Equosolidale: campo di battaglia per i rivenditori

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L'abbigliamento equosolidale è diventato il nuovo campo di battaglia ecologico per i principali rivenditori britannici, al punto che la domanda di cotone etico certificato è raddoppiata negli ultimi sei mesi. Il marchio, che paga di più i contadini, sta ora cercando di tenere il passo con le richieste che arrivano da aziende e rivenditori di marca come Marks & Spencer, Next, J Sainsbury e Debenhams.

Il numero di produttori di cotone che ha beneficiato del marchio Fairtrade è cresciuto nell'ultimo anno di un 30%, ma la domanda probabilmente arriverà a superare l'offerta. Solo Mark & Spencer richiederà oltre un terzo dell'attuale produzione per rispettare l'impegno di essere il maggior rivenditore inglese. Alla vigilia delle due settimane sul commercio equo, Tamara James, business development officer della Fairtrade Foundation, dichiara che "L'aumento d'interesse del mercato inglese significa che dovremo certificare più contadini".

La quantità di cotone Fairtrade venduto nel Regno Unito è esplosa l'anno scorso, superando di molto prodotti più convenzionali come le banane, il caffè e la cioccolata. Le vendite di cotone sono cresciute di quasi il 4mila per cento in volume ed oltre il 3mila per cento in valore. La prima linea di prodotti ha raggiunto i negozi inglesi nel novembre del 2005, sostenuto da sette licenziatari (che pagano alla fondazione royalties per l'utilizzo del logo) diventati ora una trentina.

La prima gamma di abbigliamento Fairtrade di Sainsbury arriverà nei punti vendita oggi. Il supermercato controlla buona parte del mercato Fairtrade, circa il 31.7%, nonostante abbia una parte più piccola nelle vendite del fresco. Tesco controlla il 20.9% ed Asda il 10.1%. Tutti i rivenditori inglesi stanno cercando di migliorare le loro credenziali "verdi" per rispondere ad una clientela progressivamente più attenta all'impatto sociale ed ambientale delle loro scelte. Tesco e Mark & Spencer stanno spendendo milioni di sterline per il loro progetti ecologici.

Secondo Judith Batchelor, direttrice del marchio Sainsbury, "lo spazio dedicato all'etico è molto affollato. Quando si arriva al Fairtrade, il solo fattore limitante è la nostra abilità di rifornirlo piuttosto che la domanda (dei consumatori). Stiamo sfondando una porta aperta". Le vendite Fairtrade al supermercato, il terzo più grande del paese, sono cresciute del 145% per anno fino a 130 milioni di sterline, per buona parte in seguito alla scelta di sostituire tutte le banane presenti con quelle equosolidali.

Sainsbury's, il primo grande rivenditore che ha lanciato prodotti alimentari equosolidali nel 1994, si attende che il marchio superi le 200 milioni di sterline nel 2008 su 17 miliardi di vendite annue totali. Per questo ha incaricato un "ambasciatore" Fairtrade di svolgere a tempo pieno il ruolo di ricercatore di nuove opportunità in Kenya.

In Mali, dove Sainsbury's ricava molto del cotone equosolidale, i contadini ricevono 41 centesimi per chilogrammo, 5 centesimi dei quali sono destinati ad investimenti per la comunità, come le scuole. Che confrontato con il prezzo sul mercato mondiale di 24 centesimi, caduto del 24% dal 2005 al 2006 in seguito alla concorrenza con le fibre sintetiche e con i sussidi occidentali. Globalmente circa 100 milioni di famiglie dipendono dalla coltivazione del cotone ed i due terzi dei campi coltivati si trovano nei Paesi in via di Sviluppo. Che sono circa il 40% di tutte le esportazioni dall'Africa Occidentale.

Waitrose ha anche annunciato un programma per raddoppiare le vendite equosolidali entro l'anno prossimo ed ha già convertito tutte le sue banane. Steven Esom, direttore esecutivo di Waitrose, ha dichiarato che il consumo etico sta diventando "la principale attenzione sulla lista della spesa dei clienti". Le vendite totali in Inghilterra di prodotti Fairtrade stanno correndo a 300 milioni di sterline all'anno, con una crescita di oltre il 50% nell'anno passato. Mintel, un centro di ricerca, ha previsto che il mercato equosolidale raggiungerà i 547 milioni di sterline entro il 2011.

Gli scettici osservano che buona parte dei profitti del Fairtrade vanno ai rivenditori e non ai contadini. Criticano inoltre che il movimento sta incoraggiando i contadini a produrre più alcuni coloniali di altri piuttosto che diversificare, deprimendo così i prezzi dei prodotti.

Alcuni dati dell'eco-business nel Regno Unito:
- Caffè: vendite più 36% in volume e più 39% in valore dal 2005 al 2006
- The: aumentato del 58% in volume e del 50% in valore
- Banane: aumentate del 55% in volume e del 38% in valore
- Cioccolata: aumentata del 22% in volume e del 25% in valore
- Vino: aumentato del 77% in volume e del 68% in valore
- Fiori: aumentati del 161% in volume e del 136% in valore
- Cotone: aumentato del 3692% in volume e del 3102% in valore.

di Susie Mesure - The Indipendent (Gran Bretagna)

Traduzione italiana di Fairwatch

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