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Economia a mano armata. Gli intrecci tra industria finanza e spesa militare in Italia
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A cura di Sbilanciamoci Lunaria e la campagna Sbilanciamoci - per la società l'ambiente e la pace - presentano il mini-dossier "Economia a mano armata - gli intrecci tra industria e spese militare in Italia". Coordinato da Alessandro Messina di Sbilanciamoci al seminario ha preso parte Giulio Marcon (ICS - Consorzio di Solidarietà Italiano) che denuncia un recente aumento delle spese militari".
"All'inizio degli anni '90 il commercio delle armi è rimasto stabile, ma oggi si rileva un sensibile aumento. Ben un terzo degli aiuti dati ai paesi in via di sviluppo sono usati per acquistare armi grazie a una dinamica infermale, un circolo vizioso". Giulio Marcon continua ricordando che le spese statunitensi corrispondono a oltre il 40% della spesa mondiale militare. Le armi diventano quindi il braccio armato della globalizzazione neoliberista. Anche l'ONU in numerosi documenti ufficiali ha ribadito il disarmo come priorità della agende poltiche. Ecco che la società civile e i movimenti pacifisti devono adoperarsi per creare strumenti internazionali che mettano al bando le guerre e riformino. Il contributo di Cristina Zadra, ricercatrice delle campagne Sbilanciamoci e di Venti di Pace fa notare come le spese militari globali sono scese dal 1991 fino al 1996 per poi ricrescere fino al 2002, aumentando complessivamente del 30% tra il 1989 e il 1999. Agli Stati Uniti è attribuibile un amento del 2,3% (+ 6 mld di $), + 44% in Russia, +37% in Africa e +23% in Asia. Secondo i dati del Sipri, Istituto di ricerca svedese, nel 2001 si avevano 422.000 grandi sistemi d'arma, quali cacciabombardieri e portaeri, con 21.700.000 militari e 8.000000 di lavoratori impiegati nell'industria bellica. Per il 2003 le spese militari degli stati canaglia quali Cuba, Iraq, Libia, Corea del Nord, Sudan più Russia e Cina raggingeranno i 117 miliardi di dollari. Il bilancio di previsione per la difesa USA per il 2003 è di 396 miliardi di dollari: 6 volte quello di Russia e 26 volte la somma di quanto stanziato dagli stati canaglia. Per quanto riguarda l'Italia ci viene attribuito dalla NATO una spesa di 10.000 miliardi, più di quelli che ci dice i governi nel 2000. La ricercatrice Zadra continua delineando la poca chiarezza nei rapporti tra UE e NATO.
"La mancanza di scelte politiche permette l'affermazione della volontà delle multinazionali delle armi" continua la ricercatrice "la NATO nel 1999 ha approvato la nuova dottrina strategica dell'alleanza - con un valore giuridico poco chiaro - con interventi fuori area e le missioni internazionali per la gestione della crisi. Anche l'Europa ha preso l'iniziativa con una forza di reazione rapida di 60.000 uomini di essere mobilitata nel giro di due mesi. L'Italia propone di stabilire di emendare il patto di stabilità per poter aumentare i soldi a disposizione della difesa, con il Ministro della difesa Martino propone lo 0,5% di sfondamento. Secondo i dati del Ministero della Difesa i costi di peacekeeping (missioni internazionali) sono costati negli ultimi due anni 3.000 miliardi all'anno. Dal 2000 al 2002 ogni anno ci sono 2000 miliardi di aumento. Zadra nel suo intervento sottolinea la trasformazione del corpo dei carabinieri in quarta forza armate con i suioi 110.000 uomini che si aggiungono nell'esercito. L'intervento di Massimo Policelli della campagna Obiettori Nonviolenti affronta il modello di difesa italiano che vede nuove spese relative al progetto che finirà nel 2014 di caccia europeo Eurofighter, che prevede 121 aeri con un costo cadauno di 150 miliardi. E quindi l'Italia, oltre a registrare difficoltà nel gestire l'esistente, sta cercando di mettersi al sicuro prendendo in leasing aeri dall'Inghilterra.
Secondo Policelli la portaeri non costerà meno di 4000 - 5000 miliardi, nonostante in parlamento sia stata presentata con un costo di 2200. La corte dei conti denuncia la gestione degli appalti del Ministero della Difesa con poca trasparenza. Ecco che si sta spostando la scelta da un esercito di leva a un esercito di professionisti. "Tutto sommato i militari di leva garantisca maggiore flessibilità, rappresentato dal fatto che venendo dagli strati più bassi della popolazione e in caso di incidenti non avrà una ricaduta pesante sull'opinione pubblica" sono le parole del 1997 espresse in commisione difesa dal generale Carlo Jean, ex-direttore del Centro Alti Studi Difesa. Ecco quindi che l'obbligo della leva è stato congelato e non cancellato recuperabile in una situazione di guerra. Il numero dell'esercito professionale è stato definito in 190.000 unità, da considerarsi elevato considerato che nelle missioni internazionali ad oggi abbiamo 10.000 uomini. Entro il 2006 spariranno i giovani di leva e entro il 2005 si avranno 190.000 unità. Il direttore della campagna Obiettori Nonviolenti ha riportato la nota della Commisione bilancio che denuncia la non differenziazione della spesa del personale da quella delle strutture. In questi numeri non si calcolano gli 80.000 obiettori di coscienza e dovranno essere rimpiazzati dalla fine della leva. Sul libro Bianco del Ministero della Difesa si descrivono le richieste che vogliono "militarizzare la società" offrendo occasioni di lavoro nella carriera militare obbligando la leva anche per la carriera nella polizia municipale. A questo si aggiungono gli aumenti degli stipendi e il livello di incentivi e agevolazioni fiscali per gli arruolati e i dirigenti della difesa. Secondo Sergio Andreis, parlamentare al tempo dell'istituzione della legge 185 del 1990 sul commercio delle armi, la legge ideale sul commercisarebbe un articolo unico che decreta il divieto il transito e la produzione delle armi. L'ex parlametnare ricorda come la legge che nasce anche dagli scandali BNL e le forniture di armi italiane all'Iran. La legge pone dei vincoli rigidi agli istituti di credito per il finanziamento dei mercati di morti. La legge è sotto attacco. "Chi vuole diminuire le spese militari deve metterersi in un ottica europea".
La discussione della modifica alla 185/90 sul commercio delle armi slitterà probabilmente dopo il 27 maggio. Sergio Andreis continua affermando che "il governo di Silvio Berlusconi, con la scusa della rattifica del trattato di 6 paesi europei concordato a Farnenburg nel 2000, vuole introdurre il segreto di stato demandando alla Presidenza per fissare i termini di vendita delle armi, permettendo le intermediazioni e quindi alle tangenti. Speriamo che si limiti la rattifica solo al trattato di Farnenburg". Sergio Andreis, parlamentare al tempo dell'istituzione della legge 185 del 1990 sul commercio delle armi, continua affermando che "il governo di Silvio Berlusconi, con la scusa della rattifica del trattato di 6 paesi europei concordato a Farnborugh nel 2000, vuole introdurre il segreto di stato demandando alla Presidenza del Consiglio per fissare i termini di vendita delle armi, permettendo quindi le intermediazioni e le tangenti. Speriamo che il Parlamento limiti la ratifica solo al trattato di Farnborugh ".
Fonte: World Social Agenda