Etiopia: Zenawi mostra i muscoli

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Chiunque prenda parte a quello che stato definito un "complotto per incitare proteste e terrore dovrà pagarne il prezzo!". Il messaggio del premier etiopico, Meles Zenawi, è chiaro. Pur non riferendosi, nello specifico, ad alcun "complotto", Zenawi si rivolge al Medrek, principale coalizione di opposizione, in occasione della sua relazione semestrale di fronte al parlamento.

Parole durissime, quelle pronunciate dal premier etiopico, che non ha esitato a chiamare in causa antichi nemici, l'Eritrea, e nuovi, l'Egitto. Nonostante la repressione messa in atto durante le scorse elezioni, nel 2010, l'opposizione in Oromia fa ancora paura alla maggioranza di governo, che, ancora di più, teme un contagio delle rivolte popolari che hanno sconvolto il Nord Africa. Una campagna avviata su Facebook e sui più importanti social network, invita, infatti, da settimane, la popolazione a protestare in una grande manifestazione indetta il prossimo 28 maggio, ricorrenza del 20° anniversario della presa del potere del Fronte Rivoluzionario del Popolo Tigrino, oggi partito al potere.

Negasso Gidada, uno dei membri del partito Medrek, ex presidente dell'Etiopia, ha negato ogni coinvolgimento del proprio partito nelle manifestazioni previste il prossimo mese. Gidada ha accusato Zenawi di voler sopprimere il dissenso, intimidendo e demonizzando l'opposizione e i paesi vicini. In realtà l'uomo forte dell'Etiopia è andato ben oltre le minacce: ieri, un portavoce del governo ha fatto sapere che 121 persone, arrestate lo scorso mese di marzo, saranno processate per attività terroristiche. Un'accusa che permetterà, di fatto, la loro detenzione a tempo indeterminato. Human Rights Watch ritiene che, nel solo mese di marzo, siano state arrestate 200 persone, accusate di essere membri del Fronte di Liberazione del popolo Oromo.

I rapporti internazionali

Il discorso del premier al parlamento sembra mettere fine, se non altro con le parole, alla "pace armata" siglata con l'Eritrea nel 2000, ad Algeri, dopo una sanguinosa guerra di posizione durata 2 anni. "Noi dobbiamo aiutare il popolo eritreo a rovesciare il regime dittatoriale" ha detto Zenawi in un atto di provocazione senza precedenti contro il dittatore eritreo Isaias Afwerki. "Non abbiamo intenzione di invadere il paese - ha precisato Zenawi - ma dobbiamo estendere la nostra influenza e, se il governo eritreo pensa di attaccarci, risponderemo proporzionalmente". Il governo di Adis Abeba tenta nuovamente di portare oltre confine le tensioni interne, individuando dei nemici precisi. Quei nemici che si "opporrebbero allo sviluppo del paese".

Forte del sostegno statunitense nell'area, Zenawi non ha mancato di indicare l'Egitto tra coloro che sostengono i nemici interni. All'origine delle tensioni tra i due paesi: l'accordo per la spartizione delle acque del Nilo. Un accordo del 1929, ereditato dall'amministrazione britannica di Sudan ed Egitto, che assegnava gran parte delle acque del fiume proprio ai due paesi.

Una revisione del trattato, a cui non hanno, però, partecipato né Khartoum, né il Cairo, ha permesso al governo etiopico di annunciare la costruzione di una nuova mega diga sul Nilo Azzurro, un progetto del valore di oltre 3 miliardi di euro, assegnato all'azienda italiana Salini Costruttori. La "Millennium Dam", questo il nome della diga, dovrà entrare in funzione nel 2014 e sarà in grado di produrre 15.000 GWh all'anno: l'equivalente di sei centrali nucleari.

Il premier, dunque, mostra all'opposizione la posta in gioco. Sullo stesso piatto convergono lo sviluppo interno e il prestigio internazionale e Zenawi non ha nessuna intenzione di permettere che alcuno - paese, gruppo ribelle o movimento popolare - "disturbi" questo processo.

Da Nigrizia

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