Fuori coro sull'accordo sui farmaci all'OMC

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Alla Conferenza Ministeriale di Doha del 2001, che vide il lancio della DDA (Doha Development Agenda), ciclo negoziale dell' OMC attualmente in corso, uno dei temi piu' discussi fu quello dell' approvazione di un possibile emendamento del TRIPS (Accordo sugli aspetti commerciali della proprieta' intellettuale) che permettesse ai paesi in via di sviluppo la produzione in loco a basso costo di farmaci essenziali nella lotta contro malattie quali AIDS, tubercolosi e malaria.

Il perno dell' accordo in questione era la sospensione, per motivi eccezionali, dei diritti sulla produzione di tali farmaci posseduti, in genere, da multinazionali americane od europee (tale diritto dura vent' anni, durante i quali nessun altro se non il detentore del brevetto puo' produrre il farmaco).

E' evidente che tale sistema concentra il monopolio della produzione nelle mani di un solo produttore, fatto questo che spiega l' elevatissimo prezzo di alcuni farmaci (per esempio quelli usati nel trattamento delle persone sieropositive).

Nel 1999 il Brasile, uno dei pochi paesi al mondo dove le cure dei sieropostivi e malati di AIDS e' totalmente a carico del sistema sanitario, decise di sfidare questo diritto monopolistico per ragioni definite d' emergenza: in casi definiti tali, il governo brasiliano si arrogava il diritto di sospendere la validita' dei diritti derivanti dal brevetto sul territorio brasiliano.

Questo apriva la strada alla produzione in loco (che la potente industria farmaceutica brasiliana era in grado di assicurare) a costi molto piu' bassi (perche' spurgati del margine monopolistico, nel quale sono conteggiate pero' anche le pregresse onerose spese di ricerca e sviluppo).

Gli Usa ebbero a ridire sulla legge brasiliana (l' UE invece no, sempre e quando i suoi effetti fossero limitati a casi specifici).

Dopo intensi negoziati bilaterali, gli Usa (epoca Clinton) decisero di soprassedere ad un' azione bilaterale in sede OMC contro il Brasile, perche' nel frattempo era esploso il caso sudafricano (sentenza contro le case farmaceutiche) e l' opinione pubblica internazionale si era mobilitata sul tema.

In poco piu' d' un anno, la mobilitazione della societa' civile internazionale e, non tralasciamo di dirlo, l' atteggiamento responsabile dei paesi dell'UE, che si schierarono decisamente a favore di questa battaglia superando le perplessita' di alcuni, permise di arrivare alla Conferenza di Doha con un principio acquisito che sarebbe stato folle solo menzionare un paio d' anni prima: in certi casi specifici, il principio della proprieta' intellettuale, uno dei capisaldi del capitalismo, viene ormai sottoposto a ragioni d' odine superiore (umanitario).

Il dibattito da Doha in poi porto' quindi su un passo ulteriore: se i paesi con capacita' produttiva locale (Brasile, Sudafrica, India, Egitto...) possono produrre farmaci di cui non possiedono i brevetti mediante conclusione di un accordo sul prezzo con il possessore del brevetto, quid dei paesi piu' poveri, che tale capacita' produttiva non possiedono?

L' accordo del 16 dicembre 2002 prevedeva che i paesi produttori a costi ridotti potessero esportare ai paesi piu' poveri, tra l' altro i piu' esposti a quelle malattie endemiche cui si fa riferimento.

Accordo totale, ma negli Usa l' amministrazione e' ormai quella Bush, e gli Usa, succubi delle lobbies farmaceutiche, si mettono di mezzo, vanificando l'accordo di tutti gli altri membri dell' OMC.

Tralascio in questa sede i dettagli tecnici del dibattito e le motivazioni addotte dall' industria farmaceutica Usa: saro' lieto di tornarci se qualcuno me lo chiedera', anche in posta privata.

Dopo molti mesi in cui lo scoglio dell' accordo farmaceutico ha nella pratica bloccato il resto degli ambiziosi negoziati OMC, gli Usa hanno finalmente ceduto. D' ora in poi, i paesi produttori a basso costo potranno esportare i farmaci salvavita nei paesi piu' poveri, riducendo straordinariamente il costo della loro fattura sanitaria: e' quello che successe in Brasile, dove la gratuita' delle cura HIV non sarebbe sostenibile a prezzi internazionali.

Senza quest' accordo, la conferenza di Cancùn (10 - 14 settembre), che dovra' fare il punto sulla situazione dei negoziati OMC, a forte contenuto di sviluppo come deciso a Doha, sarrebbe sicuramente fallita. Forse questo spiega perche' gli Usa abbiano finalmente ceduto, ma cio' non toglie che l' accordo abbia un valore straordinario, e contribuisca a rendere questo molto un briciolo migliore.

Alcuni commenti in chiusura: da apprezzare il ruolo che l' UE, sempre schierata a fianco dei PVS nonostante le ovvie reticenze del nostro sistema industriale, ha avuto nella vicenda: una dimostrazione che la manus publica serve eccome!

Inoltre, una volta di piu' si dimostra che quando l'UE ha il coraggio d' assumere una posizione decisa, lo strapotere Usa barcolla, ed i paesi del Sud possono ottenere risultati concreti.

In questo quadro, fa quasi pena leggere i commenti di Agnoletto ed in generale del mondo anti - global, non solo in Italia, che anziche' rallegrarsi dell'avvenuto accordo (e delle vite che aiutera' a salvare), preferiscono minimizzarne la sua portata e sottolineare che e' stato raggiunto solo per non pregiudicare l' insieme dei negoziati.

Solo l' ignoranza (intesa como non conoscenza della questione nella sua complessita') o la malafede possono giustificare tali affermazioni. Tertium non datur.

Chi si fosse avventurato due o tre anni fa a prevedere un tale sviluppo avrebbe avuto diritto ad un ricovero in manicomio. Ed invece, grazie all' impegno di tanti, nella societa' civile e nelle istituzioni, una battaglia giusta e' stata vinta.

Il mondo cambia cosi', anche se alcuni professionisti del mondo migliore preferiscono sparlare.

scritto di di Stefano Gatto da New Delhi - India

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