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Fine vita, tra diritti individuali e voglia di indipendenza
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Il Parti Québécois è un partito politico che rivendica la sovranità nazionale per la provincia canadese del Quebec e che nel 1995 andò molto vicino a ottenerla, venendo sconfitto in un referendum per l’indipendenza con un margine inferiore all’1%.
Il mese scorso, il Parti Québécois è tornato agli onori delle cronache internazionali per aver portato di fronte al Parlamento del Quebec la Bill 52, ad oggi la più completa regolamentazione giuridica di fine vita in tutto il Nord America. La nuova legge dovrebbe istituzionalizzare una vasta serie di cure palliative per i pazienti terminali. Véronique Hivon, il ministro che ha guidato il processo di consultazione attraverso più di quattro anni, si rifiuta di usare la parola ‘‘eutanasia’’ per il processo che darà ai pazienti una opzione legale per chiedere ai medici di porre fine alla loro sofferenza con una iniezione letale, preferendo il termine “assistenza medica a morire’’. Gli oppositori della legge sostengono che questo è un semplice offuscamento per aggirare la Costituzione canadese. Il codice penale canadese definisce l’eutanasia come omicidio; ma se la Bill 52 venisse interpretata come materia esclusivamente medica, allora sarebbe sotto esclusiva giurisdizione provinciale. Resta da vedere come il governo federale risponderà alla legislazione. “Se non contestano, la base sarà arrabbiato con loro”, ha osservato Jocelyn Downie , professore di diritto e medicina alla Dalhousie University di Halifax, “ma se lo fanno, tutto il Quebec sarà arrabbiato perché il Quebec vuole davvero questa legislazione.”
Perché il parlamento del Quebec dovrebbe avere tanto interesse a legiferare sui diritti in materia di eutanasia? Lo Stato è stata a lungo considerato come il naturale e l’unico contenitore dei diritti di cittadinanza, mentre parlamenti e tribunali regionali e provinciali sono normalmente considerati come attori relativamente irrelevanti in questo ambito.
Eppure, sono molti gli esempi di istituzioni regionali che deliberano in materia di diritti di cittadinanza. Il caso della legislazione di fine vita in Quebec è solo l’esempio più recente . In precedenza nella storia, la provincia canadese del Wyoming ha tenuto una delle prime elezioni politiche in cui sono state incluse nel suffragio anche le donne. Allo stesso modo, il parlamento della California ha cercato a lungo di estendere l’assicurazione sanitaria pubblica ai milioni di immigrati clandestini che vivono nello stato. In Belgio, il governo delle Fiandre ha istituito un regime di assistenza sanitaria obbligatoria per tutti gli individui che vivono nella regione. E in Austria, il Land Tirolo offre il diritto costituzionale di un sussidio sociale minimo per tutti i residenti. Questi esempi dimostrano che all’interno delle federazioni, province e regioni fanno ampio uso dello spazio costituzionale lasciato aperto dal sistema costituzionale per estendere i diritti di cittadinanza al di là di quelli riconosciuti dal livello statale.
Tuttavia anche in stati che non sono costituzionalmente federali le istituzioni regionali hanno cercato di aprire nicchie politiche per ampliare i diritti individuali . Per esempio, in Spagna il governo basco è stato un precursore nell’introdurre il reddito minimo garantito ai residenti. Nel Regno Unito, il parlamento scozzese ha promosso una visione particolarmente ampia dei diritti umani che contrasta nettamente con le idee recentemente promosse dal governo di Londra. In Italia, il governo regionale della Toscana fornisce assistenza sanitaria pubblica aperta anche agli immigrati. Tutte queste regioni sono in concorrenza con lo Stato nell’offrire agli individui una legislazione più avanzata in tema di diritti di cittadinanza. Per quali ragioni?
Per prima cosa, tutte le istituzioni regionali citate nell’articolo operano entro i limiti del costituzionalismo democratico che sostiene con fermezza i diritti individuali attraverso vincoli costituzionali. Sarebbe quindi difficile per queste regioni restringere i diritti di cittadinanza, mentre ci sono specifici incentivi per promuovere una legislazione più progressiva. E questo tuttavia non spiega interamente come mai alcune regioni invece di altre sono alla ricerca di soluzioni innovative in questo ambito.
Un motivo che potrebbe spiegare le ragioni per cui le istituzioni regionali di alcune regioni in particolare si interessano a una legislazione progressiva in materia di diritti di cittadinanza potrebbe trovarsi nella ricerca di una giustificazione per le proprie prerogative. La distribuzione del potere tra i diversi livelli di governo è in fase di rinegoziazione in molti stati e le regioni sono continuamente tenute a spiegare perché meritano diritti di autogoverno. Dalla Scozia al Quebec, passando per il Trentino e l’Alto Adige, le istituzioni regionali sono alla ricerca di strategie innovative per giustificare il loro status di autogoverno. In passato, l’autogoverno è stato spesso spiegato come un mezzo per preservare la diversità e la specificità delle regioni. E se invece il meccanismo funzionasse alla rovescia? Se la diversità e la specificità delle regioni fossero un mezzo per preservare l’autogoverno? L’invenzione di una tradizione progressiva in materia di diritti di cittadinanza fornisce una risposta piuttosto convincente alla domanda perché un sistema politico regionale dovrebbe meritarsi lo status di regione autonoma all’interno di uno stato.