2 al 6 luglio nell'estremo sud della Sardegna, non riteniamo che il vertice del G8 che si riunirà prossimamente a L'Aquila sia il luogo legittimo dove discutere di tutto questo. Troppo grandi le responsabilità nella costruzione di questo modello di sviluppo, nell'incapacità di prevedere le crisi attuali, nelle promesse mai mantenute per poter ridare legittimità ad un vertice che nei fatti ha perso ogni ragione d'essere”.
A Iglesias si è perfezionata l’agenda delle prossime mobilitazioni globali. Un appello alle organizzazioni sociali, alle organizzazioni contadine, alla società civile globale, perché contribuiscano alla costruzione di un'agenda comune. Intanto ci si è dati appuntamento per la Giornata Mondiale della Terra del 12 ottobre, la Ministeriale Wto di Ginevra e la Conferenza della FAO sulla sicurezza alimentare a Roma - entrambe nel prossimo novembre - il Summit sul clima di Copenaghen del prossimo dicembre, il Forum Sociale Mondiale di Cuzco del prossimo marzo ed il Forum Enlazando Alternativas 3 di Madrid di maggio 2010.
Elvira Corona