Giornata della memoria: ricordare, non strumentalizzare

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"E' giunto il momento che i ricordi ragionati prendano il posto dei rancori esasperati. I principi di dignità della persona, di rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e dei diritti delle minoranze sono il fondamento dell'Unione Europea" - aveva dichiarato il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in occasione della "Giornata Nazionale del Ricordo" dello scorso anno.

"Tera de confin", una mailing list creata da un gruppo di istriani e dalmati nel mondo 60 anni dopo la tragedia dell'esodo evidenzia un destino singolare: "Siamo giunti concordemente alla conclusione che su queste vicende ci sono molte strumentalizzazioni, tanto più intense quanto più ci si avvicina ai grandi appuntamenti della politica italiana. Così il cancro che uccise la microciviltà del litorale adriatico, minandone la multietnicità che ne era alla base, continua a colpire ancora una volta ciò che rimane della vittima viene utilizzato come arma contundente negli scontri politici interni e come forza di penetrazione in politica estera. Come possiamo opporci a questo ennesimo scempio? Noi una via l'abbiamo trovata: stringendo i legami tra le diverse etnie, organizzando iniziative comuni e paritarie, dando informazioni il più possibile centrate a chi si avvicina per la prima volta alla storia ed alla cultura del litorale" - scrive Umberto Usmiani in un articolo riportato su L'Osservatorio dei Balcani.

Nonostante a chiunque osservi la situazione con occhio critico appaia chiaro che i presupposti che scatenarono i conflitti dello scorso secolo non esistono più e che attraverso la progressiva integrazione nell'Europa, sono di fatto caduti i confini che per tanti anni hanno diviso queste nazioni, "non sono stati definitivamente archiviati anche i pregiudizi, le avversioni, i contenziosi che hanno avvelenato i rapporti di queste genti apparentemente così diverse ma che proprio in queste zone avevano nei secoli e prima della bufera del fascismo, trovato un felice modo di convivere creando una cultura multietnica totalmente aperta verso l'esterno" - scrive Usmiani.

E assistiamo a manifestazioni apparentemente inspiegabili: delle associazioni di esuli (ma quanti iscritti hanno queste associazioni? E quanti degli iscritti sono esuli?) che proclamano in sede europea di essere rappresentanti dei sopravvissuti ad un genocidio, simboli istriani che diventano emblemi della peggior destra picchiatrice negli stadi [la capra istriana color oro su fondo azzurro, stendardo storico dell'Istria, esposta recentemente all'Olimpico insieme a svastiche e fasci littori, ndc], un interesse alle vicende del passato certo encomiabile ma obiettivamente ridondante, una tensione anti slava che, invece di sopirsi, sale lentamente. "Dietro a queste manifestazioni di profondo disagio stanno, incredibilmente, proprio quelle forze che questo disagio lo crearono distruggendo il secolare equilibrio tra le genti istriane e dalmate, tentando l'italianizzazione forzata delle centinaia di migliaia di Croati e Sloveni inclusi nei confini del Regno d'Italia dopo il 1918, che aggredirono ingiustificatamente la Jugoslavia e l'occuparono militarmente durante la seconda guerra mondiale con metodi spesso inumani" - nota Usmiani.

"Su queste vicende ci sono molte strumentalizzazioni, tanto più intense quanto più ci si avvicina ai grandi appuntamenti della politica italiana. Così il cancro che uccise la microciviltà del litorale adriatico minandone la multietnicità che ne era alla base continua a colpire ancora, e ancora una volta ciò che rimane della vittima viene utilizzato come arma contundente negli scontri politici interni e come forza di penetrazione in politica estera" - sottolinea Usmiani che invita a opporsi a questo ennesimo scempio "stringendo i legami tra le diverse etnie, organizzando iniziative comuni e paritarie, dando informazioni il più possibile centrate a chi si avvicina per la prima volta alla storia ed alla cultura del litorale".

La mailing-list "Tera de Confin" respinge, sottolineandone la negatività, le istanze di tipo nazionalistico e le contrapposizioni etniche e culturali in quanto tali e si propone di accomunare tutti coloro che credono nei valori della multi-culturalità, nel rispetto delle singole componenti etniche, linguistiche, storiche, religiose in un comune gesto d'amore per queste terre che sono di chi ci vive o di chi ci vorrebbe vivere o che, comunque, sente come proprie.

"Dopo anni di colpevole rimozione, sembra farsi strada l'affermazione di un'altrettanto fuorviante memoria selettiva sulle vicende del confine orientale" - scriveva Michele Nardelli in un ampio articolo pubblicato lo scorso anno su Ossercatorio dei Balcani. "Un tema, quello della memoria, che andrebbe invece trattato con estrema prudenza. Anche perché ad una lettura di parte, corrispondono molto spesso retorica e ritualità, componenti che ingessano la memoria come capacità di rileggere la storia. Ma soprattutto impediscono di fare l'unica cosa veramente importante e cioè capire ciò che è accaduto, perché è potuto accadere, indagare sulla colpa individuale, sulle responsabilità collettive, ma anche sulla rimozione e sulla falsa coscienza" [GB]

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