Fuga dalla guerra tra le braccia del razzismo

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La storia di Mamadou Ba ha dell’incredibile, specie per chi è portato a pensare naturalmente “che da noi certe cose non succedono”.

Da noi dove? Nel Vecchio Continente, in Europa.

Da noi cosa non succede? Che le forze dell’ordine possano abusare dei propri poteri, contravvenendo al loro compito di difesa di tutti i cittadini. Che esistano gruppi, anche di ispirazione neonazista, che picchiano, torturano e uccidono altre persone per ragioni razziali.

Mi immagino già qualche mano alzata dopo queste poche affermazioni da parte di chi non dimentica in Italia il caso di Federico Aldrovandi, morto a soli 18 anni per i colpi inferti da alcuni poliziotti, o quello dei cosiddetti “omidici dei kebab”, dieci omicidi, decine di attentati e rapine a sfondo razzista compiuti in Germania. Ulteriore preoccupazione, e sdegno, ha suscitato la notizia recente del linciaggio di un giovane rom in una banlieue di Parigi. Dunque niente di nuovo sotto il sole in un continente che ha fatto dello stato di diritto e della tutela dei diritti umani la sua bandiera ma che purtroppo si trova ancora a fare i conti con antisemitismo e razzismo, potenziati oggi dalla ricerca di un capro espiatorio a cui attribuire le colpe della crisi in corso e legittimati peraltro politicamente dal voto popolare alle elezioni nazionali ed europee.

La vicenda di Mamadou Ba costituisce in ogni modo un unicum, frutto del clima di crescente razzismo in Europa di cui anche l’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, Navi Pillay, si è detta preoccupata. Quarantenne guineano, dal 2007 rifugiato politico in Grecia, di cui ha acquisito anche la cittadinanza, nell’ottobre 2013 è letteralmente scappato in Belgio dove il 19 maggio di quest’anno ha ottenuto asilo, a seguito della sua richiesta. Che non ci siano equivoci su questo punto: le autorità belghe hanno concesso lo status di rifugiato a Mamadou Ba perché in Grecia la sua vita era a rischio, e non per la sua origine guineana. Il caso di Mamadou Ba è senza precedenti, perché è fuggito da un Paese dell'Unione Europea, che lo aveva già riconosciuto come rifugiato, per richiedere asilo in un altro Stato membro. Peraltro si potrebbero eccepire dubbi dal punto di vista giuridico sul fatto che uno Stato membro dell’UE possa concedere nuovamente asilo, seppure per un’altra circostanza, a chi è già stato riconosciuto tale status. Degno di nota è peraltro che, mentre le pratiche di accertamento delle affermazioni di Mamadou Ba proseguivano dandogli ragione circa il livello di violenza praticato in Grecia di cui egli era stato vittima, la Grecia manteneva il semestre di presidenza della Commissione dell’UE che indirizza le attività dell’intera organizzazione sovranazionale senza alcun tipo di ammonizione.

Ecco la sua storia. Mamadou Ba viveva al Patissia, un quartiere centrale di Atene, lavorando come lavapiatti in un ristorante. Nonostante le difficoltà economiche, era riuscito non solo a sbarcare il lunario, ma anche a essere un cittadino attivo per garantire dignità e diritti ai membri della sua comunità di appartenenza emigrati in Grecia. Una notte del maggio dello scorso anno Mamadou era in attesa alla fermata dell’autobus quando alcuni uomini in moto legati al partito di estrema destra Alba Dorata lo hanno aggredito, colpendolo in fronte con una mazza metallica; lo hanno lasciato tramortito in mezzo alla strada, più morto che vivo. Ricordi confusi si sono accavallati nella testa dell’uomo: immagini sfocate di persone che passavano per la strada ma che non si fermavano a soccorrerlo. Una quarantina di minuti dopo, ripresa conoscenza, Mamadou con la testa coperta di sangue ha fermato un taxi per andare in ospedale. Con incredulità racconta che la prima domanda che l’autista gli ha rivolto è stata “Hai i soldi per pagare?”.

Secondo Mamadou, il violento attacco non è da collegare al suo attivismo ma solo al razzismo ideologico professato da Alba Dorata. Mamadou non ha segnalato l’accaduto alla polizia, ritenendo che esistesse una forte collusione con gli stessi squadroni di Alba Dorata, ma a distanza di alcuni mesi ha deciso di affidare la sua storia ai mass media, greci e internazionali. I timori di Mamadou era piuttosto fondati se è vero che dopo queste interviste pubbliche è stato arrestato durante un controllo d’identità, portato alla stazione di polizia, e intimidito. Racconta lo stesso Mamadou Ba: “La polizia mi ha umiliato. Mi hanno trattenuto nudo e si sono burlati di me dicendo ‘Guarda un po’ chi si sta intromettendo nelle questioni politiche della Grecia’. Mi hanno poi ripetuto in continuazione ‘Vuoi parlare di nuovo coi mass media?’”. Alla fine è stato rilasciato ma le minacce non si sono arrestate e di certo l’accoltellamento a morte da parte di un militante di Alba Dorata del rapper antifascista Pavlos Fyssas in quei giorni del settembre 2013 non facevano presagire nulla di buono. Mamadou riferisce che, in un nuovo tentativo di imboscata dopo il lavoro (stavolta sapendo fin troppo bene chi fosse), “sono riuscito a scappare, ma non potevo più vivere lì. Ho lasciato il mio lavoro, la mia casa per paura di essere trovato e mi sono rinchiuso in una stanza insieme ad altre 5-6 persone. Non avevo nemmeno voglia di mangiare, non riuscivo a dormire. Mi hanno detto ‘Mamadou devi lasciare la Grecia o ti ammazzano’”. Detto, fatto: Mamadou ha preso il volo per Bruxelles e all’arrivo ha presentato domanda di asilo, accettata senza menzionare la Grecia o darne alcuna motivazione. Tuttavia è evidente che la decisione è sicuramente importante per il governo di Atene, in quanto fa implicitamente dedurre che il Paese non è in grado di proteggere alcuni dei suoi cittadini.

A distanza di alcuni mesi dal trasferimento e a poche settimane dall’aver ottenuto i documenti, Mamadou, che vive oggi in un centro di accoglienza aperto nella provincia di Charleroi, racconta la sua nuova vita paragonando il tipo di accoglienza ricevuta nei due Stati dell’UE. “Qui le cose sono diverse. Il migrante che arriva in Belgio trova un sistema che lo accoglie e lo sostiene. Ti ospitano, ti nutrono e ti proteggono. Ti aiutano a integrarti all’interno della comunità. In attesa della decisione in materia di asilo, ti danno l’opportunità di imparare un mestiere, per arrivare pronti a cercare un posto di lavoro una volta che è stata concessa l’autorizzazione. Il razzismo esiste ovunque, ma qui ci sono anche leggi che proteggono.” Tuttavia se lo sguardo torna alla situazione in Grecia, Mamadou non può che vedere che il movimento attivista dei migranti si è fortemente indebolito. Quasi tutti i suoi ex colleghi si sono ritirati perché ormai lo ritengono un “hobby pericoloso”, e ogni giorno la “caccia all’immigrato” sembra peggiorare. Ma Mamadou Ba non si arrende e, anche se ora vive in Belgio, dichiara che continuerà a lottare per cambiare le cose in Grecia, da lontano e nella consapevolezza del forte appoggio popolare (ben il 9%) che Alba Dorata ha riscosso nelle ultime elezioni europee.

Miriam Rossi

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