www.unimondo.org/Notizie/Filosofi-no-all-acqua-come-merce-52745
Filosofi, no all'acqua come merce
Notizie
Stampa
Appello contro la privatizzazione dell'acqua in Ato2 Napoli-Volturno,che vede come primi firmatari Alberto Lucarelli e Sergio Marotta e Gerardo Marotta(Presidente dell'Istituto Studi Filosofici ,palazzo Serra di Cassano,via Monte di Dio -Na),ed Emilio Molinari(presidente del Comitato Italiano per un contratto mondiale dell'acqua).
APPELLO
1. Premessa
Con la delibera del 23 novembre 2004 l'ATO 2 Napoli Volturno ha deciso di affidare il Servizio idrico integrato ad una società mista a capitale pubblico/privato, con il socio privato scelto mediante pubblica gara. Nel giro di un anno dall'affidamento del servizio, i soci privati passeranno dalla quota iniziale del 40 % del capitale a quella del 49 %; mentre, nel giro di due anni, con la vendita della rimanente quota pubblica, i soci privati acquisiranno l'intero capitale sociale.
L'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione dell'acqua, nonché quello di fognatura e depurazione delle acque reflue, per una popolazione di quasi tre milioni di cittadini campani residenti nei 136 Comuni delle province di Napoli e di Caserta sarà così affidato ad una società mista destinata nel giro di due anni a diventare completamente privata.
Siamo convinti che la privatizzazione del servizio idrico o anche il solo affidamento ad una società mista pubblico/privato sia un gravissimo errore politico, oltre che giuridico-economico, e che la delibera del 23 novembre 2004 dell'ATO 2 debba essere al più presto revocata e la gara attualmente in corso debba essere conseguentemente annullata, sulla base delle seguenti considerazioni di carattere economico-giuridico:
2. Il servizio idrico costituisce un monopolio naturale d'importanza strategica
Il servizio idrico, oltre a possedere le caratteristiche di tutti i monopoli naturali, cioè costi assai rilevanti per le infrastrutture e gli impianti, riveste anche un'importanza fondamentale per la qualità della vita, configurandosi come un vero e proprio diritto sociale da garantire, indipendentemente dalle condizioni economiche e geografiche. Pertanto, per la sua gestione si impongono gli obblighi previsti per la fruizione del servizio pubblico universale, per il quale l'intervento pubblico è necessario al fine di assicurare il servizio a chiunque senza discriminazioni e senza interruzioni, ad un prezzo accessibile, con qualità determinata.
3. Assenza delle condizioni di concorrenza in settori non orientati al mercato quali il servizio idrico integrato
La presenza di elevati costi fissi d'impianto non consente l'applicazione della regola della libera concorrenza, che in ogni caso, in osservanza del diritto comunitario, cede rispetto al principio della coesione economico-sociale. Il ciclo integrato (approvvigionamento, trattamento delle acque grezze, distribuzione all'utente finale, fognatura e depurazione delle acque reflue) non può essere frammentato senza introdurre forti elementi di inefficienza. Ne consegue che l'unica forma di privatizzazione è quella di mettere in concorrenza gli operatori per acquisire il diritto di esclusiva a servire l'intero mercato (cosiddetta concorrenza per il mercato). Ma in questo modo si cede un settore d'importanza strategica per lo sviluppo nelle mani di una sola impresa, venendosi a configurare di fatto un monopolio privato.
4. La privatizzazione del servizio non porterebbe alcun beneficio significativo per i fruitori, ma si tradurrebbe semplicemente in un aumento dei costi
La gestione del servizio idrico integrato affidata a soggetti privati richiede meccanismi istituzionali di controllo molto complessi. L'implementazione di queste misure accessorie si tradurrà inevitabilmente in una lievitazione dei costi di erogazione del servizio. Un gestore privato deve inoltre necessariamente seguire la logica del profitto e dell'incentivo al consumo del bene, ed è naturale ritenere che ciò, oltre a determinare un aumento dei costi di fornitura non giustificato da un miglioramento del servizio, si ponga in contrasto con il principio dell'uso razionale delle risorse idriche.
5. Inadeguatezza delle risorse finanziarie
Il capitale sociale della società consortile fissato in 500.000 Euro appare del tutto inadeguato alla gestione del servizio idrico integrato del più grande ATO d'Italia con 136 Comuni ed oltre 2 milioni e ottocentomila persone. La partecipazione del capitale privato appare, inoltre, del tutto inesistente dal momento che i privati sulla base del bando di gara devono versare la cifra del tutto irrisoria di 200.000 Euro, per acquisire il 40 % del capitale di una società il cui fatturato potenziale, secondo i calcoli dell'ATO 2, ammonta a 242.867.000 Euro.
6. Inadeguatezza dei requisiti del bando di gara per la scelta del socio privato
I requisiti richiesti dal bando di gara per la selezione del socio privato appaiono assolutamente inadeguati alla realtà economica e gestionale dell'ATO 2 Napoli-Volturno. Il bando prevede, infatti, che per partecipare alla gara sia sufficiente aver gestito segmenti di esercizi idrici a rete fissa (captazione, adduzione, distribuzione, fognatura, depurazione) per una popolazione di 250.000 abitanti e aver realizzato nell'ultimo biennio un fatturato non inferiore a 15 milioni di euro. La popolazione dell'ATO 2 Napoli-Volturno, invece, è di oltre 2,8 milioni di abitanti e il fatturato annuo della gestione è previsto, dalla stessa ATO 2, in oltre 242 milioni di Euro. I requisiti del socio privato sono, dunque, del tutto insufficienti per selezionare un partner dotato della necessaria esperienza gestionale e con effettive capacità tecnico-finanziarie.
7. Vizi di illegittimità della delibera dell'ATO 2 del 23 novembre 2004
La delibera dell'ATO 2 appare viziata da diversi profili di illegittimità alla luce del diritto interno e comunitario. In particolare, risultano illegittime tanto le disposizioni contenute nel punto 5) della delibera, che prevedono la totale privatizzazione del servizio, quanto quelle contenute nei punti 1) e 4) che, in contrasto con la regola comunitaria della concorrenza e con la più recente giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, prevedono l'affidamento diretto, cioè senza gara, ad una società consortile a capitale misto pubblico-privato.
8. Inadeguatezza giuridico-economica del modello misto pubblico-privato
La gestione a mezzo di una società mista pubblico/privato non è riconducibile ad una gestione pubblica. La società mista, infatti, è una società ibrida poiché è un soggetto con due anime: quella pubblica che persegue interessi di natura pubblica - l'acqua per tutti, in modo efficiente e senza sprechi, ad un prezzo equo -, quella privata che, al contrario, indipendentemente dalla quantità di capitale posseduto, "obbedisce a considerazioni relative agli interessi privati e persegue obiettivi di natura diversa". A ciò si aggiunga che lo strumento della società mista laddove applicato nell'ambito della regione Campania ha dato pessima prova aumentando sprechi e inefficienza nei servizi.
9. Radicale modificazione del quadro giuridico-economico successivo alla delibera del 23 novembre 2004
L'intero quadro normativo e giurisprudenziale alla base della delibera è completamente cambiato: ormai è inconfutabile che l'affidamento diretto ad un soggetto interamente pubblico con il metodo del cosiddetto in house providing è legittimo e praticabile. Sono, quindi, venuti meno i presupposti della delibera del 23 novembre 2004, sulla base dei quali si affermava testualmente "l'affidamento in house. è attualmente impraticabile".
10. Ricorso all'istituto della revoca da parte dell'Assemblea dell'ATO 2
La revoca della delibera è perfettamente in linea con il principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione, che prevede la possibilità per la P.A. di riconsiderare le proprie decisioni in tutti i casi in cui le stesse non appaiano più conformi ad un conveniente e adeguato perseguimento dell'interesse pubblico. Inoltre, occorre ricordare che l'affidamento diretto della gestione ad un soggetto totalmente pubblico è stato ritenuto legittimo e praticabile anche dal "tavolo tecnico" nominato nel luglio 2005 dal Consiglio d'Amministrazione dell'ATO 2 Napoli-Volturno.
11. Conclusioni
Sulla base di tali considerazioni siamo fermamente convinti che la gestione privatizzata non sia la soluzione più efficiente per risolvere i problemi di gestione del servizio idrico nell'area napoletana e casertana, dove occorre una decisa politica di investimenti pubblici, nell'ambito di un nuovo quadro legislativo statale e regionale, che responsabilizzi finalmente la regione quale soggetto-guida indispensabile per la realizzazione di un processo di cooperazione tra gli enti locali.
Gran parte dell'acqua immessa nella rete idrica viene oggi dispersa, sia per l'insufficienza dei bacini di raccolta, sia per le perdite lungo le reti di distribuzione. La politica di gestione dell'acqua dovrebbe farsi carico di nuovi investimenti pubblici per ristrutturare l'intera rete idrica campana. In questa prospettiva le politiche di tariffazione dell'acqua dovrebbero prendere in considerazione i costi finanziari diretti della fornitura dei servizi idrici, i costi ambientali e il costo della risorsa; i prezzi dovrebbero essere direttamente proporzionali alle quantità d'acqua utilizzate e all'inquinamento prodotto, per indurre gli utenti ad utilizzare l'acqua in modo più razionale e a ridurre l'inquinamento.
Tutto questo può essere programmato e gestito soltanto da un soggetto totalmente pubblico, con una gestione economicamente efficiente e trasparente, in una prospettiva di programmazione nell'interesse dei cittadini utenti del servizio. Un soggetto che sia il frutto di aggregazioni di risorse pubbliche già esistenti, al fine di accrescere la scala dell'attività produttiva, conseguire vantaggi organizzativi, garantire a tutti i cittadini, e ad eguali condizioni, l'effettività del diritto all'acqua, quale diritto fondamentale dell'uomo.
Napoli, 22 dicembre 2005