Formazione libera tutti

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Si allunga la vita. Per fortuna. Si allunga anche la distanza tra il “periodo di formazione” inteso come “scuola dell’obbligo” e l’oggi. La formazione è come il pane. Possiamo anche farne senza. Per un giorno. È il miglior investimento per la nostra terra. Ogni euro investito in formazione lo ritroviamo moltiplicato pro futuro. Ma chi ha bisogno di formazione?

I giovani che vorrebbero mettersi a servizio. Ma i giovani vogliono servire? Assolutamente si! L’Ufficio Servizio civile ACLI nazionali ci dice che viene accolta meno di una domanda su due da parte del Ministero. Insomma, molti giovani vogliono mettersi al servizio dei comuni, case di riposo, caritas, disabili, onlus, botteghe del commercio equo. Lo Stato da l’opportunità solo ad uno su due. Preferibilmente se è studiato. Uno scandalo. E poi si condanna, ipocritamente, il vuoto riempito da alcool, velocità o droghe più o meno leggere. Dovremmo spalancare le porte ad ogni giovane che bussa. Almeno dargli l’opportunità di faticare, dedicarsi, impegnarsi.

Non solo gli insegnanti ma tutti gli educatori come gli animatori delle nostre comunità, gli operatori sociali, i volontari, gli allenatori, i catechisti dovrebbero avere luoghi di formazione permanente per approfondire, acquisire nuove idee, strumenti e linguaggi al fine di relazionare con la “youtube generation”.

Una coppia su due si sposa. Una coppia su due convive. Tutti, indistintamente, avrebbero bisogno di un percorso minimo che li aiuti a “stare assieme”. Quindi a dialogare / contrattare / evolvere gli inevitabili microconflitti quotidiani. Le Diocesi e le Istituzioni dovrebbero unire le forze per percorsi formativi che accompagni prima le giovani coppie e poi le giovani famiglie ad affrontare la bellezza e la violenza della vita. L’alternativa è l’implosione da parte di troppi tra le difficoltà quotidiane. Giovani genitori che arrivano a sera stremati dopo avere accompagnato i figli ovunque. Come fossero dei disabili. Ma non è forse il caso d’imparare ad accontentarsi delle attività sotto casa?

I candidati e gli eletti, dal sobborgo all’Onu, necessitano sia di una “formazione minima” per conoscere l’Istituzione per la quale si opera, le “magne carte” fondative, per “leggere i tempi” reindirizzando la politica a difesa dei più deboli. I più forti hanno difese in abbondanza. Rinnovate scuole di preparazione sociale e politica possono aiutare gli adulti a riappropriarsi della polis troppo spesso delegata in ambito amministrativo o partitico.

Sia i datori di lavoro che i lavoratori necessitano di formazione permanente per l’innovazione. Le “software house” più famose al mondo non concedono più di 15 giorni di ferie agli ingegneri dipendenti, onde evitare un divario di formazione. Il mercato viaggia ad una velocità tale che non permette insufficienze nell’acquisizione di sapere. Oggi, con la crisi in corso, chi ha una professione ben definita ma non la duttilità sufficiente per adattarla a nuove mansioni è a rischio disoccupazione. Negli USA i dirigenti che hanno perso il posto di lavoro vanno a fare i “riparatori” a domicilio. L’hobby è diventato impiego e sembra non esserci posto per l’orgoglio.

66 scuole in Italia per cooperanti. Molte dovranno chiudere i battenti vista l’impossibilità d’impiego di persone preparate e frustrate. Lo 0,07% del Pil da parte del governo alla cooperazione internazionale è una sconfitta per tutti. E pensare che il rapporto Craxi (1990) su mandato di Perez de Cuellar auspicava più cooperazione per più sicurezza.

Ai nuovi cittadini (immigrati) è giusto dare le informazioni per il permesso di soggiorno o il ricongiungimento ed ancor più giusto favorire l’interazione con l’apprendimento della lingua italiana. Ma non basta. Servono luoghi e tempi per apprendere la Costituzione Italiana, gli usi, le consuetudini ed i costumi. I doveri assieme ai diritti. Insomma una formazione a quell’educazione civica che, a quanto pare, dovrebbe tornare anche a scuola con la riforma Gelmini.

Infine gli anziani. Vi sono centinaia di sedi dell’Università della terza età e del tempo disponibile in Italia. Più che le materie sono fondamentali le relazioni che questi luoghi favoriscono. Chi rimane a casa a consumare il telecomando si ritroverà più povero, più solo e più rancoroso nei confronti della diversità. Liberare gli anziani dalle loro mura domestiche per favorirne la socialità è un obbligo civile. Insomma, ha ragione il Presidente Napolitano. Investiamo in formazione e ricerca. Oggi. Per tutti.

Fabio Pipinato

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