Etiopia: sviluppo democratico per superare le emergenze

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L'emergenza Etiopia si ripresenta puntualmente nella sua drammaticità. E con lo spettro della fame che sembra aleggiare di nuovo sulla popolazione etiope si propongono anche i vari piani di emergenza sostenuti da alcune agenzie internazionali come il World Food Programme, il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite. Tuttavia c'è chi ritiene che queste forme di intervento possano avere degli effetti
negativi nel lungo periodo se non accompagnate da trasformazioni politiche, economiche e sociali efficaci per lo sviluppo del paese. Berhanu Nega, direttore dell'Ethiopian Economic Association (EEA), ha evidenziato i limiti delle operazioni di aiuto nel paese. Criticando le politiche di aggiustamento strutturale attuate da Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, Nega ha sottolineato come gli interventi di aiuto da parte di paesi stranieri si siano verificati per così tanto tempo da impedire la significativa crescita economica e lo sviluppo del paese. L'Etiopia, secondo Nega, dovrebbe elaborare proprie soluzioni ai problemi piuttosto di ricevere prescrizioni da questa o quella agenzia internazionale. A questo scopo diventa fondamentale una riforma democratica, che manca tuttora nel paese.

Paolo Pironti, un agronomo italiano che vive in Etiopia da diciotto anni, dice: "Gli aiuti alimentari vengono portati qui non per soccorrere i bisognosi, ma per liberasi delle eccedenze di produzione dei contadini supersovvenzionati degli Stati Uniti, del Canada e dell'Europa occidentale. Se non fosse così, perché non darci direttamente denaro contante? Con quei soldi qui potrei comprare il doppio dei cereali, perché i prezzi sono bassi e si ridurrebbero i costi e i tempi dei trasporti". Dall'intervista a Pironti emerge la considerazione che, dalle Nazioni Unite fino ai contadini, tutti traggono vantaggio dall'esagerazione e dall'amplificazione delle crisi alimentari africane. E i mass media in questo hanno un ruolo decisivo: i loro articoli e le loro immagini provocano il senso di colpa occidentale necessario a far girare la macchina degli aiuti, gigantesca, costosa e spesso inefficiente.

In questi giorni il WFP ha dato l'allarme attraverso le parole della sua responsabile
per l'Etiopia, Georgia Shaver:"Quest'anno 12 milioni e mezzo di persone dovranno affrontare la fame a meno che la comunità internazionale non decida presto di intervenire"; la Shaver ha sottolineato che il paese necessita di un piano di intervento a lungo termine, per superare le lacune degli interventi annuali di emergenza. Il WFP ha osservato che l'insicurezza alimentare in Etiopia è endemica, dovuta essenzialmente all'elevata densità
della popolazione, allo scarso sviluppo agricolo, ad un insufficiente sistema di primo soccorso e a condizioni climatiche sfavorevoli che determinano lunghi periodi di siccità, ma anche disastrose inondazioni. Il WFP si sta appellando ai donatori affinché siano stanziati 90 milioni di dollari per sostenere le operazioni di emergenza nel paese africano; il programma delle NU avrà bisogno infatti di 619,000 tonnellate di rifornimenti alimentari.

L'Etiopia è uno di quei paesi africani su cui grava pesantemente il debito economico verso i paesi industrializzati, "un debito la cui cancellazione potrebbe essere un importante strumento per lo sviluppo dell'Africa" è stato sottolineato durante il meeting annuale della Banca Africana per lo Sviluppo ad Addis Abeba, a cui hanno preso parte i Ministri della finanza, della pianificazione e dello sviluppo economico, di 53 nazioni africane. In questa occasione il primo ministro Etiope, Meles Zenawi, ha criticato la burocrazia del suo paese sostenendo la necessità di maggiori investimenti nelle infrastrutture rurali e di apertura agli investimenti esteri.

In questo periodo si sta concludendo in Italia la campagna "Cibo per l'Etiopia", lanciata nel novembre 2002 dall'associazione Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, in collaborazione con i Salesiani di Don Bosco, e finalizzata all'acquisto di
cibo, alla costruzione di pozzi e alla realizzazione di attività che potessero aiutare la popolazione del paese ad affrontare la recente carestia.

Fonti: AllAfrica.com, Internazionale, Inter Press Service, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo;

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