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Garissa, Isis ed un nuovo mondo
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Sono in molti a chiedersi le cause del ritardo stratosferico della polizia – 7 ore – dopo la strage di Garissa. Ma per i kenyoti Garissa non sta in Kenya. Il confine a nord del Kenya, quello non coloniale, per intenderci, sta poco a nord di Meru. V'è ancora una garritta che segna il vecchio confine. Da qui al confine di Stato v'è ancora metà paese da attraversare.
La polizia, indaffarata ad instascare “Kitu Kidogo” - una mancia giusto per non inventarsi una multa, è troppo indaffarata laddove vi sono i flussi di traffico per spostarsi nel deserto ai confini della Somalia. Ma la comunità internazionale questa cosa non la sa. Sa però mettere in crisi Kenyatta che ha risposto male ed in modo sbagliato. Male perché ha bombardato le basi di Al-Shabaab in territorio somalo con aerei da caccia. Non sappiamo quanto “intelligenti e mirati” siano stati i bombardamenti ma sappiamo, però, che è stata la prima missione dell'aereonatutica kenyota.
Il secondo errore è voler smantellare il campo profughi di Dadaab, sempre ai confini con la Somalia. Stiamo parlando del più grande campo al mondo dove oggi vivono almeno 530mila rifugiati, di cui 460mila provengono dalla Somalia. Per l’Unhcr il trasferimento dei somali nel loro paese d’origine è una violazione della legge internazionale.
Cosa fare allora? Nessuna risposta ma alcune piste.
a) Risposta politica transnazionale. Dare voce ai paesi arabi; alla Lega Araba. E' impensabile che nel 2015 non vi sia un solo paese arabo nei 15 (5 con veto e 10 non permanenti) del Consiglio di Sicurezza. Se vogliamo creare rappresentatività equa diamo voce alla religione che rappresenta più di un miliardo di fedeli.
b) Cessi il traffico d'armi. Secondo l’autorevole istituto di ricerca svedese SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute): «Il Medio Oriente è la zona nel mondo verso cui è diretta la maggior parte di sistemi militari: nell’ultimo decennio ne sono stati inviati per oltre 51 miliardi di dollari, che rappresentano più del 20 per cento di tutti i trasferimenti mondiali di armamenti. Un quinto di tutti i sistemi militari venduti nel mondo va quindi a finire proprio in Medio Oriente».
c) Intensificare una cooperazione internazionale che favorisca il dialogo e la conoscenza reciproca. L'interazione e non l'assimilazione. Insomma, il giusto contrario della separazione, del conflitto, della guerra. L'Unione Europea, il più grande donatore al mondo per la cooperazione internazionale può dare indirizzi a riguardo.
e) Evitare il confronto diretto con l’Isis può essere una scelta valida. Ad esempio, nel 2009 e nel 2010, i precursori dello Stato Islamico presero di mira numerosi civili con attacchi suicidi e autobombe nel centro di Baghdad, nel tentativo di provocare un intervento americano. I loro sforzi di reclutamento sono stati vanificati dal fatto che le forze americane e quelle irachene non hanno voluto (o non hanno potuto) rispondere agli attacchi. La brutalità e la barbaria degli attacchi è stata controproducente.
d) Non c'è nulla di più pericoloso della scuola, per i violenti. E per i maschi. Eppure questo neo-nemico che abbiamo armato più e più volte non si combatte come un esercito perchè ha un'infinità di gruppi, sigle e gruppuscoli. Va combattutta l'ignoranza che è l'humus dei cantastorie. Non solo mussulmani.
Per interrompere la crescita dell’Isis, bisognerebbe concentrarsi su 4 punti:
• Combattere la narrativa usata nei video postati online per reclutare nuovi militanti.
• Stabilire pubblicamente e in maniera chiara confini temporanei nella regione.
• Stabilire una moratoria internazionale sul pagamento dei riscatti in cambio di ostaggi. Prevenire il furto e la tassazione di artefatti storici, e soprattutto impedire che l’Isis prenda il controllo delle riserve e delle raffinerie di petrolio a Bayji, in Iraq.
• Lasciare che l’Isis riesca a instaurare uno stato fallito in un’area contenuta e in un lasso di tempo abbastanza lungo per dimostrare alla popolazione locale quanto sia impopolare e incapace di governare.
Ma il mondo deve riuscire a essere abbastanza disciplinato per lasciare che la fiamma dell’Isis si consumi da sé avviando nel contempo le riforme di cui necessita la comunità internazionale per un NOID – Nuovo ordine internazionale Democratico e, soprattutto, NOEI – Nuovo ordine Economico Internazionale.
Fabio Pipinato

Sono un fisioterapista laureato in scienze politiche. Ho cooperato in Rwanda e Kenya. Sono stato parte della segreteria organizzativa dell'Unip di Rovereto. Come primo direttore di Unimondo ho seguito la comunicazione della campagna Sdebitarsi e coniato il marchio “World Social Forum”. Già presidente di Mandacarù, di Ipsia del trentino (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) e CTA Trentino (Centro Turistico Acli) sono l'attuale presidente di AcliViaggi. Curo relazioni e piante.