Festa dell’Europa: attendendo il futuro

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Sin dalla sua prima redazione, nel 1787, la Costituzione americana prevede che il presidente “di tanto in tanto” dia informazioni al Congresso riguardo lo stato della nazione e la sua agenda futura. Il primo discorso sullo Stato dell’Unione è di George Washington e risale al 1790. Nel 1801 Thomas Jefferson interruppe la tradizione, limitandosi a inviare al Congresso una copia scritta del discorso. Nel ventesimo secolo, tuttavia, l’appuntamento, è diventato una scadenza fissa: una volta l’anno, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, il presidente degli Stati Uniti riferisce la situazione della nazione al Congresso in seduta plenaria alla presenza dei membri del governo e della Corte Suprema e in diretta televisiva davanti all’intera nazione. Lo State of the Union è un esempio generalmente ritenuto piuttosto valido di come le istituzione rendano conto del proprio operato ai cittadini.

Questo discorso serve anche per rafforzare l’identità unitaria dello Stato che si trova ad essere rappresentato fisicamente da un’unica persona. Viene da chiedersi se l’Unione Europea, proprio in questo momento così difficile in cui l’impopolarità dell’istituzione è ai massimi livelli, possa un giorno giungere a una federazione simile a quella degli USA. È bello però pensare in grande, proprio oggi in cui cade la Festa dell’Europa.

Partendo da questo presupposto, l’Istituto Universitario Europeo, il centro di ricerca universitario dell’Unione Europea, ha ritenuto opportuno organizzare un analogo evento che serva a rendere conto delle attività presenti e dell’agenda futura delle istituzioni europee, cercando di stabilire una connessione tra Bruxelles e i cittadini. Dal 2011, quindi, la versione in salsa europea dello State of the Union si tiene ogni anno tra Fiesole e Firenze a ridosso del 9 maggio, la ricorrenza in cui si celebra la Festa dell'Europa. L’edizione 2014, la terza, ha un valore particolare perché si celebra alla vigilia delle più importanti elezioni per il Parlamento europeo degli ultimi vent’anni.

Sono, anzitutto, le elezioni che potrebbero disegnare il primo Parlamento europeo con una forte componente di partiti euro-scettici al suo interno. Potrebbe incoraggiare gli europeisti il fatto che le loro piattaforme programmatiche siano in realtà molto variegate (populiste, post democratiche, nazionaliste, regionaliste, indipendentiste, xenofobe o apertamente fasciste) e che sarà molto difficile, almeno così dicono le proiezioni e le analisi più accreditate,  creare un gruppo omogeneo nell’Europarlamento, circostanza che diminuirà notevolmente la loro reale incidenza.

La presenza di partiti euroscettici, se si mantenesse al di sotto della soglia del 30% almeno come seggi, potrebbe però avere effetti imprevisti: rafforzare, ad esempio, la determinazione dei gruppi tradizionali, costretti, almeno per il timore di essere sopraffatti, a serrare le fila. E potrebbe anche rendere i dibattiti del Parlamento europeo più interessanti per i non addetti ai lavori e per i media nazionali. Quello del rapporto con i partiti euroscettici e del loro ruolo nelle istituzioni è stato di gran lunga il tema principale delle conferenze cui hanno partecipato, tra gli altri, Romano Prodi, Mario Monti,  George Soros, Manuel Barroso, Federica Mongherini, e Matteo Renzi.

In secondo luogo, si tratta di elezioni particolarmente importanti perché per la prima volta voteremo per una maggioranza nel Parlamento Europeo che a sua volta eleggerà il presidente della Commissione europea. L’odierna campagna elettorale, benchè abbia sicuramente risvolti interni ai singoli paesi, è contrassegnata da questioni che superano la dimensione nazionale: la moneta unica, il fiscal compact, il futuro del processo di integrazione comunitaria, i rapporti con i cittadini. Finalmente dunque si parla di questioni europee.

Anche se poi molti elettori continueranno a votare in base a criteri nazionali, disinteressandosi dei candidati alla guida della Commissione, questa campagna ha impegnato per la prima volta dei candidati non nazionali in una serie di dibattiti su tematiche sovra-nazionali. Il confronto tra i quattro candidati alla Commissione Schultz, Juncker, Bove, Verhofstadt (assente il Greco Tsipras) si terrà oggi e sarà seguito in diretta streaming su RaiNews a partire dalle 18.30.

In questi ultimi mesi l’agenda verso le elezioni europee ruota intorno ai punti degli euroscettici, invece che parlare concretamente di futuro. Si discute troppo poco invece sull’effettiva integrazione economica del continente, sugli strumenti per condividere il debito, sulla possibilità di una svolta ecologica. Occorre rivendicare la bontà del progetto europeo che ha consentito ai giovani di viaggiare, di studiare liberamente nei vari paesi della UE, di non percepire quasi più i confini.

La sfida è quella di imporre una nuova narrazione sull’Europa capace di parlare al futuro.

Ci ha provato Romano Prodi. Nel suo intervento l’ex presidente della Commissione Europea ha ricordato che una volta Kohl gli confidò: “Io voglio l'euro perché mio fratello morì in guerra combattendo contro la Francia”. Il progetto europeo si sviluppa attraverso iniziative coraggiose e rivoluzionare (“fino a che non abbiamo iniziato a stampare la nuova moneta - ripeteva sorridendo ieri Prodi - i cinesi non riuscivano a credere che in Europa avremmo abolito il franco e il marco... Della lira, a dire la verità, non mia hanno mai detto nulla...”). Altri elementi stanno nel coraggio e nella determinazione di condividere le Istituzioni come strumento per superare i conflitti che per secoli lacerarono l'Europa che andrebbero ricordati sempre. Invece la dimensione pacifista e pacificatrice del progetto europeo è oggi data per scontata, se non addirittura negletta dalle nuove generazioni che non hanno mai conosciuto il conflitto e la miseria che ne seguì. E gli euroscettici hanno gioco facile a cavalcare questa ignoranza.

 Non ci illudiamo che questa tendenza si inverta facilmente. Servirà una generazione di politici meno grigi di questi, ma anche più attrezzati culturalmente. Si vedrà anche da queste interessanti occasioni di dibattito: sognando un Presidente dell’Unione Europea che possa fare un vero discorso sullo stato dell’Unione…

Lorenzo Piccoli

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